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Comunicato di ANPI
In foto: La prima Locandina della Festa della Liberazione di Foligno
Un comunicato dell’ANPI di Foligno riferisce un episodio sconcertante, che meriterebbe quantomeno, a nostro avviso, un chiarimento e una pubblica discussione nell’aula del Consiglio Comunale. Lo riportiamo di seguito, insieme ai due manifesti prodotti: il primo, con l’iniziativa originariamente autorizzata in piazza della Repubblica, e quello successivo che, preso atto della mancata concessione della piazza, sposta al Corso Cavour il previsto gazebo. Segnaliamo inoltre che il concerto pomeridiano ai Canapè è stato rimandato per la pioggia.
ANPI al Parco rimandato per maltempo. Festa rimandata al 28 maggio
(…) Vorremmo, inoltre, tenervi informati e informate su quanto successo negli ultimi due giorni in relazione all’organizzazione della Festa della Liberazione:
il Comune di Foligno ci nega piazza della Repubblica.
Dopo aver autorizzato il nostro gazebo in Piazza della Repubblica per la mattina del 25 aprile, in data 21 aprile – a 4 giorni dalla Liberazione – ci comunica la revoca della stessa in quanto la nostra sarebbe una manifestazione di parte che avrebbe disturbato le celebrazioni ufficiali.
Abbiamo tentato una mediazione con l’amministrazione chiedendo di intervenire alle celebrazioni, ma non ci è stata data risposta. Abbiamo chiesto di spostarci al Quadrivio e poi in Piazza Matteotti, ci è stato risposto che gli unici spazi concedibili erano Corso Cavour e Porta Romana. Abbiamo comunque scelto di stare nelle strade, in Corso Cavour, con il nostro gazebo, perché chiaramente siamo di parte, siamo partigiani e partigiane, siamo antifascisti e antifasciste e perciò, come diceva Gramsci, “odiamo chi non parteggia, odiamo gli indifferenti”.
Allo stesso tempo, presenzieremo le celebrazioni ufficiali del Comune di Foligno, per ricordarci e ricordare a tutte e a tutti che le istituzioni della Repubblica sono antifasciste per definizione , secondo la Costituzione della Repubblica.
Il documento politico dell’ANPI

Cari compagni care compagne,
Finalmente, dopo un duro periodo di restrizioni, possiamo tornare a celebrare il nostro 25 Aprile nelle piazze che 77 anni fa videro il popolo italiano gioire della nuova libertà. Vale la pena prenderci un momento di riflessione per ricordare l’importanza e la materialità tangibile dello spazio fisico della piazza e, vale la pena farlo, anche e soprattutto alla luce di quel che vediamo accadere ogni giorno nel mondo: partendo dalla tragedia ucraina, cui va il nostro primo pensiero, fino ad arrivare allo Yemen o alla Siria, cioè a quella che è stata giustamente definita “terza guerra mondiale a pezzi”. Troppi, troppo spesso invisibili, vengono privati del diritto d’incontrarsi in piazza, separati dalle devastazioni della guerra e disgregati dall’oppressione della dittatura. Troppe lacrime evitabili continuano ad essere versate incessantemente. In questa premessa si possono vedere, se mai qualcuno le cercasse, le inscalfibili motivazioni che ci spingono a ritrovarci qui a celebrare il giorno della Liberazione: avere rispetto e cura della tensione umana verso Giustizia e Libertà.
Celebriamo dunque la liberazione dalla dittatura nazifascista, nel centenario
di quello che fu il primo misfatto di quella barbarie, la marcia su Roma.
É bene sapere di che si tratta. È bene dire che il ventennio di asfissia dittatoriale e le distruzioni della guerra fecero maturare quell’insurrezione armata che accompagnò l’avanzamento delle forze alleate fino alla completa liberazione del territorio nazionale dalle forze nazifasciste. Doloroso fu il prezzo pagato dalla nostra città, vittima di pesanti bombardamenti e di numerose esecuzioni e rastrellamenti, che le sono valse il riconoscimento di città medaglia d’argento al valore civile Quell’insurrezione armata, la lotta partigiana, non solo è stata militarmente importante nella liberazione del paese, ma è stata soprattutto la miccia che ha fatto esplodere il riscatto popolare della nazione. Sulla spinta democratica della lotta partigiana si è sostanziata la più importante conquista politica della storia nazionale: la Costituzione della Repubblica.
Questo accadde ed è opportuno ricordare.
È opportuno ricordare il sacrificio di quanti che, date le circostanze, scelsero la lotta armata e perirono. É opportuno onorare la loro scelta. È opportuno tenere presente il quadro delle motivazioni ideali, sociali, politiche e personali che la determinarono. E questo fa la nostra associazione quotidianamente: cerca di tener vigile l’attenzione storica sugli episodi resistenziali; incamera, organizza e sistematizza materiali, mettendoli a più larga disposizione possibile; promuove incontri e attività con finalità storiche, culturali, artistiche, associative e ricreative avendo come ultimo fine la più larga diffusione della memoria storica dei partigiani italiani. Questo fa la nostra sezione di Foligno “Franco Ciri”, qualche settimana fa con la presentazione del libro di Adelmo Cervi sull’eccidio della sua famiglia, qualche giorno fa con quello di Soumalia Diawara sul suo arrivo in italia a bordo di un barcone e sabato 30 aprile nella sala rossa di Palazzo Trinci con la presentazione di “Vi racconto la mia storia” su Enrico Angelini. Qualcuno vorrebbe però recintare questo esercizio della memoria ad un mero ruolo commemorativo, relativizzando al contempo la portata storica della guerra di liberazione, negando infine l’esemplarità dell’evento resistenziale. Ne sono un esempio i recenti attacchi all’Anpi, alla nostra associazione, alla sua autonomia e alle sue legittime e coerenti posizioni.
Lo ribadiamo in questa sede nessuna campagna di stampa riuscirà a farci passare come equidistanti fra aggrediti e aggressori. Nessuno riuscirà a convincerci che perché i partigiani avevano le armi allora bisogna spendere miliardi su miliardi in armi per diffonderle su tutto il globo. E lo dimostra il nostro impegno quotidiano nella memoria di quanti lottarono per il riscatto di una patria migliore, libera dalla follia bellicista del nazionalismo. I partigiani non dimenticarono la tragedia dell’evento bellico e, malgrado nacquero dalla lotta armata, riscattarono il tricolore dando al paese una Costituzione che all’articolo 11 recita il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Era convinzione diffusa che l’uomo dovesse far tutto per superare le devastazioni della guerra fratricida. E noi non abbiamo cambiato idea. Restiamo fedeli anche alle parole del settimo Presidente della Repubblica italiana, il partigiano Sandro Pertini, :” si svuotino gli arsenali, si riempiano i granai”
Sappiamo però che esistono anche tra i nostri iscritti posizioni diverse, di cui riconosciamo la legittimità, pur non condividendole, nel rispetto del pluralismo delle idee che ha sempre caratterizzato la nostra associazione, in ossequio al principi costituzionali, che sono il frutto migliore della Resistenza partigiana.
Concludiamo riportando quel che disse Enrico Angelini qualche anno fa a cascina Radicosa. Disse “forse le nostre battaglie non furono capite ma servirono a fare esplodere quella primavera che sognavamo”.
Compagne e compagni, bisogna essere capaci anche noi di sognare quella primavera. Viva la giustizia viva la libertà viva la lotta partigiana. Buona 77esima liberazione.