
#storiaememoria
Di Fabio Bettoni
In foto: Il Cinema Edison
Foligno, 19 giugno 1922. Ai Redattori di “La Lotta Socialista” (Roma). Elmo, stella, spada, croce: si tratta di elementi-simbolo dell’araldica combattentistica. Questa volta vi dirò del combattentismo, figlio, anche qui, di alcune gradazioni della borghesia, nonostante la presenza di molto popolo. L’8 dicembre del 1918, si formò da noi una sezione dell’Associazione Umbra fra Mutilati e Invalidi di Guerra con il patrocinio della sezione di Perugia. L’incontro fondativo si tenne nella sede del Fascio di Difesa Nazionale (allora nel corso Cavour), e fu presieduto dal professore Decio Antonelli, esponente della massoneria perugina. Risultò presidente della sezione il sottotenente e grande invalido Silvino Corradi (mi dicono fosse massone), vice-presidente il soldato Umberto Donati, segretario il sergente Salvatore Caffarello, economo Nazzareno Marchini, consigliere Vincenzo Palma, sindaco Dandolo Lucentini.
In quel momento erano tuttora attive, non saprei dire con quanta efficacia operativa, la Società di Mutuo Soccorso dei Reduci dalle Patrie Battaglie, di cui era presidente (come adesso) Giovanni Battista Benedetti Placchesi, reduce dalla guerra appena conclusa ed oggi incline alle seduzioni del fascio; e la Società dei Reduci Volontari Garibaldini, che aveva tuttora un faro nell’ormai anziano Guglielmo Piccio, repubblicano storico, già impiegato del Dazio, già consigliere comunale, anch’egli attualmente fascio-sensibile. Entrambe le associazioni traggono origine dal Repubblicanesimo militante: la prima fu fondata nel 1874 da Domenico Roncalli Benedetti, notoriamente titolato come conte ma in concreto un insegnante delle Scuole Tecniche, e da Raffaele Solani un maestro elementare; la seconda nell’anno 1900, sempre da Roncalli Benedetti insieme al citato Piccio, e ad Ignazio Bellini, Ferdinando Bellucci capomastro muratore, Ubaldo Cappuccino albergatore, Gustavo Giachetti e Vincenzo Giachetti artigiani: nacque come scissione dalla Reduci, che via via era stata egemonizzata dalle correnti di più marcato orientamento monarchico. Sicuramente, il socio più blasonato della Reduci è oggi Giovanni Battista Cruciani, fornaio e pastaio. Da giovanissimo dragone pontificio disertò, si arruolò nell’esercito sardo-piemontese a Firenze, poi con il contingente di Giuseppe Bandi (chi non ha letto di lui I Mille?) partì da Bologna per l’impresa dei Mille, fu ferito a Calatafimi, combatté con Bixio a Reggio Calabria, partecipò all’epopea di Mentana. Negli anni 1919-21 è stato uno squadrista della prima ora nonostante l’età avanzata.
Ignoro in che rapporto stesse la detta Ass. Mutilati e Invalidi del 1918 con l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di guerra (Anmig) sorta in Milano il 19 aprile 1917; né conosco quelli, sempre che li avesse, con l’Opera Nazionale Combattenti (Onc), che era stata fondata alla fine del ’17 ed è stata ridisegnata nel gennaio del 1919; di quest’ultima, mi pare di averne letto o sentito dire in Foligno tra la fine del ’19 e il gennaio del 1920, periodo nel quale ne era referente Romolo Raschi, l’ingegnere già menzionato in talune mie corrispondenze passate. Reduce con medaglia di bronzo al valor militare, non appena sorse nel marzo del 1919 l’Associazione Nazionale Combattenti (Anc) si dié da fare se ben ricordo per organizzare la relativa sezione folignate; ancora militando nel Partito Radicale, partecipò alle politiche del 1919 (16 novembre) in occasione delle quali si era candidato (387 voti in tutta l’Umbria) nella lista del Blocco repubblicano, radicale, socialista riformista e dei combattenti che nella regione ottenne i voti sufficienti per mandare in parlamento Gino Meschiari, avvocato fiorentino, repubblicano. Come vi narrai a suo tempo (ricordate l’intervista del maggio ’21 all’onorevole Sor Fiore?), il 5 settembre 1920 nella popolosa frazione di Sant’Eraclio (a tre chilometri dal capoluogo), era previsto che Meschiari e Raschi presiedessero