Scuola

Connect, Construct, Contemplate, Continue ovvero… le STEAM

Da materie STEM a materie STEAM: superare le divisioni disciplinari nell'articolo di Sabina Antonelli.
La grande fabbrica delle parole.

#ascuoladicreatività
Di Sabina Antonelli
In foto: La Fabbrica delle parole.


“Bambini…come funziona secondo voi IL PENSIERO. Dove lo teniamo, come facciamo a “sentirlo”, che cosa usiamo per pensare…?”

Era il 2004 e Massimino, appena 5 anni, mi rispose all’incirca così:

“Maestra il pensiero lo teniamo nella testa dove c’è il cervello che dentro è fatto a scatoline. Anzi a cassetti. Ogni cassetto contiene qualcosa. Quando voglio ricordare apro il cassetto dei ricordi e dentro trovo tanti cassettini più piccoli. In uno ci sono io che gioco con mamma, in un altro c’è quando è nato mio fratello, in uno ci sei anche tu maestra quando sono venuto qui a scuola e avevo tre anni. Quando voglio pensare a qualcosa che non conosco apro un altro cassetto, quello delle cose sconosciute e trovo tantissimi cassettini e mi piacciono tanto perché sono i cassetti della scoperta.E così via. Il pensiero funziona a cassetti sempre più piccoli anche se è tutto mischiato dentro la testa. I cassettini li mettiamo noi per mettere un po’ di ordine.”

“Bambini…come funziona il nostro CORPO, lo sapete?”

“Io lo so! – dice Francesco – ti faccio vedere se vuoi”. Così si alza in piedi e inizia la sua spiegazione. “Se devi camminare basta che sposti i piedi. Loro sono attaccati alle gambe e se sposti loro sposti anche le gambe. Se devi correre li devi alzare che se li lasci attaccati a terra non riesci ad andare avanti veloce. Lo stesso se devi saltare, colpire un pallone, ballare.”

“Grazie tesoro ma dentro come funzionano. Come sono attaccati alle gambe? Solo con la pelle?”

“Ma no!!! Dentro ci sono le ossa e i muscoli e tanti tubicini che li uniscono alle gambe. Alcuni sono vuoti e ci passa il sangue, altri invece sono come uno spago, anzi no…un elastico che si allunga e si accorcia. Però non mi ricordo come si chiamano. Funzionano cosi, guarda…” e Francesco prende le costruzioni ad incastro, fa una specie di torre e dice: “questa è la gamba” poi ne prende altre e fa “un piede”, quindi aggiunge: “se mi dai un elastico attacco il piede alla gamba”. C’è rimasto un bel po’ a cercare di unire le sue due creazioni con un semplice elastico. Ma va bene così perché poi mi ha detto: “forse non sono proprio degli elastici. Quando vado a casa lo chiedo alla mamma”. 

“Bambini… ecco qui scatole, scatoline, scatoloni, colla, scotch, colori, fili di lana, carte colorate. Fatene quello che volete e poi mi spiegate cosa avete fatto.”

E così appaiono negli angoli della sezione case bellissime in cui si entra attraverso cunicoli, porte, finestre; razzi spaziali pronti a partire per la luna; trappole per catturare ladri (hanno visto in televisione “Mamma ho perso l’aereo” e da giorni discutono su come vincere contro i cattivi e ridono ridono ridono. Sono bellissimi) e tanto altro. Qualcosa funziona, qualcosa va rifatto almeno due o tre volte. Alcuni progetti riescono benissimo, altri sono un disastro ma a loro poco importa. Queste loro “produzioni” nascono per essere una cosa e man mano che si concretizzano diventano tutt’altro. E questa è la magia dei bambini che spesso noi adulti abbiamo dimenticato.

Potrei continuare a raccontarvi molti momenti preziosi che ho vissuto e vivo ogni giorno nella mia scuola dell’infanzia ma in realtà voglio parlarvi delle STEAM che, a ragione, sembrano essere la grande innovazione del momento.

Si parla di STEM già da molti anni. L’acronimo STEM sta per “Science Technology Engineering Mathematics” dunque scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. Ultimamente è stata aggiunta la A per incorporare il pensiero creativo, assolutamente necessario a scoprire modi diversi ed ingegnosi di risolvere problemi, affrontare situazioni, cercare soluzioni, conoscere il mondo reale percorrendo diverse strade, con un approccio sinergico tra materie scientifiche e umanistiche.

Alla base dell’educazione STEAM c’è una precisa visione pedagogica, culturale e sociale della relazione educativa e dell’apprendimento che non è una novità ma che va comunque sostenuta, supportata e diffusa sempre più. Infatti è veramente necessario superare divisioni disciplinari perché la scuola ormai ha un senso solo se porta la realtà dentro le proprie classi e sezioni mettendola in mano a bambini e ragazzi. Occorre spostare la centralità dei processi di apprendimento da ogni singola disciplina a forme inter ed intra disciplinari perché la realtà è essa stessa, e senza possibilità di smentite, assolutamente interdisciplinare. L’apprendimento deve essere in linea con la mente dei bambini e dei ragazzi e adattarsi alla loro naturale modalità di imparare che è centrata sulla curiosità di conoscere, sulla motivazione alla scoperta, sull’interazione tra pari e con diverse figure di riferimento. Occorre trovare un’alternativa al modello “docente-ora-lezione/studente – compito a casa”. Se ne parla da anni e tante sono state le sperimentazioni che nel tempo si sono consolidate per diventare esperienze concrete e bellissime. 

