
#ascuoladiuguaglianza
Di Sabina Antonelli
In foto: Il Progetto di Polo Scolastico all’ex Foro Boario
Parliamo di scuola. Come sempre, ancora una volta e un’altra ancora. Perché non ci stanchiamo mai di tenerla nei nostri pensieri, di viverla come elemento fondamentale di una società culturalmente avanzata, libera, aperta alla conoscenza, in continuo fermento educativo e formativo. Parliamo di scuola perché finalmente è giunta una buona notizia: il Commissario straordinario per la ricostruzione post-sisma 2016, Legnini, ha destinato circa 72 milioni di euro per l’edilizia scolastica della nostra città. Un’occasione unica, sicuramente speciale che potrà dare grandi opportunità alle scuole di Foligno.
Siamo molto felici di questo finanziamento perché il terremoto del 2016 non ha ancora terminato i suoi effetti, almeno per quanto riguarda le scuole della città. Ha creato infatti grossi ed evidenti problemi, in particolar modo ad alcuni plessi del centro storico: la scuola secondaria di primo grado Carducci è stata completamente ricostruita e, dopo essere stata ospitata in altri edifici scolastici, è rientrata due anni fa nel nuovo edificio; le scuole primaria e dell’infanzia di Via Piermarini, che insieme alla Carducci fanno parte dell’Istituto Comprensivo Foligno 2, si sono viste sottrarre spazi vitali come aule, mensa scolastica, laboratori, parte del cortile ecc… Ad oggi la primaria è collocata ancora nelle “classi” messe a disposizione dalla caserma Gonzaga e poi andrà nella palazzina Antonelli, adiacente alla scuola secondaria di primo grado, dopo i lavori di riformulazione degli spazi così come li aveva progettati l’architetto; lavori che dovrebbero prendere l’avvio nel 2022. Per la scuola dell’infanzia si dovrà aspettare il recupero strutturale della vecchia casa del Piermarini o l’attuazione di altri progetti.
Anche la primaria di Santa Caterina, che fa parte dell’Istituto Comprensivo Foligno 1, nel 2016, ha subito “danni” collaterali non relativi alla struttura architettonica dell’edificio ma legati alla comprensibile paura delle famiglie. Paura scatenata dalla forte scossa sismica e dalla presenza di aule al terzo piano del grande e vecchio plesso. È per questo che la precedente Amministrazione, dopo aver partecipato ad un bando europeo, ha progettato la costituzione di un mini-polo didattico nella zona del foro Boario che potesse ospitare alcuni plessi del Comprensivo Foligno 1: la scuola primaria di Santa Caterina e la scuola secondaria di primo grado Piermarini situata in via Arte e Mestieri. La presenza della scuola dell’infanzia Garibaldi, la realizzazione di una grande palestra e di una nuova mensa, completano il progetto e il piano di intervento.. Nelle intenzioni degli amministratori di allora questo nuovo polo dovrebbe facilitare la vita delle famiglie (l’ipotesi è che sarà più facile accompagnare bambin* e ragazz* , anche se a noi viene più di qualche dubbio sulla viabilità della zona, caratterizzata dall’evidente ed elevato carico di traffico che tutti conosciamo); rendere più semplice la realizzazione del progetto e della visione educativa che sono alla base della costituzione di un Istituto Comprensivo (nonostante questo dipenda più che altro da elementi che hanno poco a che fare con la vicinanza fisica di edifici); dare una connotazione forte ad un Istituto e nuove opportunità alla città che, almeno nell’idea progettuale, potrà utilizzare la palestra per attività di associazionismo e società sportive. Argomentazioni ragionevoli, certo, che però non cancellano un dubbio: ora che le somme a disposizione consentirebbero un intervento risolutivo sull’edificio di Santa Caterina (il Sindaco ha recentemente esplicitato la volontà dell’Amministrazione di demolire e ricostruire ex.novo) è opportuno, è utile, è giusto, sottrarre ai bambini la risorsa di una scuola bella e sicura affacciata sullo straordinario laboratorio all’aperto del parco cittadino ? E nel caso: che cosa si intende fare (non un altro condominio, si spera) di quell’edificio?
Comunque, a parte le scuole dell’infanzia di Scafali e San Giovanni Profiamma ricostruite ex novo con i fondi reperiti dalla vecchia Giunta, cosa ci sarà in serbo per tutte le altre scuole della città? Ancora, chiaramente, non lo sappiamo ma permetteteci qualche considerazione secondo noi importante da fare prima ancora di conoscere il progetto che sarà attuato. Vorremmo infatti che si aprisse nella nostra città un serio, proficuo dibattito sul tema, un confronto non solo politico ma culturale e sociale che anticipi ogni scelta e ogni decisione che sarà presa.
