
#SCUOLA
Di: Maria Paola Sebastiani, Dirigente Scolastico del Liceo Scientifico Artistico Sportivo G.Marconi
In foto: il Liceo Scientifico
Come stanno gli adolescenti ai tempi del Covid?
Non è possibile generalizzare e le situazioni sono molto differenziate, però si colgono alcuni segnali che non vanno sottovalutati. I ragazzi e le ragazze hanno sempre risorse incredibili, legate alle splendide energie della gioventù e del loro essere in divenire. In molti casi però stanno soffrendo per la protratta situazione di chiusura, sospensione, attesa che i provvedimenti restrittivi e la paura che aleggia nell’aria stanno determinando.
Lavoro nella scuola e sono in contatto con tanti ragazzi, sebbene ciò avvenga da un osservatorio comunque parziale , quello di un liceo di una città di medie dimensioni nel centro-Italia. Alla nostra attenzione di educatori giungono sempre più spesso segnalazioni di problematiche quali: ansia da isolamento, basso tono dell’umore, relazioni sociali ridotte, contatti solo virtuali, stanchezza psico-fisica, disturbi del sonno, senso di sfiducia. Ed anche attacchi di panico, autolesionismo, depressione, dipendenza da videogames. Tanti casi, tante situazioni dolorose, che vengono raccontate ai professori, a me che sono la Preside , alle psicologhe del liceo.
Le ragazze e i ragazzi non fanno più sport da quando sono state chiuse palestre, piscine, campi di calcetto, piste da sci. Solo qualche camminata a piedi, con le cuffiette e la musica nelle orecchie, o in bicicletta con lo sguardo un po’ smarrito. Non escono con gli amici: niente aperitivo, pizza, ritrovo a vedere la partita in TV. Non vanno a scuola: negli ultimi 365 giorni (a cavallo di due anni scolastici) gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado hanno frequentato si e no due mesi in presenza. Ci si alza la mattina e si è pronti in un attimo, anche senza vestirsi del tutto: basta sistemare “il pezzo sopra” e accendere il computer. Ci si ritrova in piattaforma, puntualmente tutte le mattine e con un click e si fa lezione, con la guida attenta di professori che si sono dovuti attrezzare,evolvendo professionalmente. Tante ore davanti al pc e/o allo smatphone con la didattica a distanza, in una dimensione inedita e parziale di scuola.
E’ una vita anomala, alla quale tutti, anche noi adulti, ci adattiamo esercitando autocontrollo e responsabilità, ma patendo per la mancanza di prospettive, per le tensioni dentro casa, per le incertezze in ambito lavorativo, per la preoccupazione di rimanere contagiati, per il dolore della malattia. L’atmosfera è tangibilmente disarmonica e a tratti cupa. Sembra di essere dentro un film di fantascienza distopica. Ed invece è il presente. Ed è tutto vero.
Tenere i nervi saldi non è facilissimo: ci vuole impegno quotidiano e grande solidità, conquistata in anni di introspezione, esperienze, relazioni, metacognizione emotiva. E’ difficile per noi adulti, figuriamoci per i più giovani! Per loro, in fase di transizione verso l’ identità adulta, il percorso è molto difficile.
L’adolescenza è una fase di rilevanti cambiamenti fisici, emotivi, psicologici; implica momenti di esplorazione del sé e di esplorazione del mondo esterno , con assetti sempre variabili tipicamente associati a vissuti di instabilità, smarrimento. A questa, che è la situazione standard, si associano le incertezze dell’oggi . Gli adolescenti respirano la negatività e non hanno le giuste occasioni per rielaborare, rimasticare, intessere esperienze. E’ tutto sospeso, cristallizzato, irrigidito, insicuro : relazioni, percorsi, prospettive.
Gli adolescenti di oggi, ben descritti dalla psicologia contemporanea, sono fragili e spavaldi. Dietro alla superficie di sicurezza, dietro a scelte anche trasgressive e antisistema, dietro all’apparente noncuranza/indifferenza si cela un io fragile e delicato. Questo tratto generazionale ha molto pesato nell’impatto con la fase pandemica, che ha slatentizzato ed enfatizzato qualcosa di già presente.
La mancanza della scuola in presenza sicuramente è stato ed è un elemento molto significativo e penalizzante . La didattica a distanza ( DAD) sta funzionando sul piano “istruttivo” ed è stata un formidabile strumento per far proseguire le lezioni, senza interrompere il percorso di insegnamento- apprendimento. Con tutti i sui limiti intrinseci ed ineliminabili , la DAD ha fatto la sua parte. Tutta la scuola ha fatto la sua parte e sta continuando, senza arrendersi , grazie all’impegno notevole di tanti insegnanti e dirigenti scolastici.
La DAD può essere associata, per gli alunni, a vissuti di solitudine e inadeguatezza relativi allo studio, alle interrogazioni, alla sensazione di non sentirsi integrati nel gruppo. Certe sensazioni possono, alla lunga, influenzare il senso di autostima e di autoefficacia . I ragazzi possono sperimentare difficoltà di attenzione e concentrazione e subire cali di rendimento con perdita di desiderio di impegnarsi; o al contrario attivare comportamenti di iper-controllo e di iper-studio. I più deboli possono “perdersi” scolasticamente, andando incontro all’insuccesso .
Con le sue luci ed ombre questa versione della scuola, con le piattaforme digitali, sta sfidando la tempesta della pandemia, ed è comunque fondamentale.
La vita a scuola, in presenza, è però tutta un’altra cosa. La scuola non è solo la lezione del professore, è molto di più. Le chiacchiere a ricreazione , incontrare gli amici, guardare quella ragazza con la frangia che ti fa già impazzire, sbirciare dalla finestra quel bel tipo della 4C che arriva in bicicletta sempre last minute , trafelato al suono della campana , fumare di nascosto una sigaretta sul retro della scuola, scambiarsi gli appunti , prendere accordi per il pomeriggio in centro, sfidare nel grande mach quelli della mitica 3C al torneo di calcetto, commentare con le amiche gli sviluppi della serie preferita, dibattere di sostenibilità e vacanze al mare , equilibri politici e nuovi modelli di jeans, libertà di espressione e pene d’amore… La scuola in presenza è parlare, toccarsi, darsi una pacca sulla spalla, stringersi un po’, innamorarsi , andare insieme in pizzeria, ridere per ogni sciocchezza, soffrire e piangere sulla classica spalla dell’amica fidata . La scuola in presenza è il professore che ti guarda negli occhi e ti sorride, incoraggiandoti; è l’adulto autorevole che ti sta accanto con il compito di monitorare , regolare e orientare i comportamenti.
Manca il contatto umano, reale, fisico, della vicinanza.
Probabilmente dovremo resistere in queste condizioni di cattività ancora a lungo; andare avanti con il coraggio che abbiamo; farci tutti forza. Essere solidi -nella nostra di fragilità- anche per sostenere i nostri ragazzi, i nostri allievi , i nostri figli.
E credere nella relazione : io, tu, noi , il sentiero dei pronomi intrecciati.

In foto: M. P. Sebastiani