Nel modello STEAM gli studenti vengono spinti costantemente ad utilizzare le proprie capacità di problem-solving creativo, attraverso laboratori intesi come spazi in cui si progetta, si costruisce, si riflette, si rielaborano le proprie conoscenze in funzione di un obiettivo. Le attività proposte devono mettere in gioco contemporaneamente capacità intellettive e riflessive, manuali e creative, stimolare il confronto e la collaborazione con gli altri, sviluppare uno spirito critico che nasca direttamente dall’esperienza concreta, vissuta, partecipata e, soprattutto, devono incentrarsi sulla passione di conoscere, scoprire il mondo e, attraverso esso, scoprire se stessi, le proprie inclinazioni, i propri talenti e, naturalmente anche i propri limiti, primo passo necessario per superarli. 

Insomma… tutte le scuole, di qualunque grado esse siano, potrebbero prendere spunto da quello si fa alla scuola dell’infanzia, in un continuum di metodologie e attività man mano più approfondite, ampliate, rielaborate e valorizzate per  rendere la scuola il luogo privilegiato della relazione tra adulti e bambini/ragazzi e tra pari, relazione che è alla base di qualunque proposta didattica; luogo dove si pongono e si ascoltano domande, si esplora la realtà, si gioca, si seguono le proprie passioni, si fantastica su quello che c’è e soprattutto su quello che non c’è, si usano le mani che costruiscono oggetti, pensieri, sogni; luogo dove la didattica è sempre attiva ed esperienziale, laboratorio permanente, aperto alle più diversificate esperienze. 

Introdotta nel Piano Nazionale Scuola Digitale del MIUR, l’educazione STEAM può essere realizzata organizzando le attività secondo il metodo delle 4C che definiscono le 4 fasi di lavoro: Connect, Construct, Contemplate, Continue

Connect: è la fase dell’attivazione durante la quale si raccolgono tutte le informazioni e le competenze che bambini e ragazzi hanno su un determinato contenuto. È dunque la fase delle domande. Per tornare ai racconti che ho fatto all’inizio di questo mio intervento è, per esempio, chiedere: “come funziona il pensiero?”. Poi raccogliere tutte le ipotesi raccontate dai bambini e dai ragazzi accettando, senza alcun commento negativo, anche quelle più sbagliate o fantasiose (i famosi cassettini di Massimo)

Construct: è il momento della costruzione, dell’uso delle mani, della realizzazione di un progetto che nasca dalla condivisione delle proposte di ognuno. È il momento del laboratorio in cui si mettono in gioco molte competenze: manipolative, progettuali, comunicative, relazionali… (Francesco ha usato le costruzioni)  

Contemplate: è la fase della riflessione dopo la sperimentazione e la creazione del prodotto. È il momento in cui le domande sono legate alla maggiore o minore riuscita del manufatto per cui diventa naturale chiedersi “Ma sarà proprio così? Come potrebbe essere? Dove trovo informazioni, spiegazioni ecc…?” Ognuno esprime i suoi dubbi, scaturiscono nuove ipotesi e nuove idee e si passa all’ultima fase. (Parlando ancora di Francesco lui ha deciso di chiedere alla mamma)

Continue: in questa fase sono i bambini e i ragazzi stessi che dovranno “dare continuazione” all’esperienza, proponendo soluzioni ai problemi, ipotizzando percorsi che aumentino l’esattezza e dunque il valore delle loro ipotesi e dei loro prodotti. 

Qual è il ruolo dell’insegnante in tutto questo? Porre domande, svolgere un’azione di monitoraggio, suggerire soluzioni o, meglio, strade da seguire e ipotesi da verificare, procurare il materiale necessario alle sperimentazioni, aiutare i bambini e i ragazzi a riflettere, ad andare avanti per tentativi ed errori…insomma, aiutarli ad espandere le idee, a capire che occorre uscire dalla realtà ristretta della classe o del momento,  per aprirsi al mondo. 

Anche se, a volte, non è necessario perché loro già lo sanno. Come Cecilia che nel 2011 aveva 5 anni e già mi aveva stupito mille volte. Sin dall’inizio. Appena entrata alla scuola dell’infanzia, mi aveva chiesto di mettermi seduta perché lei doveva raccontare a tutti una cosa e, tra la meraviglia dei compagni e il mio attonito stupore, aveva sciorinato la storia di Ulisse e Polifemo come nemmeno Omero che l’ha scritta, avrebbe potuto fare. Così alla mia domanda:

“Bambini…che cosa è la POESIA? Come si fa a fare poesia e cosa accade dentro di noi quando facciamo poesia?”

Lei rispose: “La poesia siamo noi maestra. Quando siamo felici o tristi o arrabbiati quindi quando abbiamo dentro qualcosa che deve uscire. È come una porta che si apre. La poesia è avere il cielo dentro e darlo al mondo”.

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