
#SCUOLA #ASCUOLADIUGUAGLIANZA
Di Sonia Felici
Il mondo della scuola può essere visto come un libro composto di tante pagine, ognuna indispensabile per arrivare alla fine del racconto: la crescita di un bambino. Tra i tanti aspetti del complesso lavoro dell’insegnante, quello della valutazione è senza dubbio uno dei più complicati, controversi e spinosi. E come ogni opera che ha bisogno di rivedere svariate volte la bozza per arrivare alla stesura migliore, anche questo aspetto della scuola ha subìto e continua a subire revisioni e trasformazioni. Sarebbe troppo lungo avviare una discussione ampia ed esaustiva sulla valutazione nella Scuola Primaria, ma possiamo provare a fare qualche breve riflessione. A noi insegnanti viene chiesto di misurare gli apprendimenti e le capacità dei bambini esprimendo un giudizio, o peggio ancora, un numero. Se dovessimo spiegare in pochissime parole in cosa consiste l’atto del valutare nella Scuola Primaria, potremmo provare a riassumerlo così: ci sono tre momenti fondamentali nel valutare; una valutazione in ingresso, una in itinere o formativa, ed una finale o sommativa. La prima ci deve far riconoscere tutto ciò che il bambino porta con sé nel momento dell’ingresso a scuola per individuare il livello di partenza e programmare il lavoro da fare, la seconda deve dare indicazioni all’allievo sul suo livello di preparazione e, all’insegnante, informazioni sull’efficacia della sua azione didattica. Dovrebbe consentire quindi di adeguare la programmazione, progettare azioni di recupero, modificare tempi e modalità degli interventi. Una valutazione realmente formativa ha lo scopo di contribuire ad una formazione globale della persona, attraverso compiti assegnati che siano realmente significativi. La valutazione finale è sintetizzata in un voto, o giudizio conclusivo, e dovrebbe consentire, alla fine di un quadrimestre o di un anno scolastico, di fare un bilancio complessivo delle conoscenze e abilità acquisite dai bambini. Tutto ciò avviene somministrando prove di verifica, progettando unità di apprendimento, compiti di realtà, etc. etc.
Nel tempo ci è stato chiesto di valutare per obiettivi disciplinari e trasversali, poi di individuare e misurare le competenze. Un processo estremamente complesso che rischia di farci perdere, spesso, il centro del nostro lavoro che è quello di conoscere veramente il bambino, aiutarlo nella sua crescita personale e sociale, nello sviluppo della sua personalità. In fin dei conti, cosa dovremmo fare, noi maestre e maestri di Scuola Primaria, se non sostenere, orientare ed osservare efficacemente? I nostri alunni sono tutt’uno con le loro storie. Sono fatti di mani, cinque sensi, emozioni e vissuti quotidiani continuamente in costruzione. L’apprendimento è una scoperta continua, un costruire piano piano fondamenta solide e sicure per sorreggere il futuro. E come si fa a misurare tutto ciò, a giudicare un mondo così meravigliosamente complicato ed in evoluzione?
Se ci addentriamo per un attimo nella legislazione scolastica, vediamo che negli ultimi quaranta anni, sono state tante le riforme che hanno toccato questo tema così delicato. Partiamo dalla “rivoluzionaria” legge 517 del 1977, che abolisce la votazione numerica nella scuola elementare sostituendola con giudizi descrittivi sul percorso formativo degli alunni. Andando avanti negli anni si assiste ad una inversione di tendenza. Siamo passati al voto sotto forma di lettera (1993), poi di nuovo ai giudizi (1996), poi ad un recupero del voto numerico nel 2008, fino ad arrivare all’ultima riforma, quella del Dicembre 2020.
All’interno di questi provvedimenti legislativi ci siamo noi insegnanti, che ogni volta dobbiamo studiare nuovi documenti, modificare le nostre programmazioni con una terminologia nuova, che però spesso non ha niente di nuovo a livello semantico, continuare a scrivere e riscrivere documenti: una scheda di valutazione, un portfolio, una certificazione delle competenze etc. Un mare magnum di circolari e burocrazia dentro il quale districarsi. Tutto questo per cercare di giungere sempre alla stessa conclusione: provare a conoscere in maniera reale ed approfondita un bambino. Compito arduo e delicato.
