Storia e Memoria

Museo del Campo di Colfiorito: ci siamo

Museo del Campo e Officina della Memoria: considerazioni, presente e futuro nell'intervista a Rita Zampolini a cura di Alessandro Sorrentino.


#storiaememoria
Intervista a Rita Zampolini
A cura di Alessandro Sorrentino
In foto: Progetto del Museo del Campo

Le cose per il Museo del Campo di Colfiorito, fino a poco tempo fa, erano ferme al novembre 2019, quando il Gal Valle Umbria e Sibilini aveva comunicato la volontà di finanziare l’intero importo di 96.860 euro necessario per la sua realizzazione. «Il Museo, se c’è ancora la volontà politica, si può fare», così Fausto Gentili chiudeva il suo articolo riassuntivo sulla situazione del Museo e dell’Officina della Memoria, che del progetto del Museo è l’associazione promotrice. Oggi le cose sembrano essersi sbloccate e l’Officina della Memoria, dopo tre anni di stallo, è ripartita con la sua attività, anche grazie all’adeguamento della sua composizione sociale, reso necessario a seguito della modifica della legge sul Terzo Settore, che ha portato all’uscita definitiva della Regione Umbria e all’uscita formalmente annunciata del Comune di Foligno dall’Assemblea dei soci. Fuori i due enti pubblici, dentro due enti privati, ovvero l’Aned (Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti, ndr) nazionale e l’Aned Umbria che si sono andati ad unire alla Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno, al Liceo Classico Federico Frezzi e alla Provincia di Perugia (questi ultimi sono i due soggetti pubblici rimasti all’interno dell’Assemblea). La rinnovata composizione sociale ha fatto sì che ogni socio individuasse un proprio rappresentante da inserire nel Consiglio di Amministrazione composto da Rossella Neri, drigente del Liceo Classicco Frezzi, Rita Zampolini, Andrea Schoen, Ambra Laurenzi e Giovanna Carnevali.  Tra queste persone è stata scelta come nuova presidente dell’Officina della Memoria Rita Zampolini, già assessora alle Pari Opportunità e all’Istruzione del Comune di Foligno, della quale Sedicigiugno ospita un’intervista.

Rita, quali saranno i prossimi passi per l’Officina? Immagino che l’attenzione principale del primo anno di presidenza sarà rivolta alla realizzazione del Museo del Campo di Colfiorito…

«L’Officina rinasce in una logica di continuità rispetto alla sua missione originaria e con l’intenzione di avere una vita ancora lunga e piena. La realizzazione del Museo di Colfiorito è l’obiettivo principale, soprattutto perché si tratta di un progetto pensato da molti anni e sul quale in molti abbiamo lavorato, anche in vesti diverse da quelle che ricopriamo al momento. L’idea nacque da una collaborazione tra l’Officina della Memoria e l’Isuc (Istituto della Storia dell’Umbria Contemporanea, ndr) e fu fortemente voluto dall’Aned Umbria e sostenuto dall’Amministrazione comunale di allora e approvato in attesa del finanziamento. Fu coinvolta, insomma, una molteplicità di soggetti e anche per questo era importante non far cadere l’opportunità offerta dalla realizzazione del Museo. In questo sta la chiave per capire l’impegno diretto che si è assunto l’Aned, sia umbra che nazionale. La partecipazione di un’associazione così importante e così vicina ai temi che tocca lo stesso Museo è la dimostrazione della rilevanza dell’Officina della Memoria non solo a livello cittadino, regionale ma, con la dovuta modestia, anche nazionale nel tenere viva la rete della memoria, appunto, a partire da una vicenda tra le più tragiche che il nostro paese ha vissuto nel XX secolo come la deportazione. Quindi il Museo è sicuramente l’obiettivo primario, al quale lavoreremo insieme al Consiglio d’Amministrazione e all’Assemblea. In questo momento stiamo riprendendo i fili, fili che non sono dispersi ma ben saldi e solidi, nel segno di quell’eredità che abbiamo raccolto e che mi vede coinvolta in prima persona in quanto Presidente. Un’eredità enorme che ha visto coinvolti sia nella Presidenza, sia nel Comitato Scientifico tante delle personalità più illustri della nostra città. Il termine ,che ci è imposto dai tempi, e al quale guardiamo anche a prescindere dalla possibilità di poter usufruire del contributo concesso dal progetto è il 2022 con la volontà di poter aprire e terminare la fase di realizzazione il prima possibile. 
Dopodiché, una volta avviato, la sfida successiva sarà quella di tenere il museo aperto per cinque anni. Su questo versante abbiamo buone prospettive, grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio, alla quale dobbiamo riconoscere un ruolo importante, non solo perché l’Officina nasce da un’idea della Fondazione ma perché anche in questo passaggio ci ha creduto, ancora una volta, investendo molto in questa nuova fase, pertanto il suo supporto è fondamentale garanzia di prospettiva per tutti noi. Stiamo inoltre attendendo la conferma di un impegno del Comune di Foligno che, pur avendo annunciato l’uscita dai soci dell’Officina, ha comunque dichiarato di voler sostenere con un contributo la nostra attività. Questo, senza dubbio, ci aiuterà. Il Museo avrà la sua collocazione in una delle casermette ristrutturate ormai da molti anni, precisamente nella parte finale della struttura che ospita la sede del Parco di Colfiorito. Quindi, il progetto fu pensato nella logica di un’armonia con il Parco di Colfiorito e in una prospettiva di gestione dell’apertura, della chiusura, della fruibilità del Museo della Memoria in comune con quella del Museo del Parco. Il progetto fu inoltre pensato per essere visitato dalle scuole o da gruppi di persone, turisti e non, con una guida, ma anche singolarmente, sfruttando quelli che già allora si intravedevano come strumenti multimediali efficaci. Il fatto di potervi accedere con degli orari di apertura ampi e continuati, sicuramente avrebbe permesso una maggiore e più fruibile accessibilità del museo. Chiaramente, per come stanno le cose al momento, ci faremo carico delle aperture e chiusure del Museo nei giorni della settimana nei quali sappiamo che le persone frequentano maggiormente quelle zone, il progetto permette un’apertura ridotta e non quotidiana del luogo, cercheremo di garantire comunque tutte le esigenze, compatibilmente con le risorse di cui disponiamo».



