
#editoriale
Di Susanna Minelli
In foto: Un momento dall’incontro del 19 Giugno
Ci sono incontri che riassumono tutto. Ci sono giornate che segnano il tempo e dialoghi che mettono il punto. Mettono un punto. Quasi sempre quello di partenza. Nella giornata del 19 giugno a Foligno, in occasione della due giorni organizzata da Sedicigiugno per celebrare l’anniversario della liberazione dall’occupazione nazi – fascista dalla città, è successo nient’altro che questo. Come possa nascere da una commemorazione, un punto di partenza è cosa che appartiene al miracolo della vita. Miracolo che nasce dalla condivisione, dal dialogo, dalla vita. Dall’atrocità di quello che è stato.
E il 19 giugno 2022 in qualche maniera segna qualcosa di importante. Di ancora non noto, ma che si percepiva, e si percepisce nell’aria. Un caldo risveglio. Lo sapevano bene gli alberi del parchetto di fronte al Circolo Arci Subasio dove ci siamo incontrati sotto il segno della parola che si fa atto. Che si fa politica. Un incontro fra le opposizioni politiche cittadine per pensare al futuro facendo autoanalisi su quello che è stato, guardando più in là dei recinti costretti dalla storia. Storia complessa, quella che si è snodata a partire dal giugno 2019, storia che affonda le sue radici molto più in là nel tempo.
Ci si è visti, guardati, esplorati, in un campo di resistenza, che non fa rima con violenza, ma con un’altra parola abusata ma vivissima e integra nel suo significato originale: resilienza. Come una pianta che soffre e che non si abbatte, che è pronta a rinascere. Sotto il segno di chi è stato. Sotto il segno del 16 giugno 1945, sotto il segno di Enrico Berlinguer, uomo di dialogo, che sapeva bene, al di là dei distinguo inevitabili e utilissimi, utilizzare la voce del verbo “costruire”.
Mi piace pensare a molte cose di questo 19 giugno che abbiamo vissuto tutti insieme, noi – tutti, con una pienezza che non sentivamo da tempo, da mesi. Non tutte sono rivelabili ora: la storiografia ci insegna che occorre aspettare i punti di caduta degli eventi per esplicare, e perché no, celebrare i giudizi. Ma quello che conta, ora, è che eravamo molti, eravamo diversi, a braccia aperte, pronti a gettare l’idea al di là della barricata della diffidenza.
Quello che è certo è che abbiamo sentito tutti il profumo di futuro.