Politica Storia e Memoria

Umrisse, “Un geniale Schizzo”

Engels e Marx, nelle "noterelle" di Fabio Bettoni.

#storiaememoria #noterelle
Di Fabio Bettoni
In foto: F.Engels: L’economia Politica


Lo storico e giurista russo M.M. Kovalesckij testimoniò (1909) che il 24 novembre 1842, giorno del primo incontro di Marx con Engels, i due fieri alemanni rasentarono la rottura. “Marx era allora fervente hegeliano – disse il testimone – quanto Engels ortodosso seguace di Schelling. I due sistemi filosofici erano inconciliabili e i futuri amici, che alla fine si sarebbero ritrovati nel culto di Hegel, si separarono da fieri nemici”. Non mi soffermerò sul “rapporto” di Engels con Schelling (assai problematico e circoscritto), né sul più determinante “legame” con Hegel, limitandomi al fatto che nel corso dell’anno seguente le cose mutarono, talché quando nell’ottobre del 1843 Marx, Arnold Ruge e Georg Herwegh stando a Parigi decisero di varare i “Deutsch-Französische Jahrbücher”, ovvero gli “Annali Franco-Tedeschi”, Engels fu della partita; e inviò il suo contributo da Manchester ove si trovava per effettuare l’apprendistato di industriale cotoniero per la Ermen & Engels, l’azienda di cui era comproprietario il padre (Friedrich senior). Il saggio, Umrisse zu einer Kritik der Nationalökonomie, ovvero Schizzo d’una critica dell’economia politica, scritto sullo scorcio del 1843, sarebbe uscito nel febbraio del ’44 con il primo (ed ultimo) fascicolo recante i numeri 1-2 di quella rivista teorica. Engels, un “giovanotto alto e ben portante, con un volto così giovanile che pareva quello di un ragazzo, parlava già allora un inglese assai corretto” (così il cartista e socialista G.J. Harney nel 1897), benché soltanto ventitreenne e di  formazione eminentemente filosofica, dimostrava su quelle pagine una conoscenza robusta della teorizzazione economica fin lì elaborata (prevalentemente in ambito britannico), e ne forniva un esame che già faceva presagire gli sviluppi futuri di quella critica radicale e sistemica dell’economico caratterizzante da lì in avanti la sua esistenza di militante e di teorico.

     Paul Lafargue (genero di Marx) avrebbe dato (1904) una sintetica, puntuale spiegazione di questa aurorale inclinazione del nostro Friedrich. Egli in Inghilterra “aveva studiato le teorie dell’economia politica, la condizione degli operai, le caratteristiche della grande industria e il movimento cartista”; in dipendenza di ciò, “esercitò un’influenza decisiva sullo sviluppo spirituale di Marx, che sino a quel momento si era occupato soprattutto di filosofia, storia, diritto e matematica. Fu “soprattutto” lui, aggiungeva Lafargue, che spinse l’amico allo studio dell’economia politica, che la sua famiglia e i suoi professori di università consideravano con un certo disprezzo. Ben presto divenne chiaro a Marx che sono i fenomeni economici la chiave della storia della società e delle idee”.

     Fu con una certa invidia che, venticinquenne, rovistando tra i volumi della Libreria dell’amico Giovanni Carnevali, adocchiato L’economia politica di Engels un reprint del 1971 mandato in stampa dalla Samonà e Savelli, presolo in mano con molta curiosità, appresi che l’opuscolo era stato scritto quando l’autore aveva ben due anni meno di quelli che avevo io in quel momento. Il  volumetto (83 pp.) proponeva alle pagine 35-74 la traduzione dello Umrisse, con il titolo L’Economia Politica. (Primi lineamenti di una critica dell’Economia Politica); edito in Milano, dagli Uffici della Critica Sociale, formava un numero della Collana Biblioteca della Critica Sociale. Come si legge nel frontespizio, era la “Prima Edizione Italiana pubblicata in occasione della morte dell’autore (5 agosto 1895)”. A corredo, una premessa redazionale In memoria (del “pensatore, apostolo, combattente”), datata agosto-settembre 1895; un saggio d’Introduzione del 14 agosto a firma di Filippo Turati, titolato Engels-Marx (“due liane rampollate da una stessa radice”, quella hegeliana); un memento argomentato su L’universalità di Engels, che Victor Adler aveva “scritto nel giorno del suo funerale” (“l’immensità di questa perdita si può da noi piangere, non si può ancora misurare”); un ampio saggio su Federico Engels nel settantesimo anniversario, che Karl Kautsky aveva scritto nel 1890 per “Die Neue Zeit”, la rivista del Partito Socialdemocratico di Germania; una Postilla Bibliografica che dà conto in termini essenziali dello stato delle conoscenze sull’opera di Engels; e un’Appendice costituita da tre lettere del 1894-95 sulla situazione della lotta di classe e del socialismo in Italia in relazione alla fatale congiuntura attraversata (1893-94) dal movimento dei Fasci Siciliani dei Lavoratori, dal neo-nato Partito Socialista Italiano (1892), e alla repressione perseguita con durezza dal governo presieduto da Francesco Crispi.

