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Storielle senza importanza [9] – Valeria #2 – L’uomo nel bosco

Nono appuntamento con i racconti giornalieri di Marco Parlato!

#STORIELLESENZAIMPORTANZA
A cura di Marco Parlato

Anche sulla strada il cellulare prendeva male. La telefonata con Giulia era stata faticosa, tra frasi ascoltate a metà a causa della linea, e frasi pronunciate a metà per l’imbarazzo che si crea quando ci sono problemi di comunicazione, non si sa mai chi debba parlare per primo, si teme di interrompere l’altro. Un disastro.
Eppure un modo per comunicare con chiarezza avrebbe dovuto trovarlo, almeno per dire ai suoi che stava bene, fossero stati pure segnali fatti col fumo che si muoveva verso l’alto come una timida mano che si allunga per afferrare l’oggetto dei propri desideri. Una mano che pian piano diventava un esile e longilineo dito, quasi trasparente, diretto verso il cielo, a circa cinquecento metri da lei.
Fischiò due volte, così che Franco lasciasse perdere le pipì a vuoto per tornare a gironzolarle tra le gambe. Gli mise il guinzaglio e si incamminò verso il fumo.
Lo vide da lontano, seduto su uno sgabello, tra la tenda e il piccolo falò, intento ad arrostire un bocconcino infilzato sul forcone. Alzò la mano. L’uomo fece lo stesso.
Se hai pazienza ce n’è pure per te e per il cucciolone, da piccolo guardavo i film americani e mi chiedevo cosa fossero questi bocconcini che apparivano in qualsiasi situazione con un campeggio, è incredibile come certe curiosità persistano per lustri, decenni.
Sulla cinquantina, gli occhi costantemente socchiusi, che osservavano il cibo sulla fiamma, invitò Valeria a prendere un secondo sgabello. Fu da seduta che studiò il volto familiare dell’uomo. Sulla guancia destra spiccava una voglia simile a uno stato americano, dai confini netti, tirati con righello e matita.
Noi ci siamo incontrati, un anno fa. Può essere, incontravo tanta gente prima di venire qui. Come tutti. No, io ci sono venuto prima di, avevo deciso di mollare tutto, come dice chi è pigro e non vuole spiegare. Cosa faceva, prima di? Lo scrittore. Uno scrittore che va nello spazio e lascia valigette misteriose alle donne incontrate negli studi dentistici? Come vedi, non sono andato nello spazio. A proposito della valigetta, ce l’hai? Nella tenda. Molto bene, quando ero agli inizi, uno scrittore famoso mi disse: un bravo scrittore deve lasciarsi indietro qualcosa, per poi andarla a riprendere.
Tolse dal fuoco il bocconcino, lo addentò, mosse le labbra in alto e in basso, masticando una consistenza certamente gommosa, poi si voltò dall’altra parte, scusami, ma devo proprio, sputò con forza e coprì tutto spostando il terreno col piede.
Per fortuna ho il cibo vero. Questo non lo darei manco a lui.
Franco scondinzolò. Era d’accordo.

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