Epidemia salute Società

Si scrive misto, si legge Covid

Intervista a Diego Carducci, sindacalista Uil, che descrive la situazione dell’ospedale di Foligno.

#SOCIETÀ #SALUTE #EPIDEMIA
Di: Vincenzo Falasca
In foto: ambulanze all’ospedale di Foligno


Ho intervistato Diego Carducci una prima volta il 6 novembre: mai ci saremmo aspettati di dover rifare integralmente l’intervista perché superata dagli eventi in pochissime ore, una evoluzione tale da rendere completamente oltrepassato, se non addirittura contraddetto, quanto raccontato. Ci eravamo lasciati con la consapevolezza di una situazione grave ma sostanzialmente sotto controllo, per ritrovarci in una emergenza nell’emergenza, dovuta al precipitare della situazione a causa dell’esplosione dei contagi, dentro e fuori l’ospedale di Foligno.

Diego è un rappresentante sindacale della UIL e RSU, quindi un protagonista diretto di queste vicende. 

Appare assurdo ma sembra che abbiamo fatto quell’intervista un anno fa, mi dice.

Cosa è avvenuto? 

Nel giro di poco tempo si è stravolto tutto.  Ci eravamo lasciati con la scelta di rendere l’ospedale di Spoleto presidio esclusivo covid e permettere a quello di Foligno di garantire tutte le cure delle altre patologie, mantenendo la chirurgia aperta. In pochi giorni i pazienti di Foligno non solo non sono stati trasferiti a Spoleto, come si poteva supporre, ma sono progressivamente aumentati con la richiesta di ulteriori post; poco dopo sono stati sospesi, da noi come in tutta l’Umbria, gli interventi chirurgici non urgenti e subito dopo si è giunti all’apertura della terapia intensiva dedicata covid. A questo si aggiungono aree covid in ostetricia e pediatria.

Quindi, parliamoci chiaramente, Foligno è a tutti gli effetti un altro ospedale covid. Riusciamo a garantire la cura di altre patologie come infarti, ictus e tutte quelle legate alle urgenze ed ai traumi, ma tutto ciò che è differibile non avviene più. La situazione è in continua evoluzione: i dati ad oggi (14 novembre ndr) parlano di 41 degenze di cui 7 in terapia intensiva.  A questo si è aggiunto che anche il personale medico ed ausiliario ha iniziato ad ammalarsi maggiormente.  Quando ci eravamo sentiti era in chiusura per igienizzazione il piano terra, poi il giorno dopo hanno chiuso, per lo  stesso motivo, quello di pneumologia. Contemporaneamente ci è stato richiesto di mantenere i ricoveri ordinari: quindi mentre all’inizio della pandemia si sostituivano i ricoveri ordinari con quelli di pazienti affetti da covid, adesso si sono sommati, con la conseguenza che abbiamo meno personale per gestire un numero maggiore di pazienti.

Come sindacato abbiamo da subito evidenziato che il problema principale fosse quello della carenza del personale e lo abbiamo ribadito anche a livello regionale con la mobilitazione che avevamo organizzato in questi giorni e che potrebbe aver dato, finalmente buoni frutti. Sembra infatti che la Presidente Tesei abbia convocato le direzioni delle Aziende Sanitarie regionali dando il via libera sia al reclutamento del personale in via straordinaria sia alla stabilizzazione di quello interno, interrompendo quella emorragia verso altre regioni che ha caratterizzato gli ultimi mesi, quando parte del personale del nostro territorio ha scelto altri posti con maggiori prospettive di durata e crescita professionale.

Anche in riferimento al tanto discusso concorso per infermieri, si è cercato di risolvere il paradosso che, in un momento di grande necessità di personale già formato, alcuni operatori, attivi in corsia da mesi e addirittura anni, che non erano rientrati nella ultima stabilizzazione, siano stati esclusi con una prova preselettiva per lacune in ambiti diversi da quelli sanitari. In realtà è tutto ancora in evoluzione perché non è stato ancora definito nulla, ma la volontà sembra esserci, almeno a livello politico regionale. Si parlava proprio di tempi strettissimi, tant’è che già ieri ci si aspettava che il commissario straordinario dell’Azienda Usl Umbria 2, De Fino, fornisse anche qualche informazione riguardo le stabilizzazioni, ma ci ha solo confermato di essere in attesa delle direttive regionali che gli consentano di operare nel rispetto della legge, legge che al momento non gli permette di assumere senza concorso. 

Ovviamente nessuno di noi vuole commettere violazioni di sorta, ma come organizzazioni sindacali gli abbiamo chiesto di essere più elastici, di non preoccuparsi di sforare il bilancio o di non rispettare alla lettera qualche regolamento, perché sicuramente in una fase emergenziale come quella che stiamo vivendo, andranno trovati degli adeguamenti che consentano di operare tali scelte fondamentali.  Tutti siamo consapevoli che in questa fase non si può ragionare di fabbisogno o piante organiche rispetto al personale, perché nessuno poteva prevedere questa situazione disastrosa. Situazione che si aggiunge, va detto con determinazione, ad una carenza di risorse che si perpetua da anni e che, ovviamente, non può essere imputata alla Amministrazione o al Commissario attuali, rispetto a tante scelte assolutamente sbagliate degli anni precedenti. 

