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Di Franco Calistri
In foto: Il PNRR di Regione Umbria
L’ubriacatura regionale.
In molti, a partire dalla Giunta regionale di destra, nutrivano grandi speranze nelle risorse che anche in Umbria sarebbero arrivate con il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza); una sorta di manna venuta dal cielo (in realtà ottenuta in origine grazie all’azione in sede europea dell’odiato e vituperato Governo Conte II), da spendere a piacimento, potendo così venire incontro alle richieste ed ai desiderata delle forze imprenditoriali, alla fame di commesse di ampi settori dell’Ateneo perugino, e, se restava un po’ di spazio, anche per ridare una qualche prospettiva innovativa ad un tessuto economico e produttivo da tempo in sofferenza, ulteriormente acuita dalla crisi pandemica.
In pochi forse ricordano la grancassa mediatica montata dalla Giunta regionale (era l’aprile dello scorso anno, ma sembra passata un’era) attorno alla presentazione del Pnrr regionale (piano nazionale regionale, una contraddizione nei termini fin dalla partenza), articolato in 45 progetti e con una dotazione finanziaria di oltre 3 miliardi di euro (per avere un elemento di confronto il Pil umbro 2020 a prezzi correnti è stato di 21,340 miliardi di euro). E a seguire i vari progetti dai fantasiosi acronimi, tutti rigorosamente in inglese, come AGAIN (Advanced Graphic Appealing International Network), un centro avanzato per la grafica da localizzare a Bastia (ma in Umbria la tradizione grafica non era nell’area dell’Alta Valle del Tevere?), o come UND (Umbrian Nanomaterials District) da localizzarsi a Nocera (ma lì non facevano frigoriferi, mentre un centro ricerche sui nanomateriali era previsto a Terni?), o come UBC (Umbrian Bio-Economy District Sustainable Valley) da localizzare nella conca ternana (stendiamo un velo pietoso su come la Giunta regionale ha seguito le vicende della chimica ternana, Treofan in primis), e poi Media Speeed-Bussiness Accelelerator, con la previsione, idea nuova ed originale, di un cineporto.
A sentire i vari assessori, era cosa fatta, c’erano solo i tempi tecnici dell’approvazione e poi il ministro dell’economia, Daniele Franco, avrebbe staccato l’assegno. Ma dopo l’ubriacatura, il brusco risveglio. Il governo ed il suo Presidente, Mario Draghi, non avevano alcuna intenzione di affidare compiti di programmazione e di autonoma gestione alle Regioni, articolazioni democratiche dello Stato repubblicano, sia detto per inciso, che il Presidente Draghi pare non stimare più di tanto e che snobba appena può e, se potesse, chiuderebbe il prima possibile. Come si legge nella Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr, presentata il 23 dicembre 2021: “Le amministrazioni centrali – i Ministeri e le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri – sono le sole titolari (la sottolineatura è nostra) dell’attuazione delle riforme e degli investimenti del Pnrr. Provvedono alla loro attuazione, al coordinamento delle attività di gestione, al monitoraggio, alla rendicontazione e al controllo”. In questo quadro le altre articolazioni dello Stato, Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, vengono chiamate in causa esclusivamente come soggetti attuatori di progetti decisi centralmente, anzi nel caso delle Regioni non si prevede alcuna gestione diretta ma tutt’al più compiti di coordinamento territoriale, laddove non vi sia un’interlocuzione diretta Ministeri-Enti Locali. E così, dalla mattina alla sera, il tanto pubblicizzato Pnrr Umbria ed il suo corredo di progetti diventa carta straccia e nessuno, a partire dai componenti della Giunta regionale, ne fa più menzione. D’altro canto per capire che aria tirava e che, per usare l’antica espressione attribuita ad Ernesto Nathan, celebre sindaco di Roma, “non c’è trippa per gatti”, non era necessario attendere il nero su bianco della Relazione di dicembre. Già ad agosto, con un Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, si era provveduto, sulla base delle sei missioni, ad assegnare alle singole amministrazioni (ovvero i Ministeri) 191,5 miliardi di euro del Pnrr, ovvero il 75,6% dell’intero ammontare di risorse disponibili. Di Regioni neanche l’ombra.