Nel difficile percorso di diventare una scuola di tutti in cui ciascuno può e deve trovare il proprio posto, è sembrato necessario, pur in un momento così complicato, mettere ancora una volta in discussione il sistema di valutazione basato sul voto numerico per la Scuola Primaria. I giudizi descrittivi sostituiranno i voti numerici nell’impianto della valutazione periodica e finale per ogni disciplina. Questo non può che renderci soddisfatti, naturalmente. Forse potremmo dire che finalmente il Ministero ha recepito il lavoro di anni di buone pratiche ed esperienze di tante realtà virtuose, come il Movimento di Cooperazione Educativa, che aveva dato vita anche alla raccolta firme: “io non sono un voto”, all’esperienza delle “scuole senza zaino”, o a sistemi scolastici europei come quello finlandese, dove fino a 12 anni non ci sono voti.
Elisabetta Nigris, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione Primaria all’Università Bicocca di Milano, e coordinatrice del gruppo di lavoro ministeriale che ha scritto le nuove linee guida, in un’intervista ha detto che “ …si passa ad un sistema di valutazione di tipo formativo che accompagna il percorso degli apprendimenti e identifica le potenzialità, e non le lacune per poi sanzionarle. La nuova pagella sarà dalla parte dei bambini…” . Parole che non possono che rasserenarci ed entusiasmarci, anche se, da parte nostra, noi maestre e maestri abbiamo sempre cercato, nel momento della valutazione, di guardare al bambino nella sua interezza, prendendo in considerazione ogni singolo aspetto del percorso fatto, non certamente basandoci su un numero che a noi è sempre sembrato estraneo, semplicistico e poco rappresentativo.
Una novità, o un ritorno al passato quindi? Sicuramente un cambiamento, l’ennesimo, che pur lasciandoci soddisfatti per la direzione in cui stiamo andando, ci preoccupa, innanzitutto per i tempi stretti e, poi, per le indicazioni vaghe che finora abbiamo a disposizione. Ci è stato chiesto di riformulare il nostro sistema di progettazione e valutazione a metà di un anno che definire incredibile sarebbe poco. Come sempre, ci siamo rimboccati le maniche, e non ci siamo tirati indietro. Siamo all’inizio ed accogliamo i cambiamenti con un po’ di timore forse, ma con la speranza che si stia provando a costruire la scuola migliore per tutti i nostri bambini.
In cosa consiste, dunque, questa nuova valutazione? Innanzitutto sarà necessario individuare per ogni disciplina degli obiettivi misurabili, nel senso che devono riferirsi ad apprendimenti osservabili. Questi andranno già definiti nella progettazione annuale, non dovranno essere ambigui e dovranno essere coerenti con i traguardi di sviluppo delle competenze. In che modo li valuteremo? Forse la parola chiave di tutto questo processo potrebbe essere: osservazione. Osservando il bambino in tutti i contesti scolastici. Non solo sottoponendolo a varie prove di verifica: scritte, orali, pratiche, compiti di realtà o lavori di gruppo, ma cercando di considerare l’intero processo di apprendimento. Dobbiamo guardare con occhi più attenti e critici. Ogni occasione può e deve diventare momento di valutazione. Un gioco in cortile, una discussione, un disegno. Tutto questo nell’ottica di un insegnante che sia un facilitatore, una guida, e di un bambino sempre più autonomo e capace di saper fare, di una scuola-laboratorio, finalmente lontana dalla classica lezione frontale e dal nozionismo. Per elaborare il giudizio descrittivo che sarà riportato nel documento di valutazione, sono stati individuati dal Ministero quattro differenti livelli di apprendimento ed i relativi descrittori: avanzato, intermedio, base e in via di prima acquisizione. Non dovremmo cadere nell’errore di far corrispondere un livello ad un voto, o ad un giudizio, ma, soprattutto all’inizio, questo non sarà immediato. Essendo in una prima fase di applicazione della normativa, che ci ha colto abbastanza di sorpresa nel Dicembre 2020, tutte le istituzioni scolastiche sono state coinvolte in iniziative di formazione, che hanno poi portato a momenti di riflessione, discussione e confronto nelle singole scuole. Le linee guida del Ministero forniscono un orientamento iniziale, che proseguirà nei prossimi due anni. Starà poi ad ogni singola scuola, nella sua autonomia, trovare una propria strada, che sia coerente con la nuova valutazione di tipo descrittivo, in modo da collegare il momento della valutazione con quello della progettazione didattica.
Ci riusciremo? Il compito è complesso, presuppone cambiare il punto di vista, uscire dalla comfort zone, abbandonare un sistema consolidato ma forse poco funzionale ed obsoleto. Questo nuovo modo di valutare richiederà uno sforzo maggiore, considerando soprattutto il numero di bambini spesso elevato per ogni classe, ma credo che se riusciremo a cambiare piano piano il nostro approccio, potremmo realmente dare vita ad un cambiamento significativo.