“Ognuno cresce solo se sognato” diceva Danilo Dolci e allora tutti noi abbiamo un grande compito da svolgere: continuare a sognare, a sognare con forza, amore e rispetto, i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze della nostra città, perché possano crescere sentendosi parte di una comunità che li accoglie, si prende cura di loro, si trasforma in base ai loro bisogni. Qual è dunque la strada da percorrere? In che modo possiamo e dobbiamo agire per difendere la cultura dell’infanzia, per metterla al centro della vita di tutti? Quale tipo di scuola vogliamo per i nostri figli? Se la scuola è un luogo da abitare ed è il posto privilegiato dove bambin* e ragazz* possono trovare opportunità di crescita, di confronto, di relazione e di apprendimento permanente, dobbiamo pensare alla città come lo spazio che l’accoglie e si apre alle sue esigenze o, meglio, alle esigenze dell’utenza. In campo educativo “lo spazio” diventa fondamentale. Loris Malaguzzi, pedagogista/educatore, sostenitore della pedagogia relazionale, fondatore delle scuole di Reggio Emilia conosciute in tutto il mondo, lo definiva il “terzo insegnante” e ci piace pensare che sia dunque l’elemento costitutivo di una visione pedagogica che mette la scuola al centro del nostro pensare, dire e fare. Al centro di una società, purtroppo ancora troppo spesso soltanto immaginata, e dunque ancora da costruire, che realizzi un sogno: la condivisione profonda e totale del compito educativo.
Oggi più che mai, c’è bisogno di una nuova “centralità urbana” che tenga conto della necessità di ripensare, a livello urbanistico, luoghi, percorsi, piazze, palazzi, che possano accogliere, sostenere, incuriosire e soprattutto raccontare la vita, nel suo passato, presente e futuro, a chi sta vivendo i primi, bellissimi anni della propria esistenza e si affaccia al mondo anche aprendo le finestre della sua scuola. Una scuola diffusa, aperta alla città, ricca di opportunità, di relazioni e intrecciata con il tessuto urbano. Una “Scuola Sconfinata” cioè interconnessa con le risorse presenti, con il Comune, le associazioni, i quartieri. Una scuola di relazioni, che formuli veri e propri patti di comunità, in cui tutte le realtà e le persone coinvolte possano definire insieme un progetto di territorio basato sulla corresponsabilità educativa. Una “Scuola Sconfinata” che sia seme di cambiamento, creando nuove prospettive, ribaltando vecchie concezioni; inclusiva, capace di ascoltare le diverse voci di un mondo bambino al quale va oggi riconosciuto un ruolo attivo nel processo di apprendimento e conoscenza; una scuola di certo faticosa e difficile perché “stare sul confine” o addirittura attraversarlo, richiede il coraggio di fare scelte importanti. Vuol dire essere in bilico e correre il rischio di cadere ma vuol dire anche sperimentare lo stupore e la bellezza di andare oltre e superare quelle “abitudini” che ci impediscono di vedere le cose.
Nella nostra città siamo purtroppo abituati a vivere un centro storico che non è assolutamente a misura di bambino, fagocitato da un traffico sempre più ingestibile e da una viabilità che crea ogni giorno grossi problemi. La qualità dell’aria non sempre è nei limiti previsti dalle norme anche se, spesso è buona o accettabile secondo la legenda che viene pubblicata quotidianamente in base ai rilevamenti della stazione sita a Porta Romana. C’è da chiedersi però quale aria respirino i bambini che vengono a scuola piedi camminando per strade come Via Garibaldi, via Umberto I, piazza san Giacomo ecc… e, a proposito delle piazze, ci siamo accorti che le nostre piazze sono vuote o, peggio ancora, riempite di strutture di ogni tipo, che appaiono, scompaiono, ritornano, senza alcun progetto di fattibilità ambientale ed urbanistica. Almeno questa è la sensazione che danno. Piazze dedicate all’utenza dei bar e dei ristoranti. Ma i bambini?
