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Storielle senza importanza [7] – Roberto #3 – Un uomo, una donna

Settimo appuntamento con i racconti giornalieri di Marco Parlato!

#STORIELLESENZAIMPORTANZA
A cura di Marco Parlato

Dove ci porterà questa storia? Come se una storia abbia un arrivo, uno scopo ultimo che la renda completa. Finita? Non voglio nemmeno pensarci. Se la nostra storia finisse ora, non so cosa potrei fare. Domande inutili. Si sa che una storia è come un viaggio, l’importante non è la partenza o l’arrivo, ma il viaggio stesso.
In piedi davanti alle confezioni di yogurt Roberto considerava quanto fossero insulsi i pensierini che gli venivano.
Tra le persone che passavano in rassegna gli scaffali notò il padre di Giulia. Dunque era lui il membro della famiglia assegnato ai viveri. Non si sorprese. Il padre di Giulia era una persona dagli atteggiamenti marziali, che lo mettevano a disagio. E si potrebbe dire lo stesso della madre, seduta in cucina, le braccia sul tavolo e la testa in avanti, ad aspettare le risposte giuste, non meno di una professoressa esigente durante l’interrogazione.
Era stato pochissime volte, forse non più di due, da Giulia; e il padre e la madre erano entrambi in casa?
Riempiva il carrello almeno quanto l’assurda teoria che stava nascendo.
Ma come ti vengono queste idee?, verrebbero a chiunque se vedessero ciò che vedo io, e cosa vedi?, vedo il padre e la madre di Giulia, adesso?, no, adesso vedo solo il padre: ecco il punto. Il punto è che parli da solo ormai.
L’addetta al banco gastronomia chiacchierava a voce alta, come molti che indossavano le mascherine tendevano a fare, per il timore che gli altri non sentissero. O per il timore, peggiore, di non sentirsi?
Smettila con queste domande insulse, vedi il padre, e la madre?, non la vedo perché… Ora ricordo, a casa di Giulia, una sera che sembrava troppo luminosa.
La madre era seduta in cucina, le braccia sul tavolo e la testa in avanti, aspettava che rispondessi alle sue domande, non meno di una professoressa esigente. Poi si alzò e andò nella zona notte. Fu allora che comparve il padre, trafelato, che si riavviava i capelli con la mano.
Ho capito dove vuoi arrivare, ma nel frattempo ricordati il sapone per i piatti. C’erano detersivi gialli e verdi, un paio arancioni, tutti agli agrumi, al limone, alle arance di Sicilia; altri violacei alla lavanda oppure con essenze che facevano rivoltare lo stomaco di Roberto. Scelse il verde, come al solito, perché quando lavi i piatti speri che potrai riempirli sempre.
Basta con queste considerazioni insulse! Il padre era entrato in cucina, e la madre?, non lo so, perché me ne andai, ma giunto alla porta notai un segno sull’occhio del padre, un graffio di matita, una sbavatura di trucco, non sono pratico di queste cose, non so come dirlo. Tutto chiaro e la soluzione è semplice: chiama Giulia e chiedile della madre.
Pronto?, Giulia, sono io, oh, tutto bene?, sì, e tu, stai con tua madre? Che domande fai!
Roberto spingeva il carrello pesantissimo, non ce l’avrebbe mai fatta a portarsi dietro tutta la spesa da solo, non ce l’avrebbe mai fatta a parlare chiaro con Giulia. Tua madre è lì? Dimmelo, devo saperlo, è una questione di vita o di morte. Che espressione insulsa, da storiaccia scritta male.
Immaginazione, fantasia, ipotesi di dialoghi che non avvennero, perché Giulia cambiò tono: non ti capisco e ora non è il momento, scusa, però ti chiamo dopo, magari leggiamo ancora il libro.
Roberto rimase in fila alla cassa, frastornato, mentre il padre di Giulia, con le buste piene, si avviava verso l’uscita. La postura marziale, decisa, e il viso illuminato da un fascio di luce solare che ne trasfigurava i lineamenti, rendendoli simili al volto di una professoressa esigente.

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