    Marx avrebbe definito (1859) questa piccola opera un “geniale schizzo di critica delle categorie economiche”, e in Das Kapital (1867) vi avrebbe fatto riferimento più volte mutuandone alcune osservazioni non secondarie e utilizzandola in particolare per la critica a T.R. Malthus e ai suoi Principles of Political Economy (1836). Nel saggio engelsiano, lo Essay on the principle of population di Malthus (1799) occupa uno spazio precipuo, filtrato peraltro attraverso The principles of population di A. Alison (1840), fermo oppositore dello stesso Malthus. Altrettanto centrali, l’imprescindibile An inquiry into the nature and causes of the wealth of nations (1776, forse nell’edizione del 1835-39) di A. Smith, e, ovviamente, il trattato On the principles of political economy and taxation (forse nell’edizione del 1821) di D. Ricardo: per dire degli autori e delle opere-chiave. Osservo che da parte di Engels è tutt’altro che casuale la scelta del sintagma Nationalökonomie, a preferenza di Politischeöconomie, adottato per definire sin dal titolo il carattere fondativo del suo studio critico; il primo lemma nella lingua tedesca suona come dominio della proprietà privata sulla comunità nazionale, là dove le accezioni anglo-francesi di political economy e di économie politique suonano come dominio della società sulla ricchezza. (Ma di tale distinzione, le traduzioni non hanno tenuto conto, a partire da quella del 1895 che stiamo leggendo.) Ed è dal cardine critico sulla proprietà privata che il Nostro sviluppa l’intera trattazione. Una disamina di quel confronto per nulla indolore tra il sistema mercantile, ovvero il mercantilismo “coi suoi monopoli e i suoi ostacoli al commercio”, e il sistema smithiano, cioè quello della “nuova economia liberale”: due fenomeni storici, due modalità dell’economia della società della politica, due visioni del mondo in antitesi, il cui superamento, per ora solo adombrato, è il socialismo, inteso come “una società razionalmente ordinata”. In questo schema analitico-concettuale nel quale è possibile ravvisare la matrice hegeliana, viene inserita tutta la lemmatica pertinente all’economico: terra, capitale, lavoro; rendita, profitto, salario; popolazione, risorse, scienza; produzione, scambio, produzione di valore; domanda, offerta, concorrenza.  

     Alla luce di tutto ciò, si capisce il concetto espresso da Kautsky nel contributo in onore del 70° di Engels sopra citato, secondo  il quale lo Umrisse “è  il primo tentativo di fondare il socialismo sull’economia politica”, ponendolo al di là delle secche in cui lo impigliavano utopismi e travisamenti di ogni genere e specie; un “primo passo verso il socialismo scientifico”. Certo, “in esso è visibile la gioventù dell’autore, come quella della causa che egli tratta”, “non ancora completamente padrone della sua teoria, egli avventa qua e là qualche tesi non sostenibile”, e tuttavia “è cotesto, nell’insieme, un lavoro che conserva ancor oggi un valore non soltanto storico”. E aggiunge: “Il piacere che quella lettura suscita in noi non è soltanto dovuto alla freschezza, alla chiarezza e alla vigoria dell’esposizione, ma anche alla densità d’osservazioni e dimostrazioni che contenevano per quei tempi verità ignorate; e la forma, in cui sono esposte, sarà ancora nuova e suggestiva per la più parte dei lettori. E per un altro titolo è prezioso quel lavoro: esso è il solo di qualche importanza, del tempo in cui il pensiero di Engels era tuttora isolato, non avendo ancora sentita l’influenza di Marx. Ma appunto fu questo articolo l’occasione all’avvicinamento dei due, che tanto influì sullo sviluppo del socialismo”.

     Dopo il reprint della Samonà e Savelli-1971, lo Umrisse è stato riproposto nel terzo volume delle Opere Complete di Marx/Engels, Editori Riuniti, 1976; nella pubblicazione del 1977 a cura della medesima editrice, in formula separata ma unito ad altri brevi saggi coevi; da ultimo si sono avuti i Lineamenti di una critica dell’economia politica, a cura di G. Borbone, per Il Prato Edizioni, 2018: tutti volumi che non troveremo nella nostra Biblioteca Comunale. In linea, si leggono l’originale e la versione italiana effettuata da L.M. Battisti con il titolo Schizzo d’una critica dell’economa politica (1844).

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