Il Campo di Colfiorito viene ricordato principalmente per aver detenuto prigionieri slavi, ma lì furono anche trattenuti dei prigionieri politici, per un breve periodo anche il padre del Presidente nazionale dell’Aned Italo Venegoni, quanto è importante a distanza di 80 anni dalla Seconda guerra mondiale preservare due valori importanti come la memoria e l’antifascismo e quindi quanto è necessaria l’esistenza e la sopravvivenza dell’Officina della Memoria?

«L’Officina della Memoria opera per ricordare e attualizzare allo stesso tempo la memoria. Le iniziative che, sin dal 2004, l’Officina ha organizzato hanno sempre mirato al recupero di momenti storici della città dall’Unità d’Italia, passando per la Prima guerra mondiale, la lotta antifascista, la guerra di liberazione, fino ad arrivare anche a tempi più recenti, basti pensare alle pubblicazioni sulle Grandi Officine, sull’Ex Salvati, alla straordinaria mostra Oltre il muro che segnava l’anniversario della Legge Basaglia attraverso un reportage fotografico e che poteva contare su un materiale messo a disposizione da Massimo Stefanetti che ha riportato in città il ricordo dell’ex manicomio, una memoria che fino a quel momento era stata messo da parte. L’Officina ha svolto quindi un ruolo importantissimo nel tema del recupero della memoria, perciò oltre l’impegno sul Museo l’intento è quello di continuare lungo la strada che è stata tracciata in questi anni, tornando a lavorare in maniera più ampia, innanzitutto con le scuole ma, più in generale, con la città, e questo è un sentire comune non solo mio di Presidente ma anche del Consiglio di Amministrazione. Una città senza memoria è una città che non è consapevole delle sue radici, di ciò che è stata e della sua stessa forza, di quello che la città è stata in grado di produrre, non solo per se stessa ma anche su un piano più ampio, perché spesso Foligno è stata motore di processi di carattere regionale e nazionale. 