alla parte civile di un evento commemorativo che prevedeva l’apposizione di una lapide marmorea in onore dei Caduti originari di quel paese. L’evento, pensato dal gennaio sotto l’egida del Circolo degli Smobilitati, della Parrocchia retta dall’attivissimo don Luigi Polanga e del Partito Popolare Italiano, si sarebbe dovuto tenere nel mese di luglio, e a quanto sembra l’oratore ufficiale avrebbe dovuto essere l’onorevole Mario Cingolani, deputato del nostro Collegio e vice-segretario nazionale del partito di Sturzo (attuale sottosegretario al Lavoro). Ma i socialisti, la Camera del Lavoro e la Lega proletaria mutilati e invalidi avevano battuto sul tempo gli avversari e il 20 maggio avevano messo in atto una grandiosa manifestazione all’insegna di Lenin e dell’antibellicismo, installando una loro targa commemorativa (poi distrutta dagli squadristi nel ’21). L’agognato evento era stato forzosamente rinviato, dunque; ma il 5 settembre, l’ispirazione clerico-pipista permaneva: con il momento civile, cui ho accennato prima, doveva tenersi infatti quello religioso. E si tenne nella parrocchiale di San Pietro. Ora però al centro della scena non si sarebbe visto il pipismo di Cingolani ma il combattentismo di Meschiari e Raschi. Secondo il racconto di “Guardia Rossa”, quando il corteo composto dai musicanti del Concerto locale, da 35 donne, 30 uomini e un “codazzo di ragazzi” uscì dalla chiesa per raggiungere il sito dove era stata collocata la lapide, ebbe “la sgradita sorpresa di trovare occupato il luogo da circa 500 reduci della Lega proletaria e da socialisti. In questo frattempo l’on. Meschiari visto l’ambiente, constatata la figura barbina che faceva per opera dell’ing. Raschi, pensò bene di squagliarsi e lasciare l’incauto ingegnere in mezzo alle piste. Appena gli oratori furono sul palco i compagni intonarono Bandiera Rossa e solo per opera di alcuni l’ing. Raschi poté dichiarare che Gino Meschiari visto l’ambiente e per non far succedere qualche cosa, aveva preferito andarsene. Saliti sul palco i compagni Ambrogioni Teotecno, Innamorati Ferdinando e Innamorati Francesco, fra applausi fragorosi bollarono a fuoco i promotori, smascherando completamente la farsa pipista. Così fra il canto di Bandiera Rossa e grida di W il Socialismo, Abbasso la guerra finì la manifestazione pipista tenuta a battesimo dall’Associazione, per modo di dire, dei Combattenti”. Il cronista del giornale socialista pensava dunque che dietro le quinte fosse stata ben presente la mano del burattinaio “popolare”, nonostante l’assenza di Cingolani; d’altra parte, il mèntore della manifestazione del 5 settembre era stato il medesimo don Polanga, un uomo del PPI; semmai sarebbe dovuto risultare piuttosto stomachevole il connubio di preti, radicali, repubblicani e massoni: ma tutto andava bene purché si veleggiasse nell’alveo antisocialista.
Vi chiederete perché nel 1919 non si fosse manifestato il combattentismo cattolico: non c’era ancora. Almeno per quello che so, esso è apparso da noi nel tardo 1921, con l’Unione Nazionale Reduci di Guerra (all’origine, fine ’18, Unione nazionale fra i militari cattolici mutilati invalidi e reduci di guerra). Còlto da curiosità, mi presi un appunto dal “Corriere Popolare” dell’ottobre nel quale si dava il resoconto di un’assemblea e dell’organico del Sodalizio: presidente della riunione fu Benedetto Pasquini avvocato e imprenditore poligrafico, vice-presidente dell’associazione fu eletto Fortunato Benedetti assicuratore e cartolaio già consigliere pipista, segretario Fernando Ferrucci, consiglieri Arnaldo Spitella ragioniere, Tommaso Stella, Remigio Rossetti, sindaci G.B. Cantarelli, Giovanni Mallucci. In dicembre, lessi sulla “Gazzetta di Foligno” una dura lettera non firmata di un iscritto all’Unione il quale fuoriuscito dalla Combattenti ne denunciava l’asservimento alla massoneria e ai partiti del blocco radico-repubblicano. Dalla “Gazzetta”, ho anche appreso che all’occorrenza si riuniscono all’Istituto “San Carlo”.

