
#centroeperiferie
Di Vincenzo Falasca
In foto: Il doppio senso di marcia di Via Nazario Sauro
A leggere il Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile (il cosiddetto PUMS), la domanda sorge spontanea. Nelle 84 pagine di analisi, proposte, grafici e progetti elaborate dallo studio Sintagma per conto dell’Amministrazione Comunale di Foligno si leggono infatti tutta una serie di considerazioni non solo condivisibili ma anche estremamente pro-positive per la mobilità di persone e merci nella nostra Città. Ma a guardare le scelte ad oggi messe in campo, sembra proprio che il piano non sia stato letto da amministratori e dirigenti o, se è stato letto, non compreso, ignorato e addirittura contraddetto. Gran parte del PUMS ruota infatti attorno alle dinamiche della mobilità dolce, delle zone 30 km/h, dell’uso della bicicletta, dei parcheggi scambiatori, della mobilità pedonale e delle aree liberate dal traffico: di tutto ciò nelle prime scelte attuate e nelle molte sbandierate dall’attuale Amministrazione non c’è traccia.
L’esempio più eclatante è quello di via Nazario Sauro. Il nuovo Piano sviluppa un ragionamento rispetto al tratto che va da via Damiano Chiesa alla rotonda di Porta Todi. Un ragionamento che, come è giusto che sia, si sviluppa in maniera integrata e complessa, partendo dalla parziale decongestione dell’area circostante ma evidenziando le positive connessioni con i percorsi pedonali adiacenti, le dimensioni adeguate delle corsie stradali, la presenza ed accessibilità del parcheggio sotto i Canapè e dello stesso parco come elemento accentratore e distributore. Nulla viene invece riferito al secondo tratto da via Damiano Chiesa verso Porta Romana. Un tratto con corsie ristrette, senza percorsi pedonali o spazi minimamente adeguati, non dico dedicati, per le biciclette, senza marciapiedi, con inserimenti a raso di vie laterali e accessi carrabili, con le uscite dirette dal garage sotterraneo de “Le Scale”.
A nessun tecnico di buon senso sarebbe mai venuto in mente di proporre la soluzione pasticciata e pericolosa attualmente realizzata: un vero e proprio mix di aggiustamenti più simili ad un videogioco di abilità che ad una corretta distribuzione delle esigenze di mobilità della cittadinanza e delle merci. I proprietari delle case adiacenti lamentano l’impossibilità di uscire dalle proprie abitazioni senza rischiare di essere travolti o “spizzati” dalle vetture in transito, i ciclisti hanno totalmente rinunciato a transitarvi, i mezzi di soccorso si sono già adeguati, laddove possibile, a percorsi alternativi ma meno rapidi, i distributori delle merci delle attività commerciali lungo il percorso spesso si trovano, non correttamente ma inevitabilmente, a parcheggiare in piena corsia, raccogliendo gli improperi di tutti i guidatori. E tutto ciò perché bisognava trovare una via di uscita per il mutato flusso di traffico proveniente da via Cairoli, conseguenza dell’inversione del senso di marcia a partire da Piazza San Domenico e via Mazzini.
Qui si coglie la piena contraddizione di chi, di fronte ad un piano anche discutibile ma organico, piega alle proprie convenienze e convinzioni le esigenze dei più. Come ci racconta infatti la Consigliera Comunale Federica Bagatti in un post (chissà perché) successivamente cancellato, “è stata una decisione presa dal Sindaco e non dei tecnici”, partendo, così viene raccontato, dal presupposto che “in Città si entra e non si esce”. Ovviamente a discapito di chi pensa che in città non si transita ma si vive, in tutte le accezioni possibili dei termini.
Indubbiamente via Mazzini può godere della maggiore raggiungibilità carrabile delle attività commerciali e professionali prospicienti, a scapito però di pedoni e ciclisti e, alla lunga, anche di alcuni esercenti che già vedono costantemente intralciate le proprie vetrine dalle auto in sosta, lì come in via Cairoli, oramai eletta a parcheggio mordi e fuggi. Per non parlare di Piazza San Domenico, che invece di venire rivalutata come avrebbe da tempo meritato, è divenuta ancora più caotica e meno identitaria, con l’incremento del traffico ai margini, fagioli diafani spacciati per arredo urbano, ombrelloni che spuntano come funghi oltre che l’immancabile dehors.
