Dossier Scuola

Resilienti o resistenti?

"E se diventassimo anche un po'resistenti oltre che resilienti?" Considerazioni e problematiche della scuola di oggi con Sabina Antonelli.

#scuola
A cura di Sabina Antonelli
In foto: i bambini della scuola Montecervino


Costruttori di ponti, saltatori di muri, promotori di cambiamenti, ricercatori instancabili, pensatori critici, testimoni viventi di valori, attori protagonisti del grande teatro del mondo, dove si discute, si dialoga, si cercano punti di incontro per risolvere conflitti, si percorrono strade sempre nuove senza mai lasciare indietro qualcuno, senza recidere radici e legami, con il viso rivolto al domani e le mani aperte ad accogliere, sostenere, accompagnare. 

Negoziatori di significati, membri di comunità, sostenitori dell’economia del cuore, inventori del futuro, reinventori di se stessi, sognatori incalliti, giocatori del gioco della vita, brave persone… resilienti.

Sì, siamo tutto questo noi insegnanti che viviamo la scuola come modo di essere, di esistere. E potrei continuare ancora ma voglio fermarmi sulla parola RESILIENZA.

Il vocabolario scrive così: “è possibile descrivere la resilienza come la capacità umana di affrontare con successo un evento stressante e/o traumatico che suscita sentimenti negativi e provoca sofferenze, ritornando alla condizione precedente l’evento in questione e uscendone rinforzati se non addirittura trasformati.” 

In altre parole, la resilienza può definirsi come la massima capacità di adattamento. Ma siamo sicuri che continuare ad adattarci alla realtà, alle promesse non mantenute, alle difficoltà evidenti, sia la strada giusta da percorrere?

Per spiegarmi meglio vi racconto cosa è accaduto in molte scuole (anche a me personalmente) quando alla fine di aprile è arrivato in direzione il “Piano scuola estate 2021” .

Il mio primo pensiero? “Assolutamente non farò niente di niente. Dopo quello che abbiamo passato quest’anno pensano di farci stare a scuola anche l’estate? No! Questa volta non ci sto!” Poi, invece, tutto il mese di giugno sono stata la mattina a scuola (l’infanzia chiude il 30) e il pomeriggio a preparare laboratori di arte e poesia per 60 bambine e bambini di diverse scuole primarie della nostra città. Un lavoro immane: preparare 60 quaderni di poesia, 180 dadi di cartone con scritte poetiche per giocare con le parole, 100 cartoncini illustrati per permettere ai più piccoli e ai bambini in difficoltà di partecipare anche loro, 10 teli di diversa gradazione di blu, lunghi 6 metri e larghi 80 cm, per fare le onde del mare, 60 barchette di carta, una quantità industriale di immagini che potessero suscitare emozioni e così via….

E come me tante altre e tanti altri insegnanti, esperti esterni, personale ausiliario, dirigenti, personale di segreteria…insomma il mondo della scuola

Tutto questo perché? Perché leggere il “PIANO SCUOLA ESTATE 2021: un ponte per un nuovo inizio” (ne trovate uno stralcio nella prossima pagina) ha alimentato, per la miliardesima volta, quella scintilla che non si spegne mai e sta dentro ad ogni educatore.

Poi è arrivato settembre. La scuola ha riaperto. Alcuni dei ponti che avevamo iniziato a costruire sono rimasti lì, inutilizzabili, forse evaporati con la calura di un’estate rovente. In compenso sono sorte molte domande: come e quanto si potrà dialogare con 27-28 ragazzi e ragazze stipati dentro una classe? Come ascoltare ciò che accade nella loro vita quando l’unico modo di poter “fare lezione” torna ad essere quello frontale dati gli spazi ristretti e il numero dei presenti? Che fine hanno fatto i patti educativi per la formazione quando i comuni non hanno mai aperto un tavolo di incontro e discussione con i rappresentanti delle scuole? Qualcuno sa se il trasporto pubblico sia stato per caso ampliato? E le indicazioni ministeriali che prevedono il distanziamento solo “ove è possibile” non sono, anche qui assolutamente per caso, la conseguenza di un ridimensionamento dell’organico? Qualcuno dei “piani alti” ha valutato la situazione dei bambini e dei ragazzi in difficoltà? Come mai il “personale aggiuntivo”, sia docente che ATA,  è arrivato così in ritardo rispetto l’apertura della scuola? Il “personale covid” per intenderci, e scusate il termine osceno che spersonalizza e cancella l’identità di persone che lo scorso anno hanno fatto, spesso, la differenza all’interno dei plessi. 