Come si sta procedendo
In forza della ripartizione prima richiamata i vari ministeri, titolari delle singole azioni del Pnrr, stanno procedendo all’attuazione degli interventi fondamentalmente utilizzando due modalità. La prima, per certi versi la più semplice, vede i ministeri assegnare quote consistenti del loro budget di competenza (in alcuni casi l’intero ammontare) al finanziamento di progetti già approvati e da tempo in attesa di risorse (in alcuni casi già avviati). E’ questo il caso del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, che per altro è titolare del 21 per cento del totale delle risorse ripartite, e che ha provveduto a finanziare progetti già in essere indirizzati al potenziamento della rete ferroviaria, stradale e portuale. In questo, come per altri ambiti, le risorse del Pnrr sono state finalizzate (o dirottate) alla realizzazione e/o al completamento di interventi progettati da anni ma mai realizzati (è da quasi mezzo secolo che gli investimenti pubblici in Italia sono al palo). Per rimanere in casa nostra pensiamo al raddoppio della linea ferroviaria Orte-Falconara, o l’ammodernamento della ex Centrale Umbra, o il completamento della Grosseto-Fano, per non parlare degli interventi per la creazione di sistemi di interconnessione tra il bacino della diga del Chiascio ed il sistema acquedottistico Perugino-Trasimeno. Tutti interventi rispetto ai quali la giunta regionale ed il suo assessore Enrico Melasecche, nonostante il vano agitarsi, hanno voce in capitolo pari a zero.
La seconda modalità è quella dei bandi. Alcuni esempi: 100 milioni di euro finalizzati a supportare le farmacie rurali nei centri con meno di 3.000 abitanti, oppure 200 milioni per la promozione del risparmio energetico nei teatri, 190 milioni per il restauro e valorizzazione dei giardini storici, 380 milioni per progetti per l’attrattività dei borghi. In questo caso i soggetti interessati, si tratti di titolari di farmacia piuttosto che enti locali o teatri stabili, per restare agli esempi richiamati, entro i termini indicati dal bando presentano la domanda di accesso ai fondi, che verrà valutata, entrerà in graduatoria ed ammessa al finanziamento fino ad esaurimento fondi. Non sempre questa modalità funziona. E’ notizia di questi giorni che una delle due gare del Piano Italia 5G per la costruzione e gestione di nuove infrastrutture mobile nelle aree cosiddette “a fallimento di mercato” (zone periferiche del paese a bassa profittabilità) è andata deserta.
I bandi del Ministero dell’istruzione
Relativamente a questa seconda modalità di un qualche interesse è l’esperienza portata avanti dal Ministero dell’istruzione. A titolo di premessa va ricordato che sulla base del citato decreto del Ministro dell’economia e delle finanze dell’agosto dello scorso anno, il Ministero diretto da Patrizio Bianchi si è visto assegnare un pacchetto di risorse di 17,6 miliardi di euro (9,2% dell’intera somma ripartita). Anche nel caso del Ministero dell’istruzione i progetti messi a finanziamento sono un mix di azioni già avviate e nuove azioni. Infatti a finanziamento Pnrr sono confluiti tutta una serie di interventi previsti nei Piani di edilizia scolastica degli anni precedenti (Piano 2019 e 2020, 1° e 2° Piano Scuole superiori e Sisma, riguardante Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria) per complessivi 3,4 miliardi di euro. In questo caso si tratta di risorse già assegnate e ripartite a livello regionale (per fare un esempio degli 830 milioni di euro del Piano 2019 confluiti a finanziamento Pnrr, gli interventi previsti per l’Umbria ammontano a 9,840 milioni di euro) e di progetti già definiti. A questi sono state affiancati ulteriori piani di investimento ed emanati i relativi bandi. Così ad inizio dicembre dello scorso anno il Ministero ha provveduto ad emanare 5 bandi:
Piano sostituzione edifici scolastici e riqualificazione energetica, dotazione 800 milioni di euro (27,823 milioni assegnati all’Umbria);
Piano asili nido e scuole dell’infanzia, diviso in due tranche: asili nido (0-2 anni), dotazione di 2,4 miliardi di euro (11,132 milioni all’Umbria), scuole d’infanzia (3-5 anni), dotazione 600 milioni di euro (6,740 milioni sono all’Umbria;
Piano estensione tempo pieno e mense, dotazione 400 milioni di euro (3,744 milioni all’Umbria);
Piano per le infrastrutture nelle scuole (costruzione palestre), dotazione 300 milioni di euro (8,491 milioni all’Umbria);
Messa in sicurezza e riqualificazione delle scuole, dotazione 500 milioni di euro (8,185 milioni all’Umbria).
Di questi bandi/avvisi i primi quattro erano rivolti direttamente agli enti locali (comuni e province) proprietari di edifici scolastici che erano chiamati a rispondere ai bandi entro la fine di febbraio di quest’anno, mentre per la quinta misura (Messa in sicurezza e riqualificazione scuole) venivano delegate le Regioni a predisporre un piano regionale da proporre al finanziamento.
Al momento è stata chiusa la procedura relativa alla prima misura (piano sostituzione edifici scolastici e riqualificazione energetica). Lo stanziamento iniziale (800 milioni per 195 nuovi edifici scolastici) è stato implementato ad 1miliardo e 189 milioni, con la possibilità di finanziare la costruzione di 216nuovi plessi scolastici. Alla data di scadenza del bando le domande pervenute sono state 543. In data 6 maggio il Ministero ha pubblicato la graduatoria dei 216 progetti ammessi a finanziamento, così suddivisi per regione: 6 in Abruzzo, 6 in Basilicata, 16 in Calabria, 35 in Campania, 23 in Emilia-Romagna, 9 in Friuli-Venezia-Giulia, 12 nel Lazio, 3 in Liguria, 15 in Lombardia, 9 nelle Marche, 2 in Molise, 9 in Piemonte, 12 in Puglia, 7 in Sardegna, 14 in Sicilia, 16 in Toscana, 2 in Trentino-Alto Adige,, 2 in Valle d’Aosta e 12 in Veneto e 6 in Umbria per un finanziamento complessivo di 25,814 milioni. I 6 progetti umbri riguardano 5 scuole di competenza comunale (Alviano, Amelia, San Gemini, Perugia e Città di Castello) ed una di competenza dell’Amministrazione provinciale. Tutti e sei i progetti prevedono la demolizione dell’edificio preesistente e la sua ricostruzione nello stesso luogo, ad eccezione di Alviano dove si prevede uno spostamento di sede. In tutti i casi si tratta di edifici costruiti tra il 1954 ed il 1964. Due sono le proposte non ammesse al finanziamento e riguardano il comune di Foligno (scuola del 1978 finanziamento richiesto 13,850 milioni di euro) e quello di Tuoro sul Trasimeno (edificio datato 1970, finanziamento richiesto 1,850 milioni di euro).
Ancora in fase di istruttoria gli altri bandi che comunque hanno visto un notevole afflusso di domande che ha indotto il Ministero a riaprire i termini per la presentazione delle domande di un mese (dal 28 febbraio al 31 marzo) e ad implementare ulteriormente le risorse.
Infine per la quinta linea di intervento (messa in sicurezza e riqualificazione delle scuole), secondo quanto stabilito dal decreto, spettava alle Regioni entro il 22 febbraio trasmettere al Ministero l’elenco delle strutture scolastiche da proporre per il finanziamento. La Regione dell’Umbria, a fine febbraio, ha trasmesso al Ministero la graduatoria degli interventi ammessi al finanziamento. Si tratta di undici interventi totali in Umbria: nove scuole comunali di Campello sul Clitunno, Umbertide, San Giustino, Magione, Perugia, Terni, Ficulle, Narni e Acquasparta, e due scuole della provincia di Perugia e di Terni. Nello specifico, le tipologie di intervento previste riguardano il miglioramento sismico, oltre che l’adeguamento, e l’efficientamento energetico di scuole primarie, secondarie e di un istituto omnicomprensivo. Il finanziamento complessivo richiesto per gli interventi a valere sulle risorse Pnrr è di 12,5 milioni di euro (il plafond di risorse assegnato dal decreto ministeriale di dicembre per questo tipo di intervento era di 8,185 milioni di euro). Per gli altri interventi bisognerà attendere che il ministero esamini le domande e stili le relative graduatorie; sulla carta da questi queste cinque misure dovrebbero arrivare per le scuole umbre attorno ai 40 milioni di euro.