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È arrivato Godot. L’Umbria nel teatrino della politica

Il racconto e l'analisi della vittoria della #destra in #Umbria a cura di Marco Damiani!

#CITTÀ #POLITICA
Di Marco Damiani

(In foto il grafico di Youtrend dei risultati alle ultime elezioni in Umbria a confronto)


Era come se tutti fossero in attesa del suo arrivo, senza tuttavia crederci veramente. Negli anni scorsi, la lunga attesa si è trasformata in una sorta di rituale collettivo, riproposto in silenzio (forse) per esorcizzare e nascondere la realtà più autentica delle cose. L’arrivo di Godot in Umbria era stato ampiamente previsto e annunciato, ma al momento della sua comparsa l’incredulità continuava a mostrarsi nei volti di una parte degli spettatori.

Se la politica può essere considerata, a suo modo, il teatrino del possibile, c’è da attendersi che gli eventi possono realmente sempre accadere. Fuor di metafora, il 27 ottobre 2019 i cittadini hanno tracciato una linea indelebile nella storia politica regionale. Se per un verso gli elettori hanno bocciato la classe politica del governo locale decidendo di premiare quella di opposizione, d’altro canto i risultati ottenuti dal centrodestra assumono proporzioni storiche capaci di valicare i confini umbri.

I dati parlano chiaro. Tra i vincitori, la Lega sfiora il 37% dei consensi e ottiene otto consiglieri, Fratelli d’Italia si attesta al 10,4%, con due consiglieri. La lista della candidata presidente, Donatella Tesei, dimostra di portare un valore aggiunto in termini di voti, con un consigliere eletto. Nel centrodestra, solo Forza Italia è in difficoltà, riuscendo a eleggere un solo consigliere. Nello schieramento opposto non si salva nessuno. Il Partito democratico si ferma a circa 93mila voti, con il 22,3% delle preferenze e cinque consiglieri. Il Movimento 5 stelle registra una brusca frenata, con il 7,1% e un solo consigliere, al pari della lista personale costruita a sostegno di Vincenzo Bianconi. Tutti gli altri alleati di sinistra e centrosinistra non eleggono rappresentanti.

Tra le altre cose, il risultato evidenzia come il “patto civico”, sperimentato per la prima volta in Umbria e costitutivo attorno al PD e al M5s (come da schema nazionale), risulta sconfitto senza appello. A questo proposito, però, al di là degli interpreti e della confusione prodotta dal progetto e dall’offerta politica contingente esistono ragioni pregresse che hanno condotto al cambiamento epocale.

La prima. La crisi economica dei primi anni Duemila ha determinato grandi difficoltà all’interno della regione, con esiti ed effetti socio-economici non trascurabili. Dal 2008 ad oggi, l’Umbria ha perso circa 17 punti di PIL. Tutto ciò ha comportato un aumento consistente della “povertà relativa”, che tra il 2017 e il 2018 passa dal 12,6% al 14,3% impattando sulla vita reale di circa 155mila cittadini.

La seconda. È venuta meno la percezione diffusa del “buon governo” locale che ha caratterizzato l’Amministrazione regionale nei decenni trascorsi. Al riguardo, al di là di alcuni indicatori di esito tuttora confortanti, a fronte della scarsità delle risorse finanziarie, le difficoltà registrate nell’organizzazione dei servizi di welfare, insieme agli effetti determinati dagli scandali giudiziari di “sanitopoli”, hanno determinato effetti politici rilevanti.

La terza. Con la crisi delle ideologie tradizionali, anche in Umbria, al voto “di classe”, espresso in base a un principio di adesione politica a una comunità di valori condivisi, si sostituisce l’espressione di un voto “liquido” sempre meno strutturato e instabile. È così che i partiti di sinistra e i loro alleati cominciano a registrare (ormai da molti anni) una perdita rilevante di consensi elettorali.

A fronte di queste trasformazioni, per tornare ad essere maggioranza nella società, i partiti della sinistra umbra, e non solo, sono chiamati a ricostruire un progetto politico alternativo a quelli mainstream, capace di fornire risposta ai problemi della “gente” (senza poter più contare sulla formazione di “blocchi storici” precostituiti), sovraordinando le ragioni politico-culturali a quelle elettorali. Tutti i tentativi che hanno cercato di invertire l’ordine dei fattori sono risultati sconfitti.

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