(In foto: Diego Carducci)

Va riconosciuto che molto è stato fatto per incrementare le risorse professionali, ma non basta, non è sufficiente; quindi bisogna cercare quel qualcosa in più e per questo, come  CGIL e UIL con toni un po’ più accesi, ma insieme a tutte le altre sigle sindacali abbiamo chiesto di uscire da questi schemi cercando di trovare soluzioni più adeguate. Altrimenti, a queste condizioni non ne usciamo: non si tratta solo di coprire l’ordinario, ma bisogna anche prevedere di coprire i riposi, le sostituzioni, sostituire la gente che si ammala e si ammalerà. Se dovessero chiudere anche le elementari, ad esempio, ci saranno molti operatori che saranno costretti a prendere dei congedi perché non hanno dove lasciare i figli, abbiamo anche mogli e marito che sono tutti e due infermieri. Un reparto covid, inoltre, non lo puoi considerare con l’organico di un reparto ordinario: se venti pazienti di medicina li puoi gestire con 2 infermieri a turno,  ciò non può accadere per 20 pazienti covid. Attualmente il personale è suddiviso in due gruppi per evitare il rischio contaminazione, ma ci sono chiaramente delle aree promiscue, come ad esempio il pronto soccorso.

L’altra volta mi avevi fatto la domanda  se un paziente fosse tranquillo a venire all’ospedale,  di dico ancora di sì, con decisione: chi ha bisogno non deve avere alcun dubbio di venire a farsi curare, la struttura è assolutamente in grado di farlo nella sua sicurezza. Questo anche se adesso c’è chiaramente una esposizione più alta perché i numeri dei contagi nel territorio sono andati fuori controllo. Inoltre quando abbiamo aperto la terapia intensiva alla cura dei pazienti covid, utilizzando a questo scopo le salette operatorie dei piccoli interventi, non abbiamo ricoverato solo gente di Foligno e dell’Umbria ma abbiamo giustamente accolto anche pazienti di fuori regione. C’è anche da dire che nell’arco della settimana la stanchezza degli operatori si fa sentire in maniera crescente e quindi, anche se noi non abbassiamo mai la guardia, il rischio di errori è sempre dietro l’angolo.

(In foto: ambulanze all’ospedale di Foligno)

Per questo siamo tutti molto attenti nel mantenere aree e percorsi separati. E anche quando questo non è possibile, sia per un trasferimento di un paziente covid o un decesso o una dimissione viene subito attivato un protocollo meticoloso ad opera delle operatrici per la disinfezione e sanificazione. Anzi, in merito, mi sento di fare un ringraziamento particolare a queste operatrici che stanno tutto il giorno bardate dalla testa ai piedi e di cui quasi nessuno parla: si fanno sempre gli elogi ai medici ed agli infermieri, ma già agli OSS, gli operatori socio sanitari, e ancor più agli addetti alla pulizia ed alla disinfezione nessuno pensa mai e invece sono anche loro esposti notevolmente al rischio contagio e costantemente in prima linea.

In riferimento ai pazienti, quali sono le caratteristiche prevalenti?

La fascia di età è medio-alta e chi si presenta già in condizioni gravi manifestava solitamente già dei fattori di rischio maggiori e per fattore rischio non si intendono solo altre patologie pregresse, possono anche essere semplicemente anche forme di obesità o comportamenti non adeguati come magari quello di un assiduo fumatore.

Sappiamo che questo virus è complesso perché non ci permette di fare una valutazione determinata degli effetti, perché c’è chi non ha apparentemente nulla, chi poco e niente, un po’ di febbre e spossatezza e poi c’è chi deve essere intubato, chi ha bisogno dell’ossigeno. Ecco, un altro problema, sono le bombole di ossigeno che stanno scarseggiando: bisogna invitare la popolazione a riportarle indietro non appena ultimata la somministrazione: ognuno deve collaborare facendo ciò che può. Che dire altro, c’è poi il vaccino, che sembra a breve possa entrare utilizzato: è quel lumicino in fondo al tunnel, che aspettavamo però, fino ad allora dobbiamo stringere i denti, perché ad arrivare da qui al giorno del vaccino può ancora succedere di tutto.

Secondo voi l’idea delle chiusure parziali e graduali è adeguata o sarebbero state opportune scelte più radicali? 

Sarò onesto e ti farò una valutazione personale ed una da sindacalista. 
Personalmente avrei chiuso tutto come abbiamo fatto a marzo, avrei messo direttamente l’Umbria in zona rossa cercando una immediata inversione di tendenza. Da sindacalista ti dico che è giusto cercare di salvare il salvabile, garantendo, ad esempio, agli studenti più piccoli di poter andare a scuola, per loro e per consentire ai genitori di andare a lavorare, così come bisogna cercare di far lavorare, in sicurezza,  più gente possibile per evitare che, mi si passi la brutale semplificazione, chi non muore di covid muoia di fame. 

(In foto: presidio dei sindacati davanti al Palazzo della Regione Umbria in Piazza Italia. Perugia)

E’ anche vero che ci sono segnali che i sussidi previsti dal Governo centrale stiano arrivando e possano essere concretamente di aiuto e questo consente anche di fare scelte più radicali. Ma, da lavoratore con uno stipendio certo, non posso non prestare la massima attenzione a chi ha un punto di vista diverso, a chi è in profonda difficoltà, come le attività commerciali, i negozi, alcune aziende.

Come accennavo, sembra che con questi sacrifici siamo riusciti a contenere la crescita. Anche se dovrebbe passare un’altra settimana prima di vedere gli effetti concreti delle nuove decisioni prese al livello nazionale e regionale, raggiunto il picco dei 700 abbiamo fatto un su e giù ma non abbiamo superato i 700 e statisticamente è una cosa positiva, perché potevamo tranquillamente fare 800, 1000: la crescita si è fermata, non c’è l’inversione di tendenza, ma la crescita si è fermata.

Ci salutiamo, così, con questo segnale di speranza, consapevoli che ancora lungo è il percorso da fare ma che ognuno di noi può contribuire molto per renderlo meno impervio e più breve.

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