
#paroleeidee
Di Matteo Santarelli
In foto: Uno screenshot dal sito de “La Repubblica”
In questi giorni varie persone hanno espresso il loro stupore per la perdita di interesse dei media per la guerra in Ucraina. Giusto un paio di settimane fa la sofferenza del popolo ucraino e le ingiustizie subite per mano dell’invasione russa colonizzavano le prime cinque pagine di tutti i media cartacei e virtuali. In aggiunta a ciò, ogni minimo dubbio rispetto alla gestione della crisi bellica veniva bollato come sintomo di putinismo e di connivenza con il nemico – si veda in tale senso la prima lista di proscrizione pubblicata da Gianni Riotta, che copriva un arco di posizioni che andava dalla brigata Wagner e Barbara Spinelli.
Oggi 15 giugno “Repubblica” preferisce invece concentrarsi sulla cronaca nera, il narcisismo di Giorgia Meloni, lo strappo di Salvini a Pontida, etc. Il commento del direttore Molinari sui “russi che avanzano in Donbass” è mestamente relegato in fondo alla schermata iniziale, nonostante la guerra sia ancora in corso.
Onestamente, stupisce il fatto che qualcuno continui a stupirsi. Il caso Ucraina è l’ultimo di una lunga serie di indignazioni a folate.
Pensiamo al caso della Legge Zan: presentata come l’urgenza delle urgenze per un paio di mesi, blindata da ogni discussione critica all’interno del campo progressista, infine affossata dai soliti cecchini interni all’ex centro-sinistra, e ora già caduta nel dimenticatoio. Oppure pensiamo alle morti dei migranti nel Mediterraneo: una lunga (e doverosa) serie di appelli all’umanità durante la gestione Salvini, trasformatasi in una prolungata indifferenza mediatica negli ultimi anni.
Ovviamente in entrambi i casi i problemi sono reali, e ben lontani dall’essere risolti. Ma una volta calata la cortina fumogena dell’indignazione, ecco che le questioni scompaiono. E se qualcuno/a continua a ostinarsi sulla questione dei migranti o sulla legiferazione in tema di orientamento sessuale e identità di genere, peggio per lui/lei: passerà per essere un ossessionato, un fissato, una persona incapace di aggiornarsi.
Per questo motivo, l’indignazione h24 (e a tratti acritica) che i media hanno tributato in omaggio agli ucraini/e rischia di essere un dono avvelenato. Nei prossimi mesi si presenta infatti un doppio rischio. Da un lato, c’è il pericolo che l’identificazione totale con le ragioni di Zelensky si rovesci in un’insofferenza altrettanto unilaterale verso l’ostinazione del presidente ucraino – un’insofferenza direttamente proporzionale ai costi della guerra per la popolazione italiana. Dall’altro, è evidente il rischio che l’attenzione dell’opinione pubblica venga meno nel momento decisivo, ossia quello delle trattative reali. I due pericoli concorrono a creare una situazione spiacevole, in cui un’opinione pubblica occidentale stanca e desiderosa di nuove indignazioni sarà pronta ad abbracciare qualsiasi soluzione indecorosa per gli ucraini pur di porre fine a questa spiacevole situazione.
E non stupirebbe se a giocare il ruolo dei traditori dell’Ucraina trovassimo proprio loro, i compilatori delle liste di proscrizione. D’altronde, non sarebbe la prima volta nella storia umana: l’idealismo fanatico rischia sempre di rovesciarsi nel più cinico dei realismi.