
(In foto: il chiostro della Chiesa di San Giacomo a Foligno)
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Di Susanna Minelli
Intervistiamo Mauro Masciotti, direttore della Caritas diocesana di Foligno, da anni in prima linea a fianco dei più deboli. Vogliamo calarci in una realtà che come testimoniato dallo stesso Masciotti incute paura: la paura di toccare con mano la sofferenza e la povertà. Masciotti descrive il mondo variegato e complesso delle povertà e allo stesso momento invita tutti i propri concittadini ad essere testimoni concreti di solidarietà. Abbattendo pregiudizi, reticenze e timori. Lanciando cuore e mani oltre l’ostacolo dell’emarginazione.
Come Caritas, ogni giorno siete a fianco della povertà e del disagio sociale. Ci sono dei numeri che possono descriverci l’entità del fenomeno della povertà a livello cittadino stando ai dati che registrate con il vostro osservatorio?
Gli utenti che usufruiscono dei nostri servizi sono circa 300. Più nello specifico, secondo le stime da noi raccolte, Caritas offre, tra pranzi e cene in mensa, 90 pasti al giorno. Attualmente ospitiamo 14 persone che pernottano nelle nostre strutture, occupando tutti i posti disponibili. Sono circa 45 al mese le famiglie che usufruiscono del servizio dell’Emporio della Solidarietà. Stessa cifra per quelli che si servono al Forno della Carità ogni mattina.
Di che tipi di povertà si parla?
Le povertà che riscontriamo sono innumerevoli. Quello che tengo a sottolineare è che non esiste solo la povertà di matrice economica. I nostri servizi sono frequentati per la maggior parte da persone che sì, hanno problemi economici, ma che prima di tutto come più grande forma di disagio e quindi di povertà, hanno lo stato di solitudine che vivono. Tra i nostri utenti ci sono anche molte persone affette da disagi psichiatrici che vivono sole questa esperienza. Altra tipologia di utenza molto diffusa che assistiamo è quella degli uomini divorziati che molte volte con un mutuo ancora da pagare, una nuova casa in affitto e il mantenimento da garantire alla famiglia non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese. Insieme a questi, però, anche alcune donne, la maggior parte della quali seguono percorsi protetti poiché molto spesso provengono da storie familiari di violenza. Ciò che c’è da sottolineare è che si tratta per la quasi totalità di italiani, per quanto riguarda gli ospiti delle mense e dei dormitori, al contrario di altri servizi di cui gli stranieri sono i maggiori beneficiari. Possiamo provare a spiegare questo fenomeno attraverso la poca diffusione del divorzio in determinate culture, per esempio, ma anche attraverso la tendenza a rimanere nel paese di origine se si soffre di determinate patologie psichiatriche. Su altri servizi è invece chiaramente più forte la presenza di immigrati: per esempio i servizi di doposcuola e di corsi di italiano per adulti. Attraverso queste iniziative cerchiamo di agganciare le famiglie che sono colpite da problematiche come quella della condizione di disparità di cui soffre la donna in determinati ambienti. Basti pensare che alcune donne arabe sono anni che vivono in Italia e non sanno parlare la nostra lingua poiché vivono una grande condizione di isolamento. O delle pratiche sanitarie tribali che ancora alcuni immigrati praticano, non sapendo in quali rischi incorrono. È molto difficile in questo ultimo caso intervenire, poiché si vanno a toccare tasti sensibili della loro tradizione e della loro identità culturale.
Sappiamo che dai servizi di Caritas sono seguiti anche diversi ragazzi provenienti dall’Africa centrale, molti dei quali vivono la condizione di rifugiati politici…
Abbiamo piccoli numeri. Attualmente seguiamo circa 40 ragazzi. Il bene di poter seguire poche persone, rispetto ai numeri che si palesano in altre realtà, è che riusciamo a seguire meglio questi ragazzi, i quali possono essere introdotti nel mondo del lavoro attraverso percorsi studiati, cercando sempre di farli integrare nella nostra società nella maniera migliore possibile ed evitando di creare ghetti. Molti di questi giovani sono attivi nel mondo della ristorazione, altri invece sono stati notati da alcune società di calcio per il loro talento sportivo e stanno percorrendo con successo questa via. Alcuni di questi si sono resi disponibili anche a far parte del nostro ultimo progetto: “Ceni…AMO insieme”. Un bello smacco al pregiudizio di chi pensa che questi giovani vengano in Italia solo per farsi mantenere dallo Stato.
Di cosa tratta questo progetto?
“Ceni…AMO insieme” è partito il 29 novembre ed è un progetto per venire incontro ai cittadini in difficoltà, molti dei quali vengono seguiti dai nostri servizi. La taverna dell’Arca di via San Giovanni dell’Acqua fungerà da vero e proprio ristorante aperto a tutti i cittadini che lo vorranno e che sentiranno l’esigenza di aiutare chi è in difficoltà. Un luogo pensato per annullare qualsiasi forma di diversità e promuovere l’uguaglianza a tutti i livelli, abbattendo il muro di solitudine. Un luogo in cui si potrà cenare e al contempo donare un pasto a chi è meno fortunato.
A proposito dei meno fortunati, Foligno è stato al centro della polemica dell’ordinanza sui Daspo urbani nei confronti di alcuni senzatetto. Cosa ne pensa?
Rispondo con i fatti. Tutti i servizi che abbiamo sono orientati ad aiutare in primis queste persone che vivono condizioni di povertà estrema. Per loro nel corso del tempo abbiamo ampliato i servizi. La direzione della bussola per noi è solo una: venire incontro a queste persone, offrire loro riparo ma anche una possibilità di riscatto. Nel corso del tempo abbiamo seguito molte situazioni del genere. Vista l’ampia testimonianza di dissenso che c’è stata in città in occasione del provvedimento di Daspo nei confronti dei senzatetto, quello che chiedo alle persone è di testimoniare questa indignazione anche attraverso il volontariato nelle nostri sedi, dando un aiuto concreto alle persone che vivono nella marginalità. Per sconfiggere la povertà bisogna tutti quanti scendere in prima linea. Purtroppo riscontro una certa paura di toccare con mano la povertà. E questo avviene anche nella comunità cattolica cittadina.
Come sono i rapporti con la nuova amministrazione?
Ci stiamo lavorando. La nostra strada è illuminata dalla luce del Vangelo, per noi la situazione è chiara su come operare.
È in aumento la povertà?
Certe povertà sono stagnanti. E purtroppo al momento sembra che non esistano risposte. Sempre più spesso alla nostra porta si presentano giovani e giovanissimi, neo laureati che cercano un aiuto per trovare un lavoro. I governi che si sono susseguiti hanno proposto diverse scappatoie per combattere la precarietà e la povertà. Basti pensare al reddito di cittadinanza, un provvedimento alla lunga inefficace che non da una spinta vitale a chi si ritrova in difficoltà. Andrebbe piuttosto pensato un progetto di accompagnamento al lavoro per chi si ritrova in difficoltà.