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Cambieranno molte cose, ma continueremo a volare

La nostra intervista ad Antonio Baldaccini, nella sua doppia veste di Amministratore Delegato di UMBRAGROUP e come presidente di Umbria Aerospace Cluster.
In foto: Antonio Baldaccini

Cambieranno molte cose, ma continueremo a volare

#DOSSIER #LAVORO #AEROSPAZIO
Conversazione con Antonio Baldaccini, a cura di Vincenzo Falasca
In foto: Antonio Baldaccini


Intervistiamo Antonio Baldaccini nella sua doppia veste di Amministratore Delegato di UMBRAGROUP, multinazionale italiana che opera nel settore della meccanica di precisione con applicazioni nel mercato aeronautico ed industriale e come presidente di Umbria Aerospace Cluster, associazione che rappresenta l’industria regionale umbra operante nei settori dell’aeronautica, dello spazio e della difesa.
Per chi vive Foligno UMBRAGROUP non può non essere percepita come qualcosa di “familiare”, ma rimango comunque stupito dalla disponibilità e cordialità di chi rappresenta quella che è la principale azienda del territorio, e contemporaneamente una delle imprese leader nel settore. Insieme a lui abbiamo cercato di tracciare uno spaccato della situazione del settore aerospaziale che, per la nostra area e per l’intera Regione, ha contribuito in modo determinante a ridurre i contraccolpi della crisi economica globale iniziata nel 2007. Pensiamo dunque che il suo punto di vista possa essere importante anche per chi, come noi, può avere differenti opinioni su alcuni dei temi toccati nella conversazione.

Le imprese del settore sono state, negli anni della crisi, una risorsa fondamentale del nostro territorio. E’ ancora così anche in questo periodo in cui si aggiunge la crisi determinata dal Covid-19?
«Partiamo dal concetto che il settore dell’aeronautica, in sé per sé, ha una visione di lungo termine e le aziende sono spinte a pianificare il futuro guardando molto lontano.
Anche nella nostra azienda facciamo sempre una pianificazione che arriva almeno ai prossimi cinque anni e se guardiamo gli aggiornamenti annuali dei piani strategici di crescita delle aziende di riferimento del mercato, e quindi principalmente Boeing ed Airbus, vediamo una domanda che, nei prossimi venti anni, dal pre-covid al post-covid, risulta diminuita di solo mille aeroplani. 
Un esempio: noi assembriamo parti per aerei; dobbiamo soddisfare nei prossimi venti anni una domanda relativa a 43110 aeromobili, suddivisi tra quelli a corridoio singolo (32270), quelli a corridoio doppio (7480) e 930 cargo (vedi, sito Boeing Commercial Market Outlook 2020-2039); lei capisce che, seppur di fronte ad una domanda che nell’immediato è diminuita, la prospettiva di lungo periodo permette di avere una visione meno preoccupante.
Detto questo, se invece vogliamo fare una fotografia del presente, sempre in questo documento, troverà che il traffico mondiale di un anno aveva raggiunto un apice di circa 8,5 trilioni di chilometri. Il periodo Covid lo ha visto scendere a 4, ed è normale che l’epidemia abbia avuto pesanti ripercussioni sul traffico aereo e sullo stesso business delle compagnie, rallentando anche la creazione di nuovi veicoli. Non scordiamo che Boeing aveva già dei problemi pre-covid, passando da medie di 42 aeroplani mese nel 2018-2019, a neanche 100 aeroplani in due anni, praticamente quasi a zero. 
Da questo punto di vista, se lei pensa alle forniture per 7 aeroplani che consegneremo ad inizio 2021, e ai 22 che riforniremo nella seconda parte dell’anno, capisce che si tratta di un grandissimo salto: il mercato si è comunque rimesso in moto. Insomma, dipende da come uno legge l’attuale situazione, ma noi siamo ottimisti.
Al tempo stesso voglio sottolineare che la nostra azienda ha gestito bene anche l’emergenza Covid da un punto di vista strettamente sanitario: se consideriamo che, con un organico a fine anno di 700-705 persone, non abbiamo avuto nessun contagio nella prima fase e solo 10 o 11 in questa successiva, possiamo dire di aver fatto tutto il possibile per salvaguardare e tutelare i dipendenti. 
Certo è una crisi diversa da quelle che abbiamo affrontato in passato (perché l’aeronautica ha già affrontato delle emergenze: dalle torri gemelle del settembre 2001 alla crisi finanziaria del 2008): questa non ha colpito un settore o un Paese, ma tutti i settori ed il mondo intero, quindi la domanda che tutti si pongono è: che cosa ci aspetta? Certo il futuro sarà un futuro diverso. Potrebbe essere una crisi a molla, cioè con una ricrescita molto rapida una volta che il vaccino sarà somministrato alla popolazione ed avrà tutti i risvolti positivi che ciascuno di noi si augura, oppure richiedere un periodo più lungo. 
Dai miei studi risulta che, in generale, tutte le pandemie lasciano delle conseguenze che vanno dai 24 ai 36 mesi, quindi, considerando che ora siamo forse al dodicesimo, ci sarà ancora un po’ da soffrire. Speriamo vada meglio di quanto stiamo vivendo oggi, per lo meno in Italia, con un ritorno al coprifuoco o una dittatura, nel senso di un sistema impositivo molto più marcato rispetto ad altri Paesi europei. Ma questo è un problema più politico che industriale».