Come saranno organizzate le supplenze? Come verranno moltiplicati gli spazi, i luoghi, i tempi, le circostanze di apprendimento, dentro e fuori la scuola? 

Tutte queste domande aspettano risposte certe, tempestive, in linea con indicazioni teoriche che troppo spesso si scontrano con la realtà e che, ogni volta, fanno precipitare “noi resilienti” in una grande amarezza. Perché ci crediamo davvero, ogni volta pensiamo che sia quella giusta per veder finalmente riconosciuti i diritti dei nostri bambini e dei nostri ragazzi. Ogni volta sentiamo quella scintilla diventare fiamma che scalda e illumina e ci rimbocchiamo le maniche, ci tuffiamo nel quotidiano della scuola per renderlo straordinario, pensiamo che le istituzioni ci sosterranno, ci accompagneranno in questo viaggio e ascolteranno le nostre richieste.

Così mi domando: “e se diventassimo anche un po’ resistenti oltre che resilienti?”

La “resistenza” è una proprietà che comporta una ferma opposizione, il coraggio di agire, di mettersi insieme per sperimentare, nell’incontro-scontro tra la teoria che si veste di parole bellissime e condivisibili e la realtà con le sue difficoltà e i suoi problemi, la strada giusta per rendere la scuola migliore. 

Vi presentiamo, nel nuovo numero di ottobre, le interviste realizzate con i Dirigenti Scolastici delle diverse scuole della nostra città per dare voce a chi veramente fa della scuola la sua casa e capire l’importanza di lavorare insieme per costruire una vera e propria comunità educante.

Le interviste ai dirigenti verrano pubblicate nei prossimi giorni.


Dal “PIANO SCUOLA ESTATE 2021”

“…Questo secondo anno scolastico “in pandemia” ha fatto emergere con maggiore chiarezza diffuse privazioni sociali, culturali, economiche. Si sono esacerbate le differenze e l’impatto sugli studenti in termini di apprendimenti e fragilità. Gli effetti più dannosi della crisi economica, conseguenza della pandemia, si stanno riversando sulle fasce sociali più deboli, sulle famiglie a basso reddito, sugli studenti con bisogni educativi speciali, determinando nuove “povertà educative”.

La sfida per la scuola resta la medesima di sempre, eppure enormemente accresciuta dalla crisi di questo tempo: “non lasciare indietro nessuno”, utilizzando tutta la dedizione umana e professionale possibile, così come gli strumenti pedagogici, didattici ed operativi disponibili. 

La scuola, per assolvere questo arduo compito educativo, ha necessità di modalità scolari innovative, di “sguardi plurimi”, di apporti differenziati. Occorre una scuola aperta, dischiusa al mondo esterno. Aprire la scuola significa aprire le classi ai gruppi di apprendimento; aprirsi all’incontro con “altri mondi” del lavoro, delle professioni, del volontariato; come pure aprirsi all’ambiente; radicarsi nel territorio; realizzare esperienze innovative, attività laboratoriali.

Si tratta di moltiplicare gli spazi, i luoghi, i tempi, le circostanze di apprendimento, dentro e fuori la scuola….di rendere disponibili alle scuole risorse economiche e strumenti che consentano di rinforzare e potenziare le competenze disciplinari e relazionali degli studenti, gettando una sorta di “ponte” che introduca al nuovo anno scolastico 2021/2022.

Stante la situazione, le modalità più opportune per realizzare “il ponte formativo” sono quelle che favoriranno la restituzione agli studenti di quello che più è mancato in questo periodo: lo studio di gruppo, il lavoro in comunità, le uscite sul territorio, l’educazione fisica e lo sport, le esperienze accompagnate di esercizio dell’autonomia personale. In altri termini, attività laboratoriali utili al rinforzo e allo sviluppo degli apprendimenti, per classi o gruppi di pari livello. Il tutto nella logica della personalizzazione e in relazione alla valutazione degli apprendimenti desunte dal percorso nell’anno scolastico. Occorre che le attività ideate consentano di restituire, con ampiezza, spazi e tempi di relazione, favorendo il rinforzo delle competenze acquisite in contesti formali, informali e non formali, in linea con l’Obiettivo 4 dell’Agenda 2030.

…Questo non è un anno scolastico come gli altri e i fondi resi disponibili con questo Piano per la progettazione delle scuole sono destinati a sostenere iniziative a favore degli studenti che consentano loro di “ricucire” il nesso fra gli apprendimenti e la propria esistenza, fra lo studio e ciò che è accaduto e continua ad accadere. Una dicotomia fra queste due dimensioni renderebbe inutile lo sforzo della scuola. Tante famiglie sono in lutto, tante persone amate non ci sono più. E tantissime persone hanno perso il lavoro e i loro figli, i nostri allievi, “sentono” le angosce dei propri genitori.
…il suggerimento è quello di dialogare con i ragazzi, scartando modalità standardizzate o schematiche. Mai come in questo caso la personalizzazione dell’insegnamento è fondamentale e questa chiede di conoscerli. Un secondo elemento da considerare è che i ragazzi hanno imparato altre cose, durante questa pandemia, e che per poter costruire un insegnamento efficace occorre sapere quali sono queste altre cose e come possono essere utili per gli apprendimenti formali. L’apprendimento non consegue necessariamente da un insegnamento formale. Per intenderci potremmo utilizzare un famoso verso di John Lennon: “la vita è ciò che ci accade mentre facciamo altro”. Anche molta parte dei nostri apprendimenti avvengono in questo modo. La scuola ha il compito di ricollegare apprendimenti informali (“sparsi” e a volte inconsapevoli) degli alunni, in questo periodo di pandemia, con quelli formali.

…Questo è un tempo non facile per gli esseri umani e per la socialità. Gli studenti, cioè coloro maggiormente in “divenire” nella costruzione di sé, ne risentono particolarmente gli effetti, anche laddove non lo manifestino esplicitamente. Il “fare scuola” è proseguito, nonostante tutto, ma inevitabilmente con difficoltà mutevoli, in spazio e tempo. Occorre dunque di realizzare un “ponte” fra questo anno scolastico in conclusione ed il nuovo che andrà ad aprirsi, per accompagnare anche in questo tempo i nostri studenti. Le ingenti risorse finalizzate dal Ministero dell’Istruzione a questo scopo – oltre mezzo miliardo di euro – sono destinate alle istituzioni scolastiche perché, con determinazioni degli Organi collegiali, siano definiti i piani di intervento più opportuni a favore dei propri studenti, in particolare quelli con preesistenti o sopravvenute difficoltà. Gli interventi – realizzati nel rispetto dei “Piani di emergenza Covid-19” – saranno caratterizzati dal rinforzo e potenziamento delle competenze disciplinari e relazionali, per recuperare la socialità almeno in parte perduta. L’adesione degli studenti, delle loro famiglie e dei docenti sarà su base volontaria e le iniziative delle Istituzioni scolastiche saranno declinate in ragione dello specifico contesto, stabilendo “relazioni di comunità” con le risorse del territorio e adottando per quanto possibile veri e propri “patti educativi per la formazione”.

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