
#CULTURA #TEATRO
Di Stefano Romagnoli
(In foto: Caroline Baglioni in scena)
Caroline Baglioni, attrice e autrice, nasce a Perugia nel 1989. Lavora con Michelangelo Bellani e collabora dal 2015 con la Compagnia dei giovani del Teatro Stabile dell’Umbria. Dal 2016 risiede a Foligno. Nel luglio scorso ha vinto il prestigioso premio della Biennale Teatro di Venezia per autori Under 40. Cominciamo con lei il viaggio tra le esperienze teatrali della nostra città.
Il teatro: come hai scelto di intraprendere questo percorso?
«L’inizio di tutto è stata mia madre, che in terza elementare ha deciso di catapultarmi al corso di teatro appena nato alla Theamus di Ponte San Giovanni, diretta dal Maestro L. Maggi. Ero una bambina molto timida ma ben presto andare al corso di teatro divenne la mia attività preferita. In quinta elementare interpretai il primo ruolo drammatico: il Conte Ugolino. Ecco, lì, non so come, mi si aprì un mondo: recitare era un modo di smascherare le mie insicurezze, guardarle in faccia e farle diventare qualcosa. Decisi che dovevo diventare un’attrice».
Chi sono stati i tuoi maestri e quale prima esperienza ti ha segnata?
«A diciotto anni feci il provino per il Centro Teatrale Umbro di Perugia diretto da Roberto Ruggieri e fui ammessa alla scuola: tre anni di lavoro dove incontrai, tra gli altri, Mario Ferrero, Ascanio Celestini, Danilo Nigrelli, Nicolaj Karpov, Sergio Ragni… La formazione mi mostrò un teatro che non conoscevo: disciplina, lavoro fisico, di gruppo, momenti di frustazione e crisi. Nel 2008 incontrammo Antonio Latella e il lavoro con lui fu talmente intenso che il Teatro Stabile dell’Umbria decise di produrlo: si trattava di Purificati di Sarah Kane. Con Latella ho capito cosa significasse leggere in profondità un testo, andare oltre le parole scritte, immergersi nelle lingua e nella vita di un autore; in questo senso posso considerarlo il mio primo vero Maestro».
Il primo riconoscimento a livello Nazionale?
«Nel 2012 fui contattata per un lavoro da La Societa’ dello Spettacolo, gruppo di ricerca teatrale di Foligno. Con loro sono ripartita, avevano un approccio molto fisico al lavoro che mi interessava. Uno dei lavori piu’ significativi, nato con loro, e’ stato Gianni il monologo con il quale ci siamo aggiudicati il Premio Scenario per Ustica nel 2015, il Premio In-Box nel 2016 e il Premio Museo Cervi nel 2017. Gianni ha segnato uno spartiacque nella mia vita, da un po’ di tempo avevo anche cominciato a scrivere per il teatro, incoraggiata da una felice esperienza di drammaturgia al Teatro Valle Occupato sempre con Latella».
Sempre Verde chiude un ciclo dedicato alla trilogia dei legami; ci illustri il progetto?
«A seguito di Gianni abbiamo continuato con Michelangelo Bellani ad indagare il tema dei legami di sangue e il nostro sodalizio artistico si e’ solidificato scrivendo a quattro mani Mio padre non è ancora nato, che ha debuttato nel 2018 al Festival dei 2Mondi di Spoleto e il recente Sempre Verde, presentato all’Asti Teatro Frestival, sempre per la regia di Bellani: in scena con me c’è il bravissimo Cristian La Rosa (Premio UBU come Miglior attore Under 35 nel 2017) e insieme a noi hanno collaborato i preziosi Lucia Guarino, Gianni Staropoli (vincitore di diversi Premi UBU) e Valerio Loreto, che cura movimento, luce e suono. La Trilogia dei legami, cosi’ l’abbiamo chiamata: tre lavori incentrati sui legami di sangue, ma anche sul rapporto fra individuo e contesto sociale e sull’impasse generazionale nel quale sembrano incagliate le nuove generazioni. Sembra cosi’ difficile fare i conti con il passato e le sue logore categorie, e nello stesso tempo è dura immaginare un avvenire positivo. Con la trilogia abbiamo cercato di dar voce a delle piccole storie e aprire un accesso al profondo».
Ultimamente sei stata premiata come miglior autrice Under 40 alla Biennale Teatro di Venezia. Ci racconti questa esperienza?
«È stata una selezione durissima, iniziata un anno e mezzo fa. Eravamo 181 autori e siamo arrivati alla finale di luglio in tre. Il Direttore della Biennale Teatro, Antonio Latella, ha dato un titolo unico per tutti (Il Lampadario) e abbiamo dovuto scrivere un testo inedito. La storia che ho scritto è ispirata al crollo del ponte di Genova: parla di sopravvivenza, di follia, della necessità di cambiare punto di vista per poter affrontare la vita, sullo sfondo di una vicenda familiare tragica. Il lampadario verrà prodotto e messo in scena dalla Biennale Teatro nel 2020 e poi… chissà, la strada è ancora lunga e certe strade poi non hanno mai un punto d’arrivo. Per fortuna».