In foto: la sede di UMBRAGROUP
In foto: la sede di UMBRAGROUP

Secondo lei ci saranno dei cambiamenti rispetto al trasporto delle persone o delle merci e quale può essere l’incidenza del lavoro a distanza rispetto a determinate dinamiche di spostamento? 
«Quando accadono questi eventi, sto pensando alla vita di ogni persona, ci portiamo dietro qualcosa, quindi anche di questa crisi qualcosa rimarrà, qualcosa verrà cambiato e qualcosa verrà innovato: mi aspetto un domani che non sarà come ieri. 
Nello specifico, forse ci saranno nuove restrizioni nei voli: si vedrà sempre di più l’utilizzo della mascherina durante il viaggio, oppure potrebbe essere introdotto un sierologico veloce prima della partenza o essere richiesto un tampone quarant’otto ore prima; qualcosa sicuramente verrà fatto, su questo non c’è dubbio; anche dopo tutte le crisi precedenti, 11 settembre 2001 e 2008, furono introdotti dei cambiamenti. Basti ricordare quando prima dell’11 settembre si poteva arrivare al gate e salutare i propri cari e progressivamente si sono introdotte sempre maggiori limitazioni, fino ad arrivare agli scanner dentro gli aeroporti».

Quindi un cambiamento nelle modalità di volare ma non nelle quantità? 
«Nonostante queste crisi, se uno legge i dati vede che nel 2001 il ricavo misurato in km/passeggero stava sotto i 4 trilioni, nel 2011 si trovava vicino a 6 e nel 2019 oltre 8,5: quindi le persone che volano sono in continuo aumento e secondo me, essendoci una migliore distribuzione della ricchezza nel mondo, è un’abitudine ed un piacere che non potremo togliere alle persone».

Tornando alle dinamiche aziendali, prima si parlava del numero dei lavoratori: sappiamo di una restrizione dell’organico tra le 80 e le 100 persone legate da contratti di lavoro interinale. Si tratta di un numero significativo che si può capire in una situazione di emergenza ma che, proprio perché accade in un periodo di crisi, è particolarmente impattante per chi non vede rinnovarsi il contratto.
«UMBRAGROUP aveva dei contratti interinali che non sono stati rinnovati, a cui si sono aggiunti un’altra trentina di dipendenti in uscita, quindi perderemo centoventi, centotrenta persone in totale.
Se mi chiede se è normale che un’azienda come la nostra faccia ricorso agli interinali la risposta è sicuramente sì. I cambiamenti del mercato globale li affrontiamo tutti, quindi c’è un notevole rischio d’impresa che cerchiamo di mitigare con un piccolo cuscinetto, tra quello che è a carico Umbra e quello a carico dell’Agenzia interinale, per non ingessarci troppo sul costo del personale. Non avendo in Italia un diverso mercato del lavoro, di impostazione anglosassone, è normale che dobbiamo mettere in campo tutti gli strumenti che ci permettono in una certa maniera di tutelarci di fronte a queste flessioni di mercato. Se ripercorriamo un po’ la storia si accorgiamo che questi dati si sono ripetuti ogni dieci anni perché ci sono cicli economici che, ad un certo punto, arrivano al massimo, poi incontrano una flessione per poi riprendere: se un’azienda si innova ed introduce nuovi prodotti, nuove tecnologie ed esplora nuovi mercati è in grado di crescere anzi rifiorire in maniera migliore rispetto al passato». 

