
#AMBIENTE
Di Diego Mattioli
(In foto: l’Oasi di Colfiorito)
Come ci si sente a vivere a soli 10 minuti dall’unica area umida riconosciuta dalla convezione di Ramsar in Umbria, una delle 52 in tutto il Paese? Un’area che racchiude come in uno scrigno la diversità biologica e fornisce risorse fondamentali per innumerevoli specie di piante e animali. Beh ci si sente esattamente come se non ci fosse!
Il Parco Regionale di Colfiorito con la sua palude è al centro di un ecosistema complesso e delicato composto da una rete di Zone di Protezione Speciali che comprende: Col Falcone, Piani di Annifo e Arvello, Piano di Ricciano, Selva di Cupigliolo e Sasso di Pale. Una meravigliosa unicità, messa a rischio da un decennio di gestione inadeguata da parte dei due soggetti su cui ricade la responsabilità gestionale, rispettivamente Regione Umbria e Comune di Foligno.
Quella del Piano di Gestione del Parco è una vicenda lunga e complessa che inizia con la redazione della proposta di Piano da parte del Comune nel 2014, prosegue con la sua presentazione e adozione preliminare da parte della Giunta Marini nell’ottobre del 2018 e l’avvio della procedura per la Valutazione Ambientale Strategica, a tutt’oggi aperta. Sei lunghi anni che lasciano il Parco, a 25 anni dalla sua istituzione, privo dello strumento base di pianificazione, attuazione e controllo sia per la tutela ecologico-ambientale sia per lo sviluppo socioeconomico sostenibile. Già perché il Parco non è solo un’area da proteggere per la conservazione di una biodiversità unica, ma anche un potenziale elemento di rilancio economico della montagna folignate.
Ma qual è attualmente la situazione del parco? Se la si volesse sintetizzare in una parola si potrebbe dire preoccupante. Da un punto di vista ecologico si assiste a fenomeni diffusi di bracconaggio, immissione illegale di specie aliene invasive, devastazione dolosa di parte delle aree di maggior valore naturalistico come nel caso dell’incendio del canneto dello scorso anno. A questo si associano gravissimi problemi in termini di quantità di acqua: la diminuzione, costante negli ultimi anni, di piogge e nevicate comporta l’ormai regolare prosciugamento della palude nei mesi estivi con impatti gravi su flora e fauna.
“La cronica mancanza d’acqua porterà la Palude ad asciugarsi completamente nel giro di pochi anni” questo l’allarme della responsabile del servizio di Gestione del Parco del Comune di Foligno, Bianca Rita Eleuteri “Servono interventi strutturali di gestione ambientale ma, come spesso accade, non ci sono le risorse per poterlo fare. Negli anni abbiamo assistito ad una progressiva contrazione delle risorse ministeriali e dei trasferimenti diretti della Regione. I bandi del Piano di Sviluppo Rurale potrebbero essere una oggettiva opportunità ma la mancanza di una struttura di progettazione degli interventi ed il complesso quadro proprietario dell’area rendono l’accesso a questi fondi estremamente complesso”. “La situazione da un punto di vista ambientale ed ecosistemica è davvero al limite” prosegue la Eleuteri “Ci auguriamo che la procedura di VAS si concluda in tempi brevi e che si giunga all’approvazione definitiva del Piano di Gestione in maniera da poter finalmente porre in essere gli interventi di programmazione, gestione e controllo dell’area” A queste parole fa eco Alfiero Pepponi, presidente di LIPU Umbria “La palude è in seria sofferenza, anche quest’anno siamo due metri sotto il livello medio dell’acqua. Si assiste ad un proliferare di specie aliene tra cui nutrie, tinche, carpe, anguille che competono con le specie autoctone. Il degrado costante dell’habitat comporta la perdita della presenza di specie importantissime come il Basettino ed il Tarabuso, che vede a Colfiorito l’unico sito di nidificazione in Umbria”
Se da un punto di vista conservazionistico siamo all’anno zero, qualcosa di più è stato fatto in termini di investimenti dell’Amministrazione per la valorizzazione del sito in termini turistici. La riqualificazione delle Casermette, attuale sede del parco, è sicuramente un elemento importante; infatti lo stabile al momento ospita, oltre al punto informazioni, anche sale dedicate alle attività educative tra cui aule e laboratori didattici e multimediali, il centro di documentazione ambientale ed il museo naturalistico. Chiaro è però che questo luogo deve essere gestito e valorizzato in una rete ampia di servizi, in cui le attività di promozione del territorio si associno ad attività di educazione ambientale, circuiti culturali, escursionistici, storici ed enogastronomici. Ed è impensabile che tutto questo possa essere gestito senza programmazione e soprattutto in maniera diretta dai servizi comunali senza un accordo ampio di collaborazione con il territorio e con il mondo associazionistico.
“Nel corso degli anni l’amministrazione ha tentato di attivare iniziative in collaborazione con le associazioni che però spesso sono andate esaurendosi” dice la Eleuteri. “Sarebbe invece molto importante rilanciare un patto sia con i cittadini dell’area che con le associazioni che potrebbero supportare l’Amministrazione nel gestire i servizi informativi, educativi e promozionali del Parco”. Ricostruire un buon rapporto con le comunità locale è un altro elemento cruciale per il futuro del Parco; gli abitanti della zona l’hanno visto, sin dalla sua istituzione, come un problema per le attività dell’area ed i fenomeni ai quali anche oggi assistiamo, bracconaggio, incendi dolosi, incuria, sono il portato di un sua mancata accettazione sociale.
Quando si Parla del Parco Regionale di Colfiorito si parla dunque di un sistema complesso, dalle grandi criticità, ambientali e sociali, ma anche di una straordinaria risorsa che può davvero rappresentare un volano di crescita sostenibile per un’area particolarmente delicata del nostro territorio. Dopo un decennio di politiche poco efficaci ora la sfida è passata nelle mani dell’Amministrazione di centro destra, che proprio nella zona della montagna folignate ha trovato un forte consenso elettorale. Vedremo se a tale apertura di credito sarà in grado di dare risposte davvero efficaci.