
#chiarrivaechiparte
Di Fausto Gentili
In foto: Tavolo Relatori 4 Ottobre
Non si può dire che abbiano girato intorno al problema, gli amici della Casa dei popoli che lo scorso 4 ottobre hanno riunito una cinquantina di cittadini, rigorosamente distanziati e protetti, nella Sala rossa di Palazzo Trinci.
Se il tema dell’incontro, convocato in vista della Marcia della pace di domenica 10 ottobre, poteva forse sembrare generico (“In cammino per la pace”), già il manifesto – come è stato notato nel corso della discussione- poneva delle domande. Di chi sono quelle ombre in marcia, e dove sono dirette ? si tratta delle nostre ombre di habitué della Perugia-Assisi, oppure dei profili anonimi dei milioni di persone in cammino verso una vita drammaticamente incerta e comunque migliore della tragedia che li sospinge via dalle loro radici ? o di qualcosa di ancora più grande ed inquietante, un’umanità disorientata e tuttavia solidale che nessuno, salvo forse le parole al vento di papa Francesco, appare capace di interpretare ?
Di persone in cammino parlavano le testimonianze che si sono succedute nella prima parte dell’incontro: Lamin Conteh, gambiano ormai folignate ma tuttora indisponibile ad accantonare il progetto di tornare un giorno a casa sua, a rifondare la scuola che ha lasciato quando è dovuto fuggire, attraverso Guinea Bissau, Senegal, Mali e Mauritania, sino ad approdare a Foligno,. dove si è sposato e fa ora il mediatore culturale per la Caritas. Kateryna Ketsman, ucraina, attuale portavoce della Casa dei popoli, che si dice fortunata perché qui in Italia c’era già sua madre, ed ha così potuto saltare i momenti più difficili dell’odissea migratoria. O Mubashar Sha, che viene dal Pakistan (un Paese dolorante, che conosce contemporaneamente le due facce delle migrazioni, con masse di profughi che arrivano dal vicino Afghanistan mentre milioni di Pakistani se ne vanno in cerca di una vita migliore) ed a Spoleto ha trovato accoglienza, lavoro, amore, famiglia dopo aver attraversato l’Iran, la Turchia, la Grecia e il Sud d’Italia e aver conosciuto tutte le paure del mondo.
E’ però intorno alle testimonianze dall’Afghanistan che si è concentrata la discussione, coordinata da Francesca Gianformaggio dello SPI-CGIL. L’intervento di Shadikah Qalawal, afghano attualmente esule a Monaco, mediatore culturale che in Afghanistan ha a lungo collaborato con Emergency, e quello di Livia Trigona, che per conto di Omnes-Oltre i confini gestisce una scuola “privata” per circa 30 bambine orfane di guerra, sono andati oltre il racconto delle loro esperienze, ed hanno posto il problema nella sua brutale e contraddittoria semplicità. Siete venuti in Afghanistan a fare la guerra, l’avete persa e ve ne siete andati. Ed ora, che cosa pensate di fare ? una parte dei nostri problemi li avete portati voi, pensate ora di cavarvela con le parole della propaganda o siete disposti a fare qualcosa ?
Domanda dura e difficile, perché “fare qualcosa” si potrà solo con il consenso del nuovo regime degli studenti coranici, e dunque sarà necessario parlare con loro, trattare, trovare accordi che, caso per caso, aprano la strada alle iniziative umanitarie. E dunque, inevitabilmente, correre il rischio di vedere distorti i propri progetti e manipolate le proprie intenzioni ad opera di un regime autoritario, misogino ed oscurantista. Il tutto senza che una qualche decente autorità internazionale (le Nazioni Unite, l’Unione europea, meno che mai la Nato) abbia l’autorevolezza, e forse nemmeno la volontà politica, di gestire una trattativa che avrebbe invece bisogno di testa e di cuore, oltre che di un respiro – economico, logistico, politico – proporzionato al folle dispiegamento di forze che ha accompagnato la guerra e alla dimensione della tragedia che si sta consumando sotto i nostri occhi.
Eppure qualche spiraglio appare tuttora aperto, e non solo per quanto riguarda le famiglie afghane ospitate a Foligno ed affidate alla Caritas: è vero che il grosso delle Organizzazioni non governative ha dovuto lasciare l’Afghanistan, ma qualcuno (la Croce Rossa Internazionale, Emergency, Medici senza frontiere) è ancora lì, e sembra aver creato le condizioni per continuare ad operare. Sostenere il loro impegno sarebbe già “fare qualcosa”.
Un’opportunità del genere, peraltro, era già emersa dalla testimonianza di Livia Trigona: la nostra scuola, ha detto, si trova a Lashkar Gah, in una zona che già negli scorsi anni era formalmente sotto l’autorità del governo ufficiale, ma in realtà era controllata dai Talebani. Per metterla in piedi nel 2018 abbiamo dovuto ottenere il permesso degli uni e degli altri, e ce l’abbiamo fatta: avevamo due maestre e una trentina di bambine, poi sono cominciati ad arrivare anche ragazzi che per una ragione o per l’altra non potevano frequentare la scuola pubblica. Chi dice che, anche nella situazione che si è venuta a creare, non si possa continuare a rendersi utili ?

In foto: Locandina Evento 4 Ottobre
Lo specchio e il periscopio
Costituita all’inizio del secolo sulla scia della mobilitazione altermondialista che accompagnò il Social Forum di Genova, attiva nell’opposizione alle guerre di George W. Bush e dei “volonterosi” in Iraq e in Afghanistan, animata quasi esclusivamente da donne, con qualche isolata e benemerita collaborazione maschile, l’Associazione Casa dei popoli organizza da vent’anni, con ammirevole tenacia, incontri, conferenze, manifestazioni culturali, cene interetniche, corsi gratuiti di lingua, assistenza legale e varie forme di sostegno attivo alle persone immigrate nella nostra città. La rassegna cinematografica Martedì al cinema, a cura di Roberto Lazzerini, è giunta ormai alla ventesima edizione ed ha messo a disposizione dei cittadini almeno 500 film, gran parte dei quali non sarebbero mai arrivati fin qui attraverso la ordinaria distribuzione cinematografica.
Con le sue molteplici attività la Casa dei popoli è per Foligno il periscopio che ci consente di alzare lo sguardo oltre le acque stagnanti della vita di provincia e farci un’idea di tutto quello che c’è “fuori”, la vita multicolore che scorre sulla superficie del pianeta, le mille facce della comune umanità. Al tempo stesso è lo specchio in cui la comunità cittadina, e tutti noi che la abitiamo, possiamo guardare per riconoscere noi stessi, il nostro modo di stare al mondo, di condividere o non condividere il tempo magnifico e terribile in cui ci è capitato di vivere.