Quindi, guardando al futuro, quali sono le prospettive? ci sono ipotesi di riconversione rispetto sia alle commesse nel mondo della difesa che a nuove dinamiche energetiche ed ambientali? 
«Se parliamo della filiera dell’Umbria in maniera stringente, le aziende che dominano questo territorio, la OMA e la UMBRAGROUP sono sostanzialmente diverse: la OMA molto più centrata su una prospettiva commerciale legata alla difesa e l’ UMBRAGROUP più caratterizzata da una diversificazione a tutto spettro: abbiamo sempre tenuto attivi tutti i filoni tecnologici e così, ad esempio, in questo momento stiamo puntando di più sullo spazio, per il quale le richieste dei committenti sono dell’ordine delle migliaia o decine di migliaia di ordinativi. Siamo convinti che possiamo offrire prodotti e soluzioni adattati alle singole esigenze dei grandi costruttori di componentistica satellitare: anche qui un nostro ruolo lo giocheremo».

E riguardo alle questioni energetiche? Ad esempio nella zona del Piemonte si sta creando una sorta di “hydrogen valley” con una serie di aziende che si stanno riconvertendo verso queste nuove dinamiche: è una cosa che può interessare anche il nostro territorio o noi siamo più legati al settore aerospaziale classico?
«Se consideriamo le vere opportunità, oggi ci sono dei cambiamenti sul fronte delle energie rinnovabili. Stiamo guardando all’elettrificazione dei mezzi come ad un elemento dominante del prossimo decennio, quindi vediamo, perlomeno per i nostri prodotti (parlo sempre di UMBRAGROUP), importanti opportunità di crescita, con mutamenti che stanno avvenendo a ritmi che forse nel decennio passato non venivano nemmeno immaginati dai più. Basti pensare alla macchina elettrica, che nel 2012-2013 era solo nei piani industriali di pochi, come Tesla, ed ora è un segmento molto molto importante di tutte le grandi case automobilistiche. 
Lei ha fatto cenno all’idrogeno, ma ancora non è una tecnologia matura, forse raggiungerà la maturità nel prossimo decennio: siamo in corsa e speriamo che questo avvenga perché siamo convinti che se vogliamo avere un mondo migliore dovremo cambiare molto nel nostro agire, rivedendo le logiche del passato, mettendole in discussione e cercando di portare innovazione in un mondo che sta cambiando e cambierà in maniera molto rapida.
Basti guardare alla comunicazione: sulla piattaforma Zoom oggi avvengono le più grandi transazioni al mondo: se qualcuno lo avesse detto dieci anni fa lo avrebbero preso per matto, oggi è una realtà ineluttabile. Un esempio banale? Oggi per andare negli Stati Uniti da non cittadino americano bisogna fare la domanda 90 giorni prima: questo è il mondo a rilento di oggi, siamo passati dall’ebbrezza e dalla follia alla restrizione più cautelativa che si poteva immaginare».

Un’ultima domanda, rispetto alla gestione della crisi da parte del Governo e delle Amministrazioni Locali: ho visto che ad esempio in Francia, stanno fortemente sostenendo le aziende del vostro settore con 15 miliardi di contributi. Da noi come va?
«Siamo ancora in attesa di una risposta dalle Istituzioni, perché in realtà non è stato fatto niente. Per comprendere: negli Stati Uniti hanno lanciato un piano di sostegno per le piccole e medie imprese e per gli ospedali di 484 miliardi di dollari, il Paycheck Protection Program (PPP). Lo stanziamento è stato fatto il 24 aprile, noi abbiamo predisposto l’applicativo il 25 aprile ed i soldi sono arrivati il 5 maggio». 

Da noi leggevo che almeno gli investimenti nell’innovazione sostenuti all’estero dovrebbero poter essere recuperati…
«Guardi, tutte queste belle cose le sento però… tutti parlano di sostegni, sostegni, sostegni ma ancora non ne è arrivato uno… io sono una persona molto pratica e tutto questo lo sento molto lontano».

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