
#STORIAEMEMORIA #POLITICA #CULTURA
Di Alessandro Sorrentino
(In foto: la folla dei manifestanti. La foto proviene dal fondo Formica, disponibile presso l’archivio online de L’officina della memoria)
Mi sono imbattuto nella cronaca dei fatti che a breve rievocherò nel corso di una ricerca che ho condotto e che aveva come oggetto l’«immagine» del neofascismo nella stampa umbra, per un convegno che si è tenuto il 5 dicembre 2018 a Perugia dal titolo “I neri in una provincia rossa”.
Non avevo mai sentito parlare prima dei fatti di Foligno del maggio ’70.
Sono passati poco più di sei mesi dalla strage di Piazza Fontana e nel paese si respira un’aria gravida di tensione. Nella nostra città è un sabato preelettorale, di lì a poche settimane si sarebbe infatti votato per il rinnovo della giunta comunale. Il 23 maggio a Foligno per le 16 è prevista una riunione del Movimento Studentesco a Palazzo Trinci il cui tema è la guerra nel Vietnam, per le 18 dovrebbe invece tenersi un comizio del Movimento Sociale Italiano in Piazza della Repubblica.
Accade che una squadra di neofascisti, sconosciuti in città, irrompe a Palazzo Trinci, dove la riunione del Movimento Studentesco non è ancora cominciata, e con fare provocatorio disturba i presenti. Iniziano così dei forti scontri e subito si registrano i primi feriti: Vincenzo Loreti, segretario della Camera del Lavoro di Foligno, Antonio Ridolfi, insegnante, esponente comunista che pochi giorni dopo sarebbe diventato il sindaco della città e Angelo Bocci, consigliere comunale del Pci. La zuffa prosegue nelle vie limitrofe, fino a quando i militanti di destra non trovano rifugio nella vicina sede del Msi, allora sita al Quadrivio, che subito viene presidiata dalle forze dell’ordine nel frattempo allertate. Attorno al cordone protettivo si ammassa subito una gran folla, composta da rappresentanti politici, sindacali e curiosi; i più scalmanati tentano di forzare la protezione di polizia e carabinieri, mentre i missini, dalle finestre della sede, lanciano manifestini e petardi. Nel frattempo, a Foligno arrivano anche alcuni deputati socialisti e comunisti, fra questi Giorgio Amendola il quale, dovendo recarsi ad Ancona, venuto a conoscenza dei disordini, sceglie di fermarsi a Foligno.

(In foto: Vincenzo Loreti, segretario della Camera del Lavoro. Fondo Formica)
L’assedio alla sede prosegue per tutto il pomeriggio finché, approfittando di un momento di tregua, probabilmente concordato con i parlamentari presenti, le forze dell’ordine procedono all’arresto dei militanti di destra rifugiati nella sede del Msi. Vengono disposte due corsie protettive e gli estremisti vengono tradotti nella camionetta della polizia per essere portati in carcere. Tuttavia, alla vista del terzo o quarto giovane neofascista che esce coprendosi il volto con il maglione, la folla dei dimostranti torna alla carica. Le forze dell’ordine bloccano così la procedura d’arresto e rispondono alla folla lanciando dei candelotti di lacrimogeni al fine di dispenderla; nel frattempo i militanti di destra lanciano una poltrona tra la folla senza fortunatamente provocare alcun ferito.
Qualche ora più tardi, in serata, viene organizzato un comizio antifascista da Pci, Psi, Psiup e repubblicani, durante il quale interviene anche Amendola. Terminato il comizio, però, alcuni dei militanti di sinistra tornano sotto alla sede missina e ricomincia l’assedio. Nel frattempo, le forze dell’ordine, rinforzatesi con l’arrivo di altri reparti da altre città, riprendono l’arresto degli estremisti di destra. Una volta terminata la procedura, la folla si fa ancora più pressante e comincia una fitta sassaiola alla quale la polizia risponde nuovamente con i lacrimogeni. Nella confusione dello scontro, alcuni dimostranti riescono a penetrare nella sede missina e gettano dalle finestre carteggi e mobili ai quali, in un secondo momento, verrà dato fuoco. Sono le prime ore di domenica 24 maggio 1970 e, a seguito di questi incidenti, cinque militanti di sinistra vengono arrestati. Il bilancio è di 22 arrestati e 40 feriti circa.

(In foto: le operazioni di fermo)
Come si può notare la successione degli eventi risulta particolarmente confusa, un problema di non poco conto e abbastanza ricorrente per chi fa storia. Nel mio lavoro di ricerca, dovendo riportare le impressioni, i commenti e le considerazioni delle varie testate giornalistiche sulla condotta e le azioni degli estremisti di destra, necessitavo di ricostruire la situazione nel modo più corretto possibile, pur sapendo che in storia, dovendo confrontare diverse testimonianze, risalire ai fatti esattamente così come essi sono avvenuti è di per sé impossibile.
I problemi sorgono intanto dalla lettura degli articoli di giornale, se gli eventi riportati sono pressoché gli stessi, sorgono discrepanze importanti, ad esempio, rispetto agli orari della prima procedura d’arresto e del comizio antifascista. In questi casi, pertanto, è consigliabile rivolgere la propria attenzione alle fonti ufficiali al fine di individuare in esse conferme o smentite circa quello che è riportato dalla stampa. Le carte della Questura parlano di una folla di circa duemila persone fuori dalla sede missina, un numero che è confermato anche dalle immagini della giornata e da quanto viene riportato dai testimoni dei fatti, il che dimostra, quindi, che quel giorno la mobilitazione antifascista non vide solo la partecipazione dei partiti o dei sindacati, ma di gran parte della popolazione. Un particolare, questo, che non emerge dalla lettura della stampa dalla quale, al contrario, si ha l’impressione che si sia trattato di una violenta e affollata baruffa tra estremisti.
Un’altra questione di discreta importanza è se il comizio del Msi previsto per quel giorno si
tenne o no; la stampa non è chiara a riguardo, la questura non ne fa menzione, nessuno
dei testimoni interpellati ne parla, mentre una recente pubblicazione sostiene che il comizio ci fu. I punti poco chiari di tutta la vicenda non finiscono qui, ve ne sono degli altri sui quali, per il momento, non ci soffermiamo. Come si può osservare, però, pur trattandosi di fatti che risalgono a mezzo secolo fa e che quindi possono non apparire così lontani, appartenenti ad un’epoca in cui i mezzi di informazione erano molto presenti, la ricostruzione storica incontra ostacoli sostanziali nel suo cammino. Questo è il segno che anche il lavoro dello storico contemporaneo richiede una certa cura e un certo rigore specie se si parla, come in questo caso, di anni particolari e difficili come furono gli anni ’70.

(In foto: le operazioni di fermo)