Cultura Storia e Memoria

Die Lage/ La situazione

Engels, il Die Lage e la situazione della classe operaia nelle "Noterelle" di questo numero. Articolo di Fabio Bettoni.

#storiaememoria #noterelle
Di Fabio Bettoni
In foto: La situazione della classe operaia in Inghilterra. Friedrich Engels
. Edizioni Feltrinelli


 Nella noterella di aprile, ho trattato dello Umrisse zu einer Kritik der Nationalökonomie, ovvero Schizzo d’una critica dell’economia politica, scritto da Friedrich Engels sullo scorcio del 1843 e pubblicato nel febbraio del 1844. A conclusione del saggio, l’Alemanno rifletteva (criticando  The Philosophy of manufactures di Andrew Ure) sul ruolo delle macchine nella “lotta impari” del lavoro contro il capitale, e infine osservava: “Ma la esposizione degli effetti delle macchine mi condurrebbe ad un altro e più lontano tema,  il sistema di fabbrica, che qui non ho né tempo né intenzione di trattare. Presto avrò d’altronde occasione, io spero, di svolgere distesamente la spaventosa immoralità di questo sistema, di denudare, senza riguardi, la impostura degli economisti, che qui brilla nel pieno suo splendore”. Era l’annuncio del Die Lage der arbeitenden Klasse in England. Nach eigner Anschauung und authentischen Quellen, ovvero di La situazione della classe operaia in Inghilterra. Sulla base di osservazioni dirette e fonti autentiche, che avrebbe scritto tra la metà di novembre del 1844 e la metà del marzo 1845 stando in Barmen (oggi Wuppertal), sua città natale nella Prussia Renana, dove era rientrato nell’agosto ’44 dopo un soggiorno di ventuno mesi in Inghilterra. Il libro, scritto in tedesco come si evince immediatamente dal titolo (ma con una dedica in inglese Alle classi lavoratrici della Gran Bretagna), fu stampato in Lipsia dall’editore Otto Wigand. In italiano, la prima traduzione comparve nel 1899, a Roma, per i tipi dell’Editore Luigi Mongini (1852-1909) che proprio in quell’anno iniziava la sua preziosissima diffusione sistematica degli scritti di Marx ed Engels nel nostro Paese, in sodalizio con un curatore editoriale d’eccezione quale era Ettore Ciccotti (1863-1939), insigne storico dell’Antichità (un socialista finito fascista). 

     Durante le mie prime incursioni in campo marxista, m’imbattei nell’appena citata edizione di Mongini, il cui traduttore  fu Vittorio Piva (1875-1907, socialista dalle originarie suggestioni garibaldinistiche, rimasto socialista), nel reprint della Samonà e Savelli del 1972 recante una bella Nota introduttiva di Laura Caretti; reprint rinvenuto, manco a dirlo, nella Libreria dell’amico Giovanni Carnevali. Cominciai a fare dell’opera un oggetto di studio per i miei studenti di Scienze Politiche (UniPg) soltanto dopo il 1978, anno nel quale gli Editori Riuniti misero fuori un’edizione separata del libro (con prefazione del grande storico Eric J. Hobsbawm), utilissima per gli incontri seminariali che rinnovai periodicamente ogni qualvolta decidessi di trattare della prima Rivoluzione Industriale. Incontri nel corso dei quali, a partire dal 1980, fu resa più agevole la partecipazione degli studenti provenienti dalla Facoltà di Lettere Moderne (UniPg) giacché nel frattempo era uscito da Einaudi – appunto nell’80 – uno studio la cui validità è tuttora intatta: Engels, Manchester e la classe lavoratrice, opera (1974) di Steven Marcus, professore di letteratura inglese e comparata alla Columbia University. A febbraio del 2021, la Universale  Economica Feltrinelli /Classici ha mandato in libreria il lavoro engelsiano per la cura di Enrico Donaggio, filosofo della storia a Torino, e Peter Kammerer, già docente di sociologia ad Urbino. In questa edizione si ripropone la traduzione che Raniero Panzieri (1921-64), il quale tra i molti meriti teorico-politici ebbe quello di propugnare-praticare il metodo dell’inchiesta operaia, aveva realizzato per le Edizioni Rinascita nel 1955, quindi ristampata dagli Editori Riuniti, nel 1978 e da ultimo nel 2021. Il fatto che nello scorso anno ci si sia attivati ancora intorno al Die Lage fa capire come, nonostante i classici del marxismo siano ritenuti obsoleti da più parti, la loro validità resti immutata, e anzi proprio la catastrofica confusione nella quale si sta dibattendo il Globo terraqueo ne renda vieppiù necessario l’approfondimento. 

