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Di Alessandro Sorrentino
In foto: Luca Telese e Alessandro Sorrentino
La scorta di Enrico (Solferino, 2022) è il nuovo libro del giornalista e conduttore televisivo Luca Telese. Nel centenario della nascita del leader comunista, Telese racconta la storia di Berlinguer e della sua segreteria da un punto di vista particolare, quello degli uomini della sua scorta: Alberto Menichelli, autista e capo del corpo di sicurezza, Dante Franceschini, Lauro Righi, Pietro Alessandrelli, Alberto Mariani, Torquato Grassi, detto Otto e Roberto Bertuzzi. Non si tratta di membri delle forze dell’Ordine, si tratta di militanti del partito che, a partire dal 1969, in momenti diversi della loro vita, entrano a far parte della scorta di Berlinuguer e lo accompagneranno fino alla fine dei suoi giorni. Uomini che saranno presenti anche a Padova, durante l’ultimo comizio del Segretario e che condivideranno insieme alla famiglia Berlinguer il dolore per l’annuncio della sua morte, dopo essere diventati a tutti gli effetti parte di quella famiglia.
È un racconto corale, quello che ci propone Telese, nel quale nella funzione di voce narrante si avvicendano i membri della scorta, talvolta anche Bianca e Laura, la prima e la quarta figlia di Berlinguer, e in altri momenti persino Eugenio Scalfari e Jorge Coulòn, voce e chitarrista degli Inti-Illimani. A fare da sfondo a questo coro vi è il Partito comunista italiano, quel partito che è tante cose, è innanzitutto militanza ma diventa col tempo casa, lavoro, famiglia, un luogo nel quale nascono legami forti, di amicizia e di amore, all’interno del quale capita che l’autista di Di Vittorio, Dante Franceschini, sposi la cuoca di Longo, Adelina Soave, un luogo nel quale Roberto Bertuzzi, «due volte orfano, né figlio, né padre», riesce a trovare il suo posto del mondo proprio quando, dopo essersi iscritto al Partito, entra a far parte della scorta.
Sono attimi di vita, rubati da testimonianze e confidenze, quelli che Telese propone, che raccontano i momenti salienti della vita, politica e non, del segretario del più grande partito comunista dell’Occidente, così dalla strage di Piazza Fontana, si passa alla stagione delle trame nere e poi ancora al golpe in Cile del 1973 e all’incidente-attentato di cui è vittima Berlinguer a Sofia, in Bulgaria, nello stesso anno, per aver scelto di non retrocedere dalle posizioni assunte da lui e dal partito nella questione della Primavera di Praga. Poi, ovviamente il compromesso storico, l’incontro tra le due scorte, quella di Berlinguer e quella di Moro, con la prima molto più attrezzata della seconda, dotata non di una, ma di quattro auto blindate ritrovate e fornite dal partito, mentre al leader democristiano e alla sua sicurezza non ne è stata concessa nemmeno una dal Viminale.
Infine, gli ultimi anni della segreteria Berlinguer che, dopo il rapimento e l’omicidio Moro e il terremoto in Irpinia, sono segnati dall’abbandono del progetto politico di governo con la Dc e dalla Questione morale, che ci descrivono un Berlinguer all’avanguardia che sceglie la strada del «ritorno all’iniziativa nella società, al rapporto d’ascolto con i movimenti più innovativi, ambientalisti e pacifisti compresi». Alla fine di quegli anni il Pci, «isolato in politica e radicato nella società», arriverà ad essere il primo partito in Italia alle europee del 1984. Un risultato che è frutto anche dall’instancabile e sfiancante attività e campagna elettorale condotta da Berlinguer, il quale non sarà in grado di raccoglierne i frutti, perché morirà e verrà salutato da un mare di persone in Piazza San Giovanni a Roma per i suoi funerali, con il suo feretro sorretto proprio dai sette uomini della sua scorta, protagonisti di questo volume.
Telese ha presentato il suo libro la scorsa domenica 19 giugno nella cornice di Sedicigiugno Fest. Nella sua commozione di alcuni momenti, nel suo trasporto e nella sua convinzione della necessità di questo racconto in un periodo nel quale, secondo lui, il Novecento sta tornando e con esso la lotta e la coscienza di classe, possiamo capire l’autenticità che muove questo libro e constatare una volontà tutt’altro che agiografica. Dal momento che dalle storie di questi uomini, dai loro frammenti di vita esce senza forzature l’immagine di un popolo unito in un rapporto di fiducia incondizionata e di simbiosi col proprio leader, al punto che la vera scorta di Enrico sembrano proprio essere non più solo i sette uomini citati all’inizio, ma tutti gli elettori, gli iscritti e perfino i “simpatizzanti” del più grande partito dell’Occidente.