Questo è un centro nevralgico nell’assetto clericale folignate, anche sul versante delle iniziative legate all’attuale, lungo e duro ciclo post-bellico. Da lì s’irraggiano le signore dell’Associazione Nazionale fra le Madri e le Vedove dei Caduti; lì operano il Comitato di Foligno per l’Assistenza civile e religiosa agli Orfani di guerra,e il Comitato delle Madrine degli Orfani di Guerra. Ai vertici degli ultimi due aggregati, Eugenio Trampetti ingegnere, da lunga pezza consigliere e vice-presidente della Cassa di Risparmio, la signora Adele dei conti Vannicelli Casoni vedova del possidente Francesco Girolami, già sindaco monarchico di Foligno; essi raggruppano nei Consigli (cito alla rinfusa), un mazzo di signore di primissimo piano: le nobildonne Maria Antonini Berardi in Buffetti, Luigia dei conti Cilleni Nepis in Sorbi, Grazia dei conti Pandolfi Elmi, Giuseppina dei conti Valenti in Prosperi, con le signore (scaglionate su gradini diversi della “buona borghesia”) Lavinia Alleori Ubaldi, Annunziata Fabbricini Calvagni, Ida Giacobetti Paolucci, Francesca Maneschi in Riegherspergher, Maria Mercurelli Salari in Biondi, Lina Mancia, Imelda Patucchi in Chiassi maestra delle scuole primarie, la professoressa Clelia Cantarelli, Aleandra Cominazzini Angelucci signora dalle velleità artistiche, Giuseppina Pelliccioli, Francesca Angelucci, Maria Albertazzi in Duranti, Emirene Buoncristiani, e la maestra Anita Nelli Vidovaldi. Costei è la segretaria della sezione di Foligno (intitolata all’astrofisica Caterina Scarpellini) aderente alla Società Magistrale “Niccolò Tommaseo”, il presidente della quale è Filippo Chiassi insegnante delle classi elementari superiori, buon musicista, già consigliere comunale pipista. Chiassi è vice presidente del Comitato Orfani insieme a don Michele Faloci Pulignani canonico decano della Cattedrale (e fondatore nel lontano 1886 della”Gazzetta”); il decano, pipista intiepidito e (mi dicono) fascio-inclinante, non è l’unica “sottana” che svolazza nelle due congreghe, l’altra essendo quella di don Angelo Fongoli, consigliere del Comitato Madrine, priore-parroco di San Salvatore, canonico onorario della Cattedrale, redattore affilatissimo della “Gazzetta”, pipista caldissimo sin dalla primissima ora. Altrettanto corredata da signore di buon profilo borghese è la Madri e Vedove. Nata da noi il 30 giugno 1921 (filiazione di quella aperta nel ’17 dal prete lombardo Enrico Mauri), gode della presidenza di Giuseppina Ferappi, alberga nel Consiglio Maria Fazi, Amalia Zurla, Maria Adriani, Emilia Bechelli; ne è segretaria-cassiera Augusta Soli; chi poteva esserne l’assistente ecclesiastico? l’immancabile Faloci Pulignani.
E l’Anmig? Si è ri-organizzata dal 26 aprile del 1921. Ignoro se abbia assorbito la Umbra fondata nel ’18 come detto di sopra, e, addirittura, la Combattenti di Raschi, il quale, una volta che s’è schierato con la falange nera ha obiettivi di affermazione e di carriera ben più lucrosi (sotto ogni profilo!!!) di quelli che potrebbe riservargli il combattentismo. Dal 15 febbraio di quest’anno, l’Anmig è affittuaria del Cinema Edison (alle logge del Corso Cavour) ripromettendosi risultati di rilievo. L’ha spuntata alla fine, dopo uno scontro robusto protrattosi per diversi mesi. Il presidente Stefano Viola, fascio-inclinante, ha buone entrature.
E la Lega proletaria? ve ne scriverò nella prossima corrispondenza.