Già, i dehors! Avete notato come non si fa in tempo a chiudere una finestra che ci si ritrova il mattino dopo una appendice commerciale a bar e ristoranti? Al centro come in periferia, in legno come in plexiglass, posticce come permanenti. In molti casi si tratta di vere e proprie nuove strutture chiuse e dotate di tutti i comfort, spesso più grandi degli stessi esercizi commerciali, in uno slalom continuo tra tavoli e allestimenti. Sicuramente nelle intenzioni ci può essere una maggiore flessibilità e dinamicità dovuta alla necessità di venire incontro alle difficoltà economiche degli esercenti per via del Covid e in parte alle nuove esigenze dovute al distanziamento, ma nei risultati si nota una evidente arrendevolezza ad una logica esclusivamente commerciale e mangereccia degli spazi fisici e della socializzazione: Foligno “lu dehors de lu munnu” e “Città de lu magnà e beve”. Sarebbe ingiusto ridurre tutto a questo, perché la nostra Città sa essere molto altro, ma il rischio è sotto gli occhi di tutte e tutti. E la mobilità oltre ad essere sostenibile deve essere funzionale ad una idea di città e di relazioni che rappresenti tutti i protagonisti e gli attori che la animano.
Provate inoltre ad ampliare una vostra abitazione o a realizzare uno spazio di servizio, una pertinenza o un semplice gazebo: potrete immediatamente comprendere le giuste ma diverse attenzioni necessarie e obbligatorie per tutelare gli interessi dei vicini e della collettività, anche a scapito dei propri interessi particolari. Ma si sa, non sempre tutti i figli sono uguali e forse vale anche per i cittadini.
Mi torna in mente l’Assessore che, pochi giorni fa, al residente di via Nazario Sauro che gli diceva che non poteva uscire di casa perché non aveva più spazio tra le macchine e il cancello, gli ha risposto “allora c’hanno ragione i tecnici comunali che bisognerebbe espropriarvi una parte della corte per allargare la strada”. Chissà se sono gli stessi tecnici che invece escludono da sempre l’ipotesi di espropriare alcuni cortili in via Campagnola per realizzare la rotatoria? E pur di non fare ciò che il buon senso indica ci si inventa bretelle, zone a traffico limitato e stravolgimenti viari a scapito di interi quartieri. Tra l’altro, in maniera singolare, il PUMS, in via Campagnola, prevede solo interventi nel tratto finale in corrispondenza delle Grandi Officine, non intervenendo minimamente sul tratto iniziale di Ponte Antimo. Meglio non pronunciarsi?
Eppure sarebbe bene che su tutto il PUMS e sull’intero assetto della mobilità e vivibilità degli spazi urbani si aprisse una grande partecipazione per comprendere le necessità e per informare sulle possibilità ed intenzioni. Ad esempio il progetto del comparto che ruota attorno a Ponte San Magno, Foro Boario e via dei Mille sarebbe opportuno venisse discusso con la cittadinanza tutta, perché nelle previsioni del PUMS da un lato e quelle urbanistiche dall’altro risulterà radicalmente mutata e molto probabilmente non in meglio. Dal punto di vista viario si prevede la realizzazione di una rotatoria su cui far confluire le strade circostanti rese tutte a senso unico: via dei Mille, via Marchisiellio e Ponte San Magno. Uno stravolgimento ancora più importante se si considera associato all’idea balzana (domani, oggi e ieri) di trasferire qui, in un unico Polo Scolastico, tutte le principali scuole del centro storico, dalla Piermarini a Santa Caterina: una idea che da una parte svuota di significati, infrastrutture e socialità diversificata il Centro Storico e dall’altra non risolve nemmeno il problema di accessibilità carrabile dei plessi scolastici (in continuità con la logica malata che a scuola ci si possa andare solo in macchina) andando a caricare ancora di più una zona comunque già congestionata.
Sarebbe una ulteriore “zonizzazione” della Città con destinazioni quasi esclusive che amplificano i fenomeni di concentrazione del traffico, rendendolo ingestibile in alcuni orari: basti pensare a Viale Firenze oramai sempre più spesso caratterizzato da un serpentone continuo che impedisce il deflusso nelle vie laterali e contemporaneamente il raggiungimento delle zone industriali e commerciali circostanti.
A poco vale il contentino della risistemazione o completamento delle piste ciclabili esistenti: sempre troppo poche e sempre più soffocate e occupate dalle autovetture. Nessuna intenzione pratica viene manifestata per la pedonalizzazione di spazi al Centro come nelle periferie, per la realizzazione di “Zone 30” dove far convivere una viabilità lenta e sicura tra pedoni, ciclisti e automobilisti, niente si prevede per viabilità dedicate ad utenti diversi da quelli motorizzati. Per finire nulla, ma proprio nulla, in piena continuità con il passato, viene accennato per le persone con disabilità o particolarità motorie e/o sensoriali.
Ognuno di questi argomenti meriterebbe, anzi merita, di essere approfondito in una dinamica di scambio continuo, nel tentativo di evidenziare le interconnessioni tra la vita delle persone e gli spazi dove si dipana, tra le esigenze dei singoli e quelle della collettività, tra il pubblico ed il privato, tra il presente ed il futuro. E questo si fa solo con una sincera volontà di apertura, partecipazione e capacità di ascolto che solo dopo si traducà in sintesi, scelta e concretizzazione. Questa è la sfida che da tempo si presenta alla buona politica e alla buona amministrazione e solo da qui passa il loro recupero di credibilità e rappresentatività.