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Di Fabio Bettoni
In foto: Manoscritti economico-filosofici del 1844. Karl Marx. Ed. Feltrinelli
Nel 1844, il dottore in Filosofia Karl Heinrich Marx ha ventisei anni. Nato a Treviri in Renania (1818), dopo discepolati accademici tra Bonn e Berlino, ha conseguito la laurea a Jena (1841), si è dedicato al giornalismo politico, ha sposato la ventinovenne Johanna Bertha Julie Jenny von Westphalen (13 giugno 1843, si faccia attenzione al von nobiliare, baronale) amata da sette anni, quindi insieme alla moglie se n’è andato esule a Parigi (fine di ottobre del ’43), la “nuova capitale del mondo nuovo”. Lì ha concluso la brevissima esperienza di co-fondatore e co-direttore degli “Annali Franco-Tedeschi” (“Deutsch-Französische Jahrbücher”) ove ha inserito lo Umrisse-Schizzo, il trattatello “pioniere” di Friedrich Engels (gli ho dedicato una Noterella nel numero di aprile). Lì, nell’estate, incontrerà per la seconda volta questo giovane rampollo della Ermen & Engels e lì comincerà la Sodàlità di una vita intera. Lì, il nostro Marx, si sta dedicando ad uno studio molto intenso di autori selezionati tra l’economia politica e la filosofia: fino al 1845, legge studia estrapola commenta (cito senza ordine alcuno) testi di A. Smith, J.B. Say, W. Schüz, F. List, H.F. Osiander, F. Skarbek, J.R. Mac-Culloch, G. Prevost, C. Pecqueur, C. Loudon, E. Buret, A.L.C. Destutt de Tracy, D. Ricardo, J. Mill, P. de Boisguillebert, J.Law, J. Lauderdale, e G.W.F. Hegel, il filosofo cui aveva dedicato (e dedicherà) molteplici, instancabili attenzioni, ed Engels, ovviamente, il quale con il suo aurorale, “geniale” Schizzo di una critica dell’economia politica gli ha dischiuso un mondo fino ad allora inesplorato. Insomma, nel periodo indicato compila, tra gli altri, tredici quaderni e un taccuino ovvero quelli che la critica e l’ermeneutica (cominciando dal tardo Engels) hanno definito i “quaderni parigini”.
Nella congerie loro, tre quaderni manoscritti, redatti tra il marzo e il settembre del 1844, saranno messi a fuoco (sto semplificando al massimo) da D.B. Rjazanov nel 1923 e quindi pubblicati a Mosca nel 1932 da V. Adoratskij; e, in questo medesimo anno percorrendo sentieri ben diversi, da S. Landshut e J.P.Mayer in Berlino. Il titolo attribuito ed entrato nell’uso è stato quello di Ökonomisch-Philosophische Manuskripte aus dem Jahre 1844 / Manoscritti Economico-Filosofci del 1844. Non intendo contestualizzare questi testi nel crogiuolo formativo della critica marxiana dell’economia politica; né voglio inquadrare il processo che preluse dal 1923 alle due pubblicazioni nel 1932; né posso illustrare l’intenso, ribollente dibattito che seguì le predette operazioni editoriali; né riferirò della diffusione in Italia: prenderò pertanto a riferimento due recentissime edizioni della raccolta, rinviando ad esse i miei quattro lettori e invitandoli se vogliono a stabilire i dovuti raffronti: K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844 e altre pagine su lavoro e alienazione, a cura di E. Donaggio e P. Kammerer, Milano, Feltrinelli, 2018 (maggio); Manoscritti economico-filosofici del 1844, Edizione commentata a cura di F. Andolfi e G. Sgro’, Napoli-Salerno, Orthotes Editrice, 2018 (ottobre, una rivisitazione particolarmente puntuale e accurata dell’edizione a suo tempo curata da Andolfi nel 1976 per la Newton Compton, collana “Paperbacks marxisti”, n. 35).
Se mi è consentita un’appassionata parentesi biografica, dirò che il mio primo contatto con il giovane Autore “parigino” avvenne nei primi anni Settanta del secolo passato. Dovendo redigere una tesina di Filosofia Teoretica con un professore di grande levatura intellettuale ma di altrettanto grande severità, ovvero con Cornelio Fabro, pensai di dedicarmi ai Manoscritti, e lavorai sull’edizione curata da Galvano della Volpe nel volume sulle Opere filosofiche giovanili di Marx (Edizioni Rinascita, 1950). A testo ultimato, Fabro, avarissimo di elogi, si complimentò con me. Molti anni dopo, fui io a complimentarmi con una mia studentessa di Scienze Politiche, la signorina Daniela Sperandei. Allorché mi chiese un possibile argomento sul quale elaborare la propria tesi di laurea in Storia Economica, le proposi i Manoscritti marxiani. Non ebbe paura di cimentarsi con l’arduo compito e scrisse Riflessioni intorno ai “Manoscritti economico-filosofici del 1844” di Karl Marx. Si laureò con il massimo dei voti e la lode (2007). Le avevo suggerito di prendere a base dello studio l’altra classica edizione, quella a cura di Norberto Bobbio pubblicata nel 1949. Della riproposizione di quell’antica proposta, s’era fatta carico la Biblioteca di Repubblica-L’Espresso nel 2006, con, di Bobbio, l’Introduzione (1948-49), una Nota alla traduzione (1968), e la Biografia di Marx; il tutto corredato da una Prefazione di Marco Revelli.
Tra le tante pagine che potrei citare quale prassi propedeutica alla lettura, oltre a quelle di Donaggio & Kammerer, nonché di Andolfi & Sgro’, segnalo due saggi di M. Musto, su “Studi storici”, e precisamente: I Manoscritti economico-filosofici del 1844 di Karl Marx. Vicissitudini della pubblicazione e interpretazioni critiche, 2008, 3, pp. 763-792, e La formazione della critica dell’economia politica di Marx. Dagli studi giovanili ai “Grundisse”, 2009, 4, pp. 983-1019. Chi vuole può trovarli nella Biblioteca Comunale “Dante Alighieri” della nostra città. Pagine di eccellente esemplarità si leggono nel Karl Marx. Vita e opere di Nicolao Merker, per Laterza, 2010, pp. 53-62 (ma suggerisco di leggere l’intero libro: se ne trarranno molti benefici). Non va dimenticato altresì il saggio (bellissimo) del già menzionato Donaggio su I Manoscritti economico-filosofici del 1844, che si legge nel volume miscellaneo a cura di S. Petrucciani incentrato su Il pensiero di Karl Marx. Filosofa, politica, economia, Carocci editore, 2018, pp. 43-71 (anche in questo caso suggerisco di leggere l’intero libro, una summa analitico-ricostruttiva che concerne l’intera attività teorico-politica di Marx dal 1835).
In breve, i tre quaderni manoscritturali includono i seguenti argomenti: salario di lavoro, profitto del capitale (articolato in quattro punti: il capitale, il profitto del capitale, il dominio del capitale sul lavoro e i motivi del capitalista, l’accumulazione dei capitali e la concorrenza tra i capitalisti); rