Città salute

Ospedale di Foligno, lavoratori allo stremo.

Dichiarazioni di Andrea Russo (UIL) raccolte da Lorenzo Monarca sullo stato del nostro nosocomio.

#salute
Di Lorenzo Monarca
In foto: L’ingresso dell’ospedale di Foligno


Giungono alle nostre orecchie voci a dir poco preoccupanti circa la situazione nei reparti ospedalieri di Foligno. Spesso su Sedicigiugno abbiamo immaginato che le misure adottate in Umbria durante la pandemia avrebbero avuto effetti catastrofici sui pazienti e sui lavoratori: pare che siamo giunti ora ad un punto di non ritorno. Per capire meglio cosa stia succedendo ci facciamo spiegare la situazione da Andrea Russo, sindacalista della Uil.

“La situazione è diventata critica non solo a Foligno ma in tutta l’Umbria. Noi come Uil, insieme a tutti gli altri sindacati e sigle autonome, segnaliamo già da molto tempo seri problemi in termini di personale  e il covid ha solo peggiorato le cose. Esistono difficoltà ad erogare i servizi ordinari, non solo perché a tratti sono stati sospesi per motivi di sicurezza ma anche perchè da quando è iniziata la pandemia il personale è utilizzato principalmente per attività covid. Ora il problema è recuperare tutto questo terreno perduto ma il personale non è aumentato.

Avevamo trovato un accordo con la Regione per nuove assunzioni ma di fatto quello che sta avvenendo è che si è solo sostituito il personale che per pensionamenti o trasferimenti non c’è più. Questo vale per tutto il comparto, cioè personale tecnico, infermieri, oss. Ancora più complicata è la questione dei medici, visto che mancano figure altamente specializzate che sono difficili da reperire, come rianimatori ed anestesisti. Questo apre quello che secondo noi è un problema strutturale in particolar modo dell’ospedale di Foligno, ossia vediamo che il nosocomio folignate non è più attrattivo e lo diventa sempre meno, come un cane che si morde la coda. In parole povere: il poco personale è costretto a turni infiniti per coprire le posizioni vacanti; questo causa un notevole stress sui lavoratori che se possono chiedono il trasferimento e in questo modo aumenta ancora il carico di lavoro di chi resta.

 A questo si aggiungono alcune difficoltà a livello amministrativo: recentemente abbiamo trattato il caso del reparto di terapia intensiva, dove sono stati aggiunti dei posti letto ma non è stato aumentato il personale che li gestisce. Non solo: i nuovi posti letto non si trovano collocati insieme agli altri, ma da tutt’altra parte, rendendo evidentemente problematica la gestione dei pazienti e duro da sopportare il carico lavorativo ma anche psicologico dei medici.

Infine va considerato un ultimo punto molto spinoso che appesantisce la situazione dei lavoratori, ossia i no-vax dentro l’ospedale. Da quanto ci viene comunicato ci sono diversi soggetti che non hanno voluto fare il vaccino che sono stati ricollocati in mansioni non ospedaliere o sono stati sospesi.

Noi non riusciamo a capire ad ogni modo perché la Regioni non potenzi il servizio là dove è possibile farlo. Il nostro timore è che queste lentezze decisionali facciano gioco ad altre realtà, come il settore privato o altre regioni”.

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