
#CITTÀ #CITTÀINVISIBILE
Conversazione a cura di Fausto Gentili
(La residenza Opera Pia Castori, foto di Pietro Felici e Francesca Romana Felici)
Il dottor Tozzi ci riceve nel suo ufficio presso la residenza protetta ex-ONPI, un edificio circondato dal verde e arrampicato su un minuscolo colle di fronte a S. Eraclio. Realizzato appunto dall’ Opera Nazionale Pensionati d’Italia circa 50 anni fa, l’edificio è passato negli anni ’80 nel patrimonio del Comune di Foligno ed ospita nei suoi spazi piuttosto ampi e luminosi una settantina di anziani non autosufficienti, quasi tutti in camera singola, che hanno attraversato senza contagi la pandemia dei mesi scorsi.
La conversazione parte appunto da questo dato, così positivo e così diverso dal dato nazionale e dalla catastrofe lombarda. Frutto, secondo Tozzi, di contromisure tempestive ed efficaci attuate già all’inizio di marzo. Il presupposto, dice, era la convinzione che bisognasse impedire al virus di entrare nelle strutture, perché in caso contrario sarebbe stato quasi impossibile fermarlo. Di qui le cinque misure precauzionali: sospensione delle visite dei parenti; uso di guanti e mascherine da parte degli operatori; tamponi per gli operatori; triage giornaliero per tutti coloro che lavorano nella struttura, rimodulazione delle attività di animazione per piccoli gruppi. Queste misure insieme alla continua opera di sorveglianza dei serivizi preposti ed al costante aggiornamento delle misure di prevenzione da parte della Direzione Aziendale, replicate a matrice in tutte le strutture residenziali del territorio, hanno a tutt’oggi evitato l’insorgenza di contagi tra i circa 270 ospiti delle sette Residenze protette del nostro Distretto sociosanitario. Il miglioramento della situazione epidemiologica regionale sta peraltro consentendo di allentare un po’ la stretta: le prime visite dei parenti, la ripresa di alcune attività come quella del Centro Diurno Alzheimer. Certo la situazione complessiva del sistema residenziale presenta ancora criticità, restano e si sono accentuati in questo periodo emergenziale tutti i problemi che c’erano anche prima, a partire dalle liste di attesa (almeno un centinaio di anziani, a fronte dei 270 ospiti nelle diverse strutture), e che nascono principalmente da diversi fattori: da un lato l’aumento della richiesta legato alla mutata struttura delle famiglie e all’andamento della curva demografica (sono sempre più numerosi, in particolare qui in Umbria, gli anziani, spesso destinati a lunghi periodi di non-autosufficienza); dall’altro uno squilibrio crescente tra i costi dell’assistenza e la disponibilità di risorse sia pubbliche che private. In due parole, una quota sempre maggiore di famiglie non sono in grado di assumere su di sé il carico di prestare agli anziani l’assistenza necessaria (ci provarono, dice Tozzi, negli anni della crisi finanziaria, quando, la disponibilità di una pensione nel bilancio familiare poteva risultare preziosa, ma l’impegno si è spesso rivelato insostenibile), né i bilanci pubblici riescono a fronteggiare l’intero ed aumentato carico della domanda. Di qui una serie di possibili soluzioni: l’aumento del numero delle Residenze Protette autorizzate e dei relativi posti “a convenzione”, il ricorso alla gestione indiretta, con l’affidamento di servizi a privati o cooperative. (Un sistema, aggiungiamo noi, che magari non produce risparmi ma “libera” l’Ente pubblico da obblighi diretti nei confronti del personale. E sembra rispondere più alle esigenze di dirigenti ed amministratori che a quelle di operatori sociosanitari ed utenti, che avrebbero diritto, gli uni e gli altri, ad un assetto più stabile e meglio garantito, NdR).

(La residenza Opera Pia Castori, foto di Pietro Felici e Francesca Romana Felici)
A costo di semplificare troppo una questione molto complessa, gli chiediamo su quale lato ritiene, in base alla sua esperienza, che dovrebbe concentrarsi un’azione di riforma: aumentare le capacità di risposta del sistema (più fondi, più strutture, personale più numeroso e meglio qualificato), oppure allentare la pressione sulle strutture potenziando l’autosufficienza di individui e famiglie (cohousing, potenziamento dei servizi domiciliari, offerta ricreativo-culturale, ecc.). La risposta muove da due affermazioni che a noi profani appaiono convincenti: da un lato non tutte le persone non autosufficienti lo sono nella stessa misura, dall’altro l’aumento di qualche ora dei servizi domiciliari – di per sé utile – non consentirebbe però di “tenere in casa” chi ha bisogno di assistenza specifica e continuativa. Ci sono insomma molte persone per cui l’istituzionalizzazione è troppo e il servizio domiciliare troppo poco. Bisognerebbe perciò sperimentare una qualche forma intermedia: servizi, anche residenziali ma più “leggeri” ed aperti, rivolti alle numerose persone che – pur non potendo definirsi autosufficienti – non presentano però un quadro tale da richiedere un setting assistenziale di livello medio-alto.
Sembra una buona idea, se qualcuno vuole replicare le nostre pagine sono a disposizione.
In breve
Le Residenze protette nel territorio del Distretto sociosanitario sono sette: tre gestite direttamente dalla Asl Umbria 2 (Casa Serena sx.ONPI, Bevagna, Spello) e quattro (Opera pia Castori, Casa Serena di Capodacqua, Trevi, Nocera) private, per lo più derivanti da lasciti testamentari, gestite in regime di convenzione: questo significa che il pubblico (Regione, Asl) fissa le regole, contribuisce alle spese ed esercita il controllo. Per tutte le sette strutture gli ingressi sono autorizzati dall’Unità di Valutazione della Asl, coordinata appunto dal dott. Tozzi, in base ad un triplice criterio: non-autosufficienza, reddito, assenza di obbligati (cioè di parenti in grado di garantire direttamente un’assistenza adeguata). Accertati questi requisiti, non c’è una graduatoria ma una lista di attesa (attualmente almeno un centinaio di persone) che scorre in base all’ordine di presentazione delle domande. Le persone attualmente assistite sono in tutto circa 270.
Il costo medio della degenza è stabilito per legge ed è da tempo di 87 euro al giorno (circa 2500 al mese), coperti per metà dalla Asl e per metà dagli assistiti e dalle loro famiglie, con interventi integrativi dei Comuni nei casi in cui gli utenti non riescano a far fronte alla loro quota.Il personale che opera nelle strutture pubbliche è fornito, in regime di convenzione, da soggetti esterni (attualmente cooperative aderenti al consorzio Palomar), e ben accetto è il contributo del volontariato. La giornata tipo di un ospite di Casa Serena comincia tra le sette e le otto del mattino e si svolge attraverso una routine consolidata nel tempo: pulizie personali, colazione, servizio animazione, pranzo, riposo pomeridiano, animazione, cena, ritiro in camera.