Sull’antifascismo ci terrei particolarmente a ricordare l’immensa opera di di Olga Lucchi, nonché quello di Maria Pizzoni, Lucia Vezzoni e Francesca Gianformaggio. Olga è stata sicuramente la guida e colei che maggiormente e instancabilmente ha lavorato per scovare le memorie di questi deportati anche di fronte ad un atteggiamento tipico di chi ha vissuto queste esperienze, ovvero quello di non voler fare parola o raccontare la vicenda traumatica di cui sono stati protagonisti. Il suo lavoro è stato raccolto nel suo libro Li presero ovunque che già nel titolo evoca questo senso di diffusione che non è una consapevolezza ben insita nella città e che quindi è già di per sé un invito a riflettere sull’indifferenza che a volta non individua la pericolosità di certi fatti. L’opera di Olga, lo spirito della sua opera che anima non solo l’Officina, ma anche l’Aned, è uno stimolo a non abbassare la guardia. L’antifascismo, quindi, inteso come impegno quotidiano e costante per costruire degli anticorpi nella città e nella società per riconoscere il germe che può portare nuovamente a quelle tragedie. Infatti, un altro elemento che Olga ha contribuito a mettere in rilievo è il sistema concentrazionario che allora fu costruito, che era un approccio connaturato con l’ideologia e il regime fascista. Riuscire a dare visibilità all’organizzazione di questo sistema concentrazionario e il fatto che a Colfiorito vi fosse una parte di questo sistema aiuta ad aumentare la consapevolezza circa la mentalità e il sistema fascisti. Senza contare che una riflessione sul sistema concentrazionario oggi è quanto mai importante e, soprattutto attuale, anche per un confronto con i sistemi di prigionia che vengono messi in atto nei campi di raccolta in Libia, nel confine Orientale, nelle isole della Grecia, dove i migranti vengono bloccati e molto spesso torturati o costretti in condizioni di miseria. È quella modalità, quella concezione dell’umanità tragica che noi ancora oggi vogliamo saper riconoscere, quindi sicuramente la realizzazione del Museo del Campo, dove tra l’altro furono trattenuti anche degli italiani, vuole rispondere anche a questa esigenza. In questo mi unisco a Maria Pizzoni, presidente Aned Umbria, la quale ricorda sempre con grande forza la presenza dei prigionieri politici italiani nel campo, invitando a ricordare quanti giovani del territorio e di passaggio, come il padre di Dario Venegoni, sono stati trattenuti a Colfiorito. Senza dimenticare il collegamento del Campo di Fossoli, anticamera della deportazione nei campi di concentramento nazisti. Senza dimenticare, inoltre, i numerosi incontri con la Professoressa Luciana Brunelli organizzati negli anni  in occasione del Giorno della Memoria».

Quanto è importante, in questa fase dedicata principalmente alla realizzazione del Museo ma non solo, poter contare sul sostegno dell’Aned regionale e nazionale? 

«Lo definirei fondamentale, senza nulla togliere agli altri soci a partire dalla Fondazione che ha investito tanto sull’Officina e ne ha di fatto impedito la fine, il Liceo Classico, con la disponibilità immediata, e non scontata, della dirigente Rossella Neri e infine la Provincia. L’Aned ha subito raccolto questo invito, c’è un grande investimento da parte loro sia sul progetto del Museo, sia sull’Officina. Sarà molto importante poter contare sul contributo scientifico e di ricerca che l’Aned può dare, con la possibilità che il Museo di Colfiorito possa diventare parte di percorsi più ampi, nazionali, i percorsi della memoria. Mi auguro anche che possa diventare anche parte di percorsi interni al nostro territorio, noi disponiamo di un’area che va da Trevi a Nocera, passando per Foligno, Raticosa, Rasiglia e Collecroce che già di per sé è un’area che racconta storie della guerra di liberazione e della Resistenza. Ci sono lapidi e monumenti che testimoniano questi avvenimenti e l’Aned per prima, insieme all’Anpi, ha fatto in modo che non si perdesse la memoria dei tanti che hanno perso la vita sulle nostre montagne».

Una volta concluso il Museo, quali saranno i progetti per il futuro dell’Officina?

«Ci siamo appena insediati e non abbiamo ancora fatto un programma sull’attività. Non va dimenticato che deve ancora insediarsi il comitato scientifico, nel quale io mi auguro possano rimanere le energie, le competenze e la passione di chi lo ha animato in tutti questi anni, dei tanti che hanno reso grande l’attività dell’Officina, spero che loro per primi vorranno rinnovare l’impegno. Vanno sicuramente coinvolte altre energie. Ad oggi è ancora presto parlare dei programmi futuri dopo il museo. Sicuramente quella missione dell’Officina di essere un laboratorio in sé e promotore di laboratori nelle scuole e nella città aperti ad un interesse più largo che va oltre Foligno e la nostra Regione ci piacerebbe riuscire a portarla avanti, rilanciandola in corrispondenza di quelle che sono le date del calendario civile della memoria. Tra l’altro abbiamo un archivio enorme, conservato con cura da chi finora la gestito, la mia speranza è che a breve riusciremo a renderlo fruibile a livello multimediale attraverso il nostro sito web che faremo ripartire presto. Sicuramente, quando sarà il momento ne parleremo meglio facendone un’occasione per un’iniziativa e una riflessione. Un materiale enorme, ricchissimo che verrà messo a disposizione di chi vorrà usufruirne, delle scuole, delle comunità e di chi fa ricerca in questo campo. Un patrimonio importante che cercheremo di far rivivere per quello che è stato, cercando di incrementarlo. Tutto questo, però, un passo alla volta. L’Officina non è esente dalle difficoltà che vive tutto il pubblico dopo anni di pochi investimenti in questo tipo di attività. Passo dopo passo cerchiamo di ricostruire una struttura che sia maggiormente in grado di funzionare per fare ciò che desidera per la comunità».

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