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Parola d’ordine: qualità. Intervista a Marco Scolastra

#CULTURA #MUSICA #SPETTACOLO
Intervista a cura di Lorenzo Monarca

(In foto: Marco Scolastra)


Pianista di fama mondiale, Marco è il direttore artistico dell’associazione Amici della Musica di Foligno. Lo abbiamo intervistato per sentire cosa ha da dirci sulla stagione in dirittura di arrivo e sulla futura.

Ciò che ti rende unico nel tuo genere è aver sviluppato una carriera di caratura mondiale pur dedicandoti alla tua città. Quando vai all’estero a fare una tournée ti senti di rappresentare la città di Foligno?

«No. Mi sento di portare in giro la mia italianità, che è quello per cui siamo apprezzati. Sono nato qua, con la carne e lo spirito italiani, e questo si sente nel mio modo di suonare. Ogni popolo ha il suo spirito: io sono un fautore della geografia della musica. Ad esempio quando ho suonato per la prima tvolta Gershwin l’ho studiato con un pianista nero, perché non lo sapevo interpretare, non c’era lo spirito giusto dietro le note. Nascere in un determinato luogo ti porta ad avere la fisicità e lo spirito giusto per interpretare al meglio quei compositori. Io però non mi riferirei a Foligno come ad una realtà piccola e stretta: io penso che la nostra stagione non sia inferiore a quelle di alcuni capoluoghi di provincia. Come in tutto, nella vita conta come fai le cose».

Ti sei mai sentito limitato da questa città?

«Mai. Sento spesso parlare di questa mediocrità folignate ma forse chi lo dice è mediocre. Il problema è che bisogna lavorare seriamente. Divertendosi magari, ma con qualità. Non condivido affatto questo sparare a zero. Ho suonato in grandi città che qualitativamente sono peggiori. L’importante è non accettare tutto: ci vuole coraggio a dire no quando le cose non piacciono».

Rientrando all’estero dopo un concerto, ti sembra di tornare all’inferno dal paradiso?

«Esagerato! Non mitizzo l’estero, mi piace ma non ci vivrei. Nei paesi dove suono, specialmente Giappone, Belgio, Francia e Germania, c’è un clima che non mi piace. Motivo per cui torno sempre volentieri. Però all’estero c’è una migliore valorizzazione culturale e una maggiore professionalità. Quello che faccio qui è cercare di applicare ciò che imparo fuori. All’estero c’è un’organizzazione burocraticamente perfetta, ma poi spesso umanamente fredda. È bello andare ma è bello anche tornare».

Hai fatto un enorme lavoro per aprire Foligno al mondo. Posso ricordare artisti eccezionali come Maisky, Bahrami, Ashkenazy, Zukerman, Glennie, ma ce ne sarebbero tantissimi altri. La risposta che c’è stata è quella che ti aspettavi dalla città?

«Sì, normalmente la risposta è quella giusta. Il nostro auditorium ha 500 posti, la Sala dei Notari a Perugia ne ha circa 200, la sproporzione è evidente. Una volta ebbi appunto questa folle idea di fare un recital per sole percussioni di Evelyn Glennie: l’auditorium era strapieno. Siamo molto contenti del nostro pubblico. L’importante è sempre la qualità. Dal concerto del neo diplomato alla star internazionale io ascolto tutti prima di inserirli nella stagione. Sento che il mio lavoro è molto riconosciuto ed apprezzato dalla città. Vedere la gente che si emoziona per un concerto di musica barocca mi rende veramente felice».

La stagione di quest’anno è ormai finita. Si può fare un bilancio?

«È andata molto bene. L’inaugurazione con Sollima è stata una bomba. I due concerti che abbiamo inserito nel contesto di Segni Barocchi sono stati un successo. Le masterclass sono andate molto bene. Persino nel concerto del tenore Mark Milhofer dal programma ricercato abbiamo riempito il teatro di Trevi. Mancano ancora due concerti. Il primo il 24 novembre con Giovanni Guidi in recital: abbiamo la fortuna di avere nella nostra città questo pianista di grande talento e di grande sensibilità. E poi la stagione si conclude con il vincitore del concorso Casagrande, che suonerà con l’Orchestra Sinfonica Abruzzese il quarto concerto di Beethoven, che debutterà per la prima volta in Italia: Aristo Sham. Per l’anno prossimo invece abbiamo Emanuel Ivanov, il pianista che a quel concorso arrivò secondo, ma che ha vinto il concorso Busoni edizione 2019».
Quali sono le linee che ti guidano quando progetti una nuova stagione?
«Le parole d’ordine sono varietà, qualità e occasioni. Per esempio il prossimo anno gira un progetto di alta qualità interamente sponsorizzato dal governo polacco e non ci ho pensato due volte ad inserirlo. “Il costo zero” dell’occasione però non deve scavalcare la qualità. La varietà deve essere di interpreti, di repertori, di stili e di luoghi. Non sono da sottovalutare anche i diktat del ministero, che impongono delle linee. L’anno prossimo dobbiamo organizzare ben 30 concerti, che sono tantissimi, tra i quali due anniversari. Il primo ricorda Mozart che il 14 luglio 1770 arriva a Foligno passando per Roma, Loreto e Bologna. Eseguiremo il famoso Miserere di Allegri che ricopiò ad orecchio alla cappella Sistina, le Litanie Lauretane che compose a Loreto e il famoso “compito” che fece a Bologna (a 14 anni) che Padre Martini corresse: noi faremo sentire le due versioni, originale e corretta. L’altro anniversario è dedicato a Beethoven».

Avete in mente qualcosa di inusuale per la nuova stagione?

«In effetti sì, c’è in programma un concerto di improvvisazione jazz su testi recitati, ma è una sorpresa e non posso anticipare altro su questo. Quello che ci preme è non dimenticare mai il pubblico e ciò di cui ha bisogno. Bisogna variare sempre. E ogni tanto anche osare: cercare qualcosa che non è di comune ascolto».

Parliamo di futuro.

«La musica classica come la intendevamo fino a venti anni fa è sempre più residuale. La sua forza che c’è e deve continuare va innervata con altri input. La musica va rinnovata senza snaturarla. Penso che è sempre più vincente l’affiancamento fra le varie arti. È una enorme responsabilità dare al pubblico ciò che vuole e allo stesso tempo coltivarlo, a partire dai bambini. Colgo l’occasione per ricordare a tutti il nostro matinée per le scuole il 20 novembre, con l’Orchestra Filarmonica Marchigiana. Vi aspetto infine alla presentazione della stagione 2020 il 18 gennaio al nostro Auditorium».

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