
#CHIVAECHIVIENE
Intervista a cura di Alessandro Sorrentino
(Moukoum Ndedi Rodrigue in azione con la maglia della Subasio. Foto di: Riccardo Manuali)
Negli occhi di Moukoum Ndedi Rodrigue si legge il coraggio di chi, ad appena diciotto anni, è costretto a lasciare il proprio paese perché non ha scelta. Moukoum viene dal Camerun, un paese afflitto da uno scontro politico, etnico e religioso molto forte. È arrivato in Italia per ottenere la protezione internazionale e gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico. Le strade, poi, lo hanno portato a Foligno dove, grazie al calcio, ha trovato la serenità e nuove possibilità, in altre parole un futuro. Oggi Moukoum ha ventun anni e gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia.
Quando sei arrivato in Italia?
«Nell’ottobre del 2016. Sono sbarcato in Sicilia, poi sono arrivato a Colfiorito e dopo sono stato spostato a Foligno»
Com’era la tua vita in Camerun?
«Vivevo con la mia famiglia e i miei tre fratelli. Sono un calciatore professionista. Ho vestito anche la maglia della nazionale del Camerun under 17»
Come mai hai deciso di partire?
«Sono dovuto partire per salvarmi la vita, ero minacciato da persone che non conoscevo e il mio paese, per il forte clima di tensione che c’è, non era in grado di garantirmi una protezione. Quando ho iniziato il mio viaggio, nel giugno 2016, non sapevo dove sarei arrivato, la cosa fondamentale per me era andarmene»
Ti va di ripercorrere le tappe del tuo viaggio?
«È stato un viaggio lungo e difficile. Dal Camerun, dopo dieci giorni di autobus, sono arrivato in Nigeria. Lì la situazione è di profonda instabilità, c’è Boko Haram, non potevo rimanere in quelle condizioni, così dopo alcune settimane sono ripartito e, sempre in autobus, sono arrivato in Algeria. Anche in quel paese, però, la situazione era complicata, c’era una discriminazione razziale molto forte, l’ambiente non era amichevole. Dall’Algeria sono arrivato in Libia dove la permanenza è stata terribile. Lì la guerra, gli spari e gli scontri sono all’ordine del giorno. Sono stato catturato dai ribelli, che mi hanno messo in prigione e costretto ai lavori forzati, senza cibo. Una notte, all’improvviso, ci hanno svegliati e mi sono ritrovato davanti al mare. Pochi giorni dopo ho preso la barca»
E sei arrivato in Italia, cosa ha rappresentato per te questo paese e, in particolare, Foligno, visto che sei stato ospite dell’Arci della nostra città?
«Ringrazierò sempre l’Italia, perché mi ha regalato il paradiso. Quando sono arrivato non sapevo dove andare, non avevo niente da mangiare, né dove dormire e sono stato accolto. Grazie all’Italia oggi i miei documenti sono a posto e ho un futuro. A Foligno mi sono trovato molto bene, ho conosciuto tante persone bellissime, è una città che mi piace»
Hai avuto anche la possibilità di riprendere e proseguire la tua carriera da calciatore, giusto?
«Si, ho ricominciato a giocare con la Subasio e ora sono in prestito al Bastia, in serie D. A gennaio, una volta che la società avrà tutti i documenti necessari, andrò a giocare in Francia, col Digione, nella Ligue 1 (Serie A francese)»
Cosa porterai del periodo che hai vissuto in Italia e a Foligno in Francia?
«Ciò che porterò sempre nel cuore è il fatto che l’Italia è un paese che dà alle persone che arrivano l’opportunità di restare. A Foligno ho conosciuto persone simpatiche, disposte ad aiutarmi, sin dal primo giorno tutti mi hanno trattato come se fossi un loro fratello e non ho mia subito alcuna discriminazione razziale».