
#CULTURA #PAROLEEIDEE
Di Matteo Santarelli
A cadenza regolare di circa cinque anni, i media e i social network vengono invasi da una strana creatura: la sinistra che piace alla destra. Questo singolare animale popola bacheche virtuali e giornali cartacei a seguito di altrettanto regolari ondate di pogrom anti-sinistra. Questi pogrom vengono innescati dalle motivazioni più eterogenee. Poco meno di dieci anni fa la causa scatenante era il vecchiume ideologico: basta con la sinistra del Novecento, con i suoi sindacati, le sue pretese di stabilità lavorativa, la sua mitizzazione dell’orribile partito comunista italiano e delle totalitarie regioni rosse. Questo pogrom, coadiuvato da un altrettanto imponente suicidio di massa, raggiunse il suo apice nella celebre non-vittoria di Bersani e Vendola alle elezioni del 2013. In risposta a questo bombardamento a tappeto del vecchio socialismo nel ´900, si impose una “sinistra che piace alla destra” che parlava un perfetto toscano e un orribile inglese, che si rifaceva al blairismo mentre il blairismo era passato di moda pure a casa Blair, che aveva il “coraggio di dire la verità´” e “fare autocritica”, laddove le due attività coincidevano con il parlare male ad alta voce di Massimo D´Alema. Larghi settori della destra accolsero l’avvento di questa creatura con entusiasmo, ricchi doni, incenso, editoriali, un alleato di governo – il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano – e persino mezzo giornale, Il Foglio di Giuliano Ferrara.
Purtroppo il referendum del 2016 ha ridimensionato con violenza questa specie, ormai quasi estinta e protetta nelle oasi ecologiche di Confindustria e nelle prime pagine di La Repubblica – due nicchie ambientali sempre più indistinguibili. C’è dunque bisogno che il grande ciclo di madre natura si riattivi: serve un altro pogrom, e serve un’altra varietà di “sinistra che piace alla destra”. Il pogrom stavolta è diretto contro i reduci della sinistra fucsia, ossia chiunque riconosca una qualche importanza ai diritti civili e limiti l’uso del tricolore a una fase specifica dei Mondiali e degli Europei, ossia dopo i quarti di finale, prima porta sfiga. Nuovo pogrom, nuove praterie, nuovi habitat per una nuova sinistra che piace alla destra, di segno opposto rispetto a quella precedente. La nuova varietà è fieramente sovranista, tendenzialmente sovranara, la pensa tendenzialmente come la Lega su ogni tema e quando la pensa diversamente si vergogna ad ammetterlo, in quanto la mancata mimetizzazione con il verde salviniano potrebbe indurre i predatori a percepire tracce di fucsia sul suo manto. La nuova sinistra che piace alla destra pensa che dobbiamo contendere il popolo alla destra, una strategia che viene perseguita parlando esclusivamente e male della sinistra fucsia ed omettendo ogni riferimento negativo al proprio competitor, se non per esaltarne le doti. La destra ricambia con dichiarazioni pubbliche di stima verso questa sinistra che finalmente “torna a fare la sinistra”. Ossia a prendere lo 0,7 per cento massimo e a non contare niente. Si scherza, ma fino ad un certo punto. Se è vero che la capacità di incidere sulla società dipende da quanto si è in grado di parlare fuori dalla propria cerchia, ricevere continue pacche sulle spalle dalla destra non è un segnale in se stesso incoraggiante in questa dimensione. Perché´ le persone dovrebbero sostenere una minuscola sinistra indistinguibile a livello mediatico dalla destra, quando quest’ultima veleggia ormai ben sopra al 40%? Sono probabilmente questioni del genere che hanno spinto alcuni gruppi della sinistra che piace alla destra a passare con quest’ultima, guidati dal prof. Bagnai. Un episodio dal quale forse è bene trarre un insegnamento: l’unico modo per piacere alla destra e prenderne i voti, è diventare direttamente di destra.