La nostra è una città troppe volte sporca e poco curata, che “si riveste” in occasioni particolari, quasi sempre dedicate agli adulti, ma non ha un progetto sociale per l’infanzia e l’adolescenza e non offre luoghi di incontro, proposte e opportunità se non nel privato. Continuiamo ad accettare tutto ciò perché assuefatti a questo stato di cose eppure, ne siamo certi, molti di noi si sono posti la questione più di una volta. Il fatto è che le idee devono darsi la mano, stringere relazioni e patti di convivenza democratica per crescere e diventare grandi. È solo nell’essere comunità che pensa ed agisce per il bene comune, che si può cambiare qualcosa.
Siamo circondati dalla bellezza e lo sappiamo bene. Tutti amiamo questa città, le sue chiese, i suoi palazzi, le strade, i vicoli, i colori, i giardini, il fiume ecc…ma una città non si racconta solo attraverso la sua architettura o l’ambiente naturale che la caratterizza, si racconta soprattutto attraverso la capacità di riconoscere quali siano i valori fondamentali, mettendosi al servizio dei suoi cittadini e trovando il coraggio di cambiare per rispondere ai loro bisogni. Proviamo a chiudere il centro storico al traffico, rendiamo le strade percorribili a piedi o in bicicletta, implementiamo il trasporto urbano, riattiviamo la funzione delle piazze come luoghi di incontro, di relazione, di gioco, offriamo occasioni educative e formative in un’ottica di apprendimento permanente, lasciamo le scuole al centro e rendiamole aperte per uno scambio attivo e fattivo con la città. È così bello, al mattino, incontrare per strada bambini, bambine, ragazzi e ragazze, sentire le loro voci che si rincorrono, vedere i più piccoli camminare per mano ai genitori o ai nonni, sentirli ridere e chiacchierare accalcati davanti all’ingresso delle scuole! Rifiutiamo i “luoghi non luoghi”, spazi muti che non hanno più storie da raccontare e sono dunque senza voce e senza respiro. Ascoltiamo i pensieri, le risate, il battito del cuore dei nostri bambin* e ragazz* e facciamo della nostra città quel “villaggio che fa crescere un bambino” (da un antico proverbio africano). Costruire percorsi di conoscenza, aperti alle scuole, all’interno della città, vuol dire formare adulti consapevoli, capaci di amare e prendersi cura dei luoghi dell’abitare. Questo si concretizza se la città diventa un grande laboratorio aperto all’accoglienza, che sia di stimolo e risposta alle curiosità conoscitive dei bambini e dei ragazzi, generatore di significati che possano superare la funzione d’uso del singolo edificio, negozio, spazio. Un luogo che diventa “casa”, dove ogni adulto si senta e sia veramente responsabile di un progetto educativo comune.
Incontriamoci dunque, discutiamo e cerchiamo insieme nuove strade per far sì che la città sia a misura delle sue scuole (e non il contrario), riconoscendo a queste il ruolo culturale, sociale e formativo che hanno, con l’augurio che nostri i nostri bambin* e ragazz*, possano “sentire”, cioè vivere pienamente, la cura che l’intera comunità educante riserva loro. Risponderanno, ne siamo certi, con la stessa moneta, una volta diventati cittadini del mondo.
A scuola di uguaglianza/Consigli di lettura
“SCUOLA SCONFINATA”
“SCUOLA SCONFINATA” è il titolo di un libro pubblicato dalla Feltrinelli editore, scritto a più mani. Curatori del volume sono Micaela Bordin, Annabella Coiro, Gabriella Fontana, Nicola Iannaccone, Sabina Langer, Giulia Maldifassi, Antonella Meiani, Roberta Sala. La prefazione è di Massimiliano Tarantino.
Chiaramente non è soltanto un libro ma una visione educativa che parte da lontano, dal confronto e dall’incontro di insegnanti, dirigenti, educatori, pedagogisti, uomini e donne impegnati e impegnate nell’essere scuola. Nasce da un’idea essenziale: la scuola è un elemento fondamentale di democrazia, ha il dovere di lottare contro le disuguaglianze, ha compiti straordinari da compiere e deve essere al centro di un nuovo patto sociale in cui “le istituzioni pubbliche e il privato, assieme al terzo settore, agli enti culturali, ai ragazzi e alle ragazze, ai professionisti del mondo scuola e alle famiglie, lavorino di concerto per rendere l’educazione un laboratorio di cittadinanza e un asset strategico per lo sviluppo dei territori”.
Il libro, nato dalla sinergia tra il movimento educativo “E tu da che parte stai?” e la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, è stato pubblicato a maggio 2021, è gratuito e può essere scaricato cliccando su questo pulsante!