
#POLITICA #UMBRIA #ELEZIONIREGIONALI #PATTOCIVICO
Di Fausto Gentili
(In foto: Palazzo Donini, sede della Presidenza della Giunta regionale. Credits: Città di Perugia)
La cadenza mensile di questo giornale mal si presta ad un commento tempestivo delle vicende che caratterizzano la formazione di liste e coalizioni per le regionali del 27, e certo il lettore curioso, se ancora ce n’è qualcuno, ne saprà – al momento di sfogliare il giornale – più di noi al momento di andare in stampa. Alcune considerazioni, però, ci sentiamo di proporgliele.
La prima è politica: la decisione di Pd, M5S, sinistra e liste civiche di convergere sulla candidatura di Vincenzo Bianconi è un fatto positivo, ed offre agli elettori la possibilità di infliggere un secondo colpo alla resistibile ascesa di quella che in qualsiasi Paese europeo sarebbe etichettata come la destra radicale. (Non dimentichiamo che l’allora Ministro degli Interni aprì la crisi di governo ingiungendo a deputati e senatori di “alzare il culo” per andare in Parlamento a votare il proprio autoscioglimento e imporre al Presidente della Repubblica nuove elezioni anticipate, con l’obiettivo dichiarato di conferire a lui “pieni poteri”). Se la nascita del governo Conte2 è frutto di un soprassalto di responsabilità democratica, la scelta unitaria compiuta in Umbria dà ai cittadini la possibilità di offrirle una legittimazione elettorale, non necessaria sul piano istituzionale ma utile a rafforzare e precisare un disegno dai tratti ancora confusi e dall’esito incerto.
La seconda riguarda il sistema politico umbro. Il percorso a tratti grottesco che ha portato alla scelta di Bianconi conferma, se ce n’era bisogno, che il sistema che conoscevamo, incardinato su un partito-architrave, dominus e garante di una coalizione più vasta, non c’è più: è stato travolto dalla progressiva deresponsabilizzazione di quel partito e dei suoi gruppi dirigenti, dall’emergere prepotente di percorsi politici e personali di corto respiro e infine dall’esplodere da fenomeni di malcostume che richiedono un taglio netto ed una radicale bonifica.
Più ancora, e questa è la terza considerazione, quel sistema è venuto meno perché non ha saputo rispondere alla vera domanda che dovrà essere al centro della campagna elettorale: è possibile, ed a quali condizioni, interrompere e ribaltare il declino che ha caratterizzato l’Umbria negli ultimi dieci-quindici anni, e che consente oggi di rappresentarla come la prima regione del centro-sud, più che come l’ultima del centro nord? Non è una domanda retorica, riguarda l’economia ma investe la coesione sociale e la stessa qualità della democrazia, ed infatti l’insieme delle classi dirigenti (non solo politiche) dell’Umbria ha evitato accuratamente di porsela. Coinvolge la politica ma anche il sistema delle imprese, i sindacati, il credito, le professioni, l’Ateneo perugino, gli uffici periferici dello Stato, e reclama l’emergere di una nuova classe dirigente a tutto tondo, capace di tenere insieme visione (uno sguardo lungo sul mondo globalizzato e su un futuro – il cambiamento climatico – che è già qui) e concretezza dell’agire quotidiano, oltre che un lungo elenco di cattive abitudini da abbandonare. Che un imprenditore di successo abbia accettato di assumere su di sé questo impegno, e forze politiche tradizionalmente ostili abbiano deciso di mettersi a disposizione può essere un buon inizio: purché sia chiaro che il nodo è questo. Hic Rhodus, hic salta !