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A scuola senza suv

Si torna in classe e subito le città subiscono l'assedio delle auto che accompagnano a scuola figlie e figli. Angelo Velatta analizza alcuni possibili interventi per una diversa idea di scuola e di città.

#SCUOLA #SOCIETA’ #AMBIENTE #CITTA’
Di Angelo Velatta

(In foto: cartello stradale del Pedibus)


Si torna in classe e subito le città subiscono l’assedio delle auto che accompagnano a scuola figlie e figli. I percorsi casa-scuola e casa-lavoro sono la componente fondamentale della domanda di mobilità urbana delle persone: un recentissimo Rapporto Istat sulla mobilità in Umbria evidenzia che poco meno del 60% degli studenti utilizza o va a scuola in auto, mentre a piedi o in bicicletta vanno poco più del 16% e il resto utilizza mezzi pubblici e scuolabus. Il Rapporto aggiunge che il 66,5% degli studenti impiega meno di un quarto d’ora, mentre solo il 10,8% impiega più di mezz’ora. L’irrazionalità di questo modello è evidente: gli spostamenti in automobile per portare i figli a scuola in gran parte coprono brevi distanze e non proseguono verso il luogo di lavoro.

In attesa del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (snodo fondamentale dell’Agenda Urbana di Foligno) alcune questioni irrisolte vanno già oggi affrontate: dal basso e con metodo partecipativo, a cominciare dai percorsi casa-scuola. Il tragitto per andare a scuola contribuisce allo sviluppo intellettuale e sociale dei bambini e favorisce l’attività motoria (in Italia, secondo uno studio dell’OMS del 2019, quasi un bambino su due soffre di eccesso di peso e uno su cinque è obeso). Intervenire sui percorsi casa-scuola significa offrire una risposta a esigenze importanti e concrete, garantendo a bambini e ragazzi – che oggi vedono il mondo incorniciato dai finetrini dell’auto – un diritto tra i più negati: il diritto alla mobilità (e all’autonomia). Organizzare nelle scuole  il Pedibus o il Bike to School oramai diffusissimo in molte città italiane, affidandone il coordinamento al Mobility Manager Scolastico istituito dalla legge 2015/221, con il sostegno di genitori (e nonni: solidarietà tra generazioni) che a turno accompagnano, e volontari (veri) per la gestione delle “fermate” lungo il percorso prestabilito, sarebbe sicuramente già un buon inizio, e un esempio di uso condiviso delle strade.

Ma forte sarebbe il rischio dell’episodicità se queste iniziative (che non sarà facile mettere in piedi: la Media Carducci ci stava riuscendo, poi purtroppo le priorità sono diventate, come è noto, altre), non fossero la fase intermedia di un progetto più ampio: a Foligno il Pedibus A scuola ci vado da solo si è fatto, ma se ne sono perse le tracce e solo qualche simpatico segnale ancora ce lo ricorda. Si tratta allora di creare in città un clima favorevole a processi di progettazione partecipata; pianificare interventi sistematici nelle aree circostanti le scuole per migliorarne la sicurezza stradale ed ambientale con le tecniche della moderazione del traffico e della Città 30, muovendo dalla analisi degli spostamenti e delle criticità e coinvolgendo nella progettazione insegnanti, genitori, alunni, associazioni. L’esito dovrà essere una serie coordinata di misure concrete per realizzare forme di mobilità sostenibile (Bike to School, Pedibus, Tpl) e opere pubbliche a basso costo utili a migliorare la sicurezza stradale (nella prospettiva della Vision Zero), e per rendere effettive (e attrattive) le possibilità di scelta di spostamenti urbani sostenibili di genitori, insegnanti ed alunni. Una diversa idea di scuola e di città, quindi: con più persone per strade e piazze, e senza suv fin alle scale delle scuole.

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