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Di: Lorenzo Capoccia
In foto: Palazzo Brunetti Candiotti in una cartolina d’epoca di Rinaldo Laurentini
Continua con questo intervento la rilettura della “Guida illustrata di Foligno” di Michele Faloci Pulignani (1909)
Proseguendo il viaggio alla riscoperta dei bei luoghi che il nostro territorio ospita, l’itinerario, partito da Piazza della Repubblica nello scorso numero, non può che proseguire ancora all’interno delle mura urbiche del centro storico di Foligno. Uno scrigno impolverato e trascurato spesso non considerato, ma che in realtà contiene gioielli di rara fattezza dall’identità artistica consolidata, che sono parte integrante del tessuto cittadino sia dal punto di vista architettonico e artistico sia da quello storico-civico.
L’edificio in questione sorge vicino all’Auditorium San Domenico, in Largo Frezzi e rappresenta uno dei più importanti complessi architettonici privati della città. Palazzo Candiotti-Brunetti fu edificato tra 1780 e 1797 ad opera dell’architetto folignate Filippo Neri, su commissione della ricca famiglia nobile Brunetti. La proprietà passò in seguito alla famiglia Candiotti nel 1819 ed infine ai Regazzoni per poi andare definitivamente in mano al comune di Foligno nel primo dopoguerra.
Anche questa costruzione si prefigura come un altro splendido esempio di ristrutturazione e riutilizzo di ambienti preesistenti, una tradizione che sembra accompagnare nei secoli la storia architettonica degli edifici della città sin dal primo esempio di cui siamo a conoscenza, Palazzo Trinci, alla fine del XIV secolo.
In particolare Palazzo Brunetti Candiotti è il frutto di un profondo restauro di locali medievali e rinascimentali di cui restano solamente ambienti terranei e alcune iscrizioni poste sugli architravi di due porte lungo l’attuale ingresso, riferibili al XVI secolo.
Il complesso architettonico è sviluppato su tre piani e un sottotetto presentando un assetto decorativo molto complesso. Esternamente infatti l’estetica risponde ai canoni stagnanti che si identificano con il termine Classicismo o Neoclassicismo, ossia un atteggiamento artistico che si ispira ad ideali di chiarezza ed equilibrio, in una parola: Antichità. Mentre nel resto d’Europa le conseguenze della Rivoluzione Industriale investono ogni ambito umano e i nuovi materiali (ghisa, ferro) sono oggetto di moderne sperimentazioni tecnico-artistiche, in Italia permane ancora uno stantio impiego di questi canoni classici che prevedono la ferma opposizione al dinamismo tardo-Barocco e allo stesso Rococò. Un distacco netto tra uno stile e l’altro non si può certo individuare e qui e là sono presenti elementi di natura eclettica appartenenti a più dettami estetici, ma a dettare legge è la nascente ricerca archeologica, le cui scoperte permettono ai caratteri di matrice romana e greca di penetrare gli stili contemporanei. Lo stupendo triplice portico-loggiato prospiciente il cortile interno al palazzo (in precedenza non finestrato) costituisce un esempio emblematico di queste “neo-tendenze” rigorose, ma comunque rivoluzionarie, in cui le parole d’ordine sono semplicità e buone proporzioni, volumi pieni, ma alleggeriti. Nella corte interna, oltre i cancelli trovava spazio un ordinato e rigoglioso giardino all’italiana di tradizione settecentesca, la cui secolare quercia centrale è recentemente caduta per il maltempo.
L’interno invece si presenta completamente affrescato e decorato, sia per quanto riguarda le superfici verticali che per quelle orizzontali. Il massimo sviluppo decorativo si riscontra nel piano nobile ovviamente, in cui tutti e nove gli ambienti presentano delle tempere a muro e anche degli olii su tela recentemente restaurati. Principalmente dei trompe l’oeil, delle illusioni decorative che sfondano idealmente l’architettura, in cui si raffigurano volte, cupole, finestre o paesaggi con artifici tecnici, facendole apparire realisticamente appartenenti all’architettura originale. Sono presenti comunque anche mosaici a fondo dorato e pitture con diversi soggetti come trofei d’armi, strumenti musicali, nonché temi biblici e mitologici. Secondo lo storico dell’arte Vittorio Casale non esisterebbero delle fonti plausibili che trattino delle pitture del palazzo e un suo recente studio riconosce in Tommaso Bottazzi e Francesco Pizzoni rispettivamente gli autori delle pitture a muro e delle tele.
Sarà interessante notare tuttavia che già nel 1904, mons. Faloci Pulignani riconobbe nel Bottazzi uno dei plausibili autori delle pitture, contrariamente a quanto affermato da Casale che non attesta alcuna fonte agli affreschi. Ciò dimostra, ancora una volta, l’attendibilità degli scritti e l’acutezza dell’operato del Pulignani, che nella sua Guida di Foligno certifica anche la presenza, all’interno del palazzo, di un affresco cinquecentesco di Feliciano de’ Muti, distaccato da una vecchia cappellina demolita nel 1887 presso San Giovanni Profiamma, nonché di due busti di donna in marmo, opere addirittura attribuite al Canova, delle quali però non si hanno più apparentemente notizie, ma di cui si dispone di documentazione fotografica.
Nel portico terreno sono ancora ben visibili delle targhe epigrafi che celebrano i grandi avvenimenti avvenuti all’interno del palazzo tra cui la firma dell’armistizio tra Murat e il rappresentante del Regno di Napoli nel 1801 nonché il soggiorno di re Umberto I nel 1882.
Gli ambienti interni del palazzo sono raramente utilizzati per convegni, mostre e concerti, purtroppo spesso ridotti a “location perfetta” per banchetti e catering di vario tipo. I piani nobili attualmente ospitano la sede e la segreteria dell’Ente Giostra della Quintana di Foligno e anche un tentativo di “museo” della Quintana. I locali al pian terreno invece ospitano stanzoni per utilizzi vari e le sale della Taverna del Rione Ammanniti.
Fonti: Faloci Pulignani, Michele, GUIDA ILLUSTRATA DI FOLIGNO E DINTORNI, Campitelli, Foligno, 1909. – AA. VV., Atlante di Architettura, HOEPLI, Milano, 2015. – http://www.exup.it/restauration/palazzo-candiotti