     Il contenuto della Situazione è articolato in una Prefazione con la data topica: Barmen, il 15 marzo 1845; in una Introduzione, nella quale, con brillante piglio ricostruttivo, Engels espone l’avvio e i caratteri della prima rivoluzione industriale (nel 1892 vi riconoscerà qualche pecca, ma, alla luce di una lunga e complessa tradizione storiografica, mi sento di dire che si trattò di inezie), un processo “che trasformò tutta la società borghese, e la cui importanza storica comincia solo ora [1845] ad essere riconosciuta”; e in undici capitoli. Posta a base dell’intera trattazione una definizione dei caratteri di fondo del proletariato industriale inglese le cui frazioni sono indicate negli operai industriali, delle miniere carbonifere e metallifere, dell’agricoltura e dell’Irlanda, Engels passa a considerare l’ambiente industriale delle grandi città (nell’ed. Feltrinelli, pp. 55-134): Londra, Dublino, Edimburgo, Liverpool, Nottingham, Glasgow, la striscia insediativa del West Yorkshire con Leeds e Bradford in particolare, e del South Lancashire: su tutte Manchester e il relativo hinterland. Questa lunga, dettagliata esposizione-disamina lascia ancora oggi stupefatti. Come scrive Marcus, il successo o il fallimento dell’intera concezione dell’opera dipendono da questo capitolo, e dal modo in cui lo giudichiamo, “qualsiasi discussione critica o analitica del libro deve concentrare le proprie dimostrazioni sul materiale che esso mette in luce”; inoltre, per quanto concerne i motivi personali che hanno spinto Engels a dare siffatto rilievo alle grandi città, Marcus ritiene si debba guardare alla stessa esperienza del giovane alemanno, che lo spinge a scriverne, facendogli scegliere “di combattere con essa, di sfruttarla, di chiarirla, e in un senso in certo modo letterale, di crearla creando in tal modo se stesso. Poiché nel trasformare le sue esperienze in linguaggio egli ne generava, e al tempo stesso ne scopriva, la struttura”. Dopo di che, in Die Lage, vengono analizzate le dinamiche concorrenziali che attraversano gli strati operai nel più vasto contesto della concorrenza insita nel sistema economico del capitale (la concorrenza, scrive Engels, “è l’espressione più completa della guerra di tutti contro tutti che predomina nella moderna società borghese”, essa “non sussiste soltanto tra le diverse classi della società, ma anche tra i singoli membri di queste classi”); quindi il Nostro passa a trattare l’immigrazione irlandese in Inghilterra; lo stato fisico-intellettuale-morale degli operai: un terrificante e molto analitico documento storico, ivi l’estrema gravità del destino riservato ai bambini, ivi la criminalità; tocca, poi, i singoli settori di lavoro; i movimenti operai; il proletariato minerario; il proletariato agricolo; e, infine, l’atteggiamento della borghesia nei confronti del proletariato. Nel libro, manca una specifica sintesi riepilogativa, ma le ultimissime pagine del libro (pp. 356-61 dell’ed. Feltrinelli) rivelano un’istanza profetica senza pari nel mostrare la grandezza dell’orizzonte comunista, unica alternativa alla barbarie sistemica.

     In una lettera alla propria madre del 19 luglio1845 da Bruxelles, il giornalista e poeta tedesco Georg Weerth scriveva: “Faccio parte dei ‘comunisti straccioni’, contro i quali si continua a gettare fango a più non posso, mentre il loro unico delitto è quello di battersi per i poveri e gli oppressi e di essere decisi a lottare sino alla morte. Ma i signori proprietari stiano attenti: le vigorose braccia del popolo sono con noi e le menti migliori di tutte le nazioni passano a poco a poco dalla nostra parte. Il mio carissimo amico Friedrich Engels di Barmen, per esempio, ha scritto un libro in difesa degli operai inglesi, fustigando con inaudita violenza e con sacrosanta ragione i proprietari delle fabbriche. Eppure suo padre possiede fabbriche in Inghilterra e in Germania. Ora egli è in rotta gravissima con la famiglia; lo considerano un pazzo e un empio, e il ricco padre non passa più al figlio nemmeno un centesimo per il suo mantenimento. Ma io lo conosco come un uomo di una bontà celestiale e di un’intelligenza e di un acume non comuni, e so che egli si batte giorno e notte con sforzi prodigiosi per il bene delle classi lavoratrici”. 

     I limiti, immancabili in ogni opera tanto più nel lavoro di un autore venticinquenne, furono evidenziati (allora e in seguito) non senza malevole intenzioni. Hobsbawm, nella sua nota introduttiva all’edizione degli Editori Riuniti citata di sopra, ne fa una rassegna e argomenta con motivate controdeduzioni la sua partecipante lettura di Die Lage, che resta “il miglior libro sulla classe operaia del tempo”; riconoscendo che è “un libro del suo tempo”, ma è “un libro a cui spetta un suo posto nella biblioteca di chiunque studi la storia del diciannovesimo secolo e di chiunque si interessi del movimento operaio. Rimane un’opera indispensabile e una pietra miliare nella lotta per l’emancipazione dell’umanità”.

La situazione della classe operaia in Inghilterra. Friedrich Engels. Edizioni Samonà e Savelli

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