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Di Matteo Santarelli
In foto: Una scena dal film “Il Caimano” (2006) di Nanni Moretti
Dopo un breve periodo di esitazione, il centro-destra unito ha avanzato la candidatura di Silvio Berlusconi a presidente della Repubblica. A prescindere dal fatto che sia una mossa strategica o meno, l’endorsement dei tre partiti di destra all’ex Presidente del Consiglio non sorprende. Desta invece ben più sorpresa e interesse la reazione che tale candidatura ha suscitato nella parte opposta, ossia a sinistra.
Al netto di qualche singola posizione e di una raccolta firme – finora non oceanica – promossa da Il Fatto Quotidiano, la notizia della candidatura di Berlusconi ha suscitato poche reazioni esplicitamente indignate. Qualcuno – il segretario del PD Letta – ha normalizzato l’inadeguatezza del profilo, che è parziale e non super partes così come è parziale in tal senso ogni leader di partito. Molti hanno risposto con il silenzio e il disinteresse, di fronte alle questioni ben più gravi che riguardano il paese oggi.
Altri ancora invece hanno reagito alla notizia in modo ben più ambivalente. Un modo che oscilla tra il divertimento – l’ennesima trovata artistica del Berlusconi post-politico, l’ennesima performance che regalerà risate per le prossime settimane e lì finirà – e un pensiero più ambiguo e più pericoloso. Ossia, l’idea che alla fine Berlusconi è meno peggio di tanti altri nomi che girano.
Le radici di questo pensiero vago e a metà tra il serio e il faceto sono varie. In primis, Silvio si è normalizzato, come sognavano da anni ampi settori dei media mainstream. Ormai è fedele alla linea istituzionalista, è supporter in prima linea dei vari governi tecnici e di ampissima coalizione, ogni tanto è pure d’accordo con le questioni che riguardano i diritti civili. In secondo luogo, le prospettive non sono allettanti. Che cambia tra Berlusconi e uno che la pensa come lui, farà le stesse cose che farebbe lui, ma senza nemmeno strappare una risata? Che cambia tra Berlusconi e un vecchio ricordo della Seconda Repubblica in quota Polo delle libertà, scongelato last minute dopo una breve campagna di riabilitazione mediatica nei giornali progressisti?
L’ipotesi in esame è forse irrealistica, e ovviamente molto lontana dall’essere desiderabile – usando un eufemismo. Che una certa parte della sinistra si indigni anche solo per il fatto che sia stata avanzata questa candidatura, tuttavia, è tragicomico. Ricordiamo infatti che:
1) negli ultimi anni molti ex haters di Berlusconi hanno fatto a gara per governarci insieme, preferendolo chiaramente alla compagnia dei 5 stelle e del loro populismo;
2) il totale asservimento di gran parte di sinistra al there is no alternative fa venire voglia per sfregio di qualunque alternativa, fosse anche questa;
3) l’anti-berlusconismo oggi sembra un retaggio degli anni passati, come quei gel che andavano di moda nel 2002 e oggi non metteremmo più, tranne forse per una festa a tema. Questo non significa che l’idea di Berlusconi presidente sia una buona notizia – è buona idea rileggere Il trucco di Ida Dominijanni su questo tema. Però se tale idea è diventata un’ipotesi più o meno realizzabile, è anche a causa di chi in pochi anni è passato dai girotondi a frasi tipo: “è meglio governare con Forza Italia piuttosto che con i 5 stelle, perché Forza Italia almeno ha senso delle istituzioni”. Magari è vero. Ma in tal caso, perché indignarsi se il leader di un partito che ha senso delle istituzioni vuole fare il Presidente?;
4) se in parlamento non ci sono i numeri per mandare al Quirinale uno qualsiasi dei nomi che sta girando nelle bacheche degli intellettuali di sinistra, non è certo colpa di Berlusconi, ma ancora una volta di quella parte della sinistra che preferisce la stabilità della grande coalizione a qualsiasi altra alternativa, e che ha assistito con malcelata soddisfazione al passaggio dal Conte bis al Draghi I. In breve: per l’ennesima volta una parte della sinistra crede di contrastare i desideri e le strategie di Berlusconi giocando la carta dell’indignazione morale. Sarebbe invece più utile ripercorrere le mosse e le decisioni politiche che hanno reso credibile – magari tra il serio e il faceto, magari in modo inconfessabile – l’idea di un Berlusconi “presidente di tutti/e”. Sono le stesse mosse che, purtroppo, spingeranno l’opinione pubblica di sinistra a digerire qualunque altro candidato, purché si eviti lo spauracchio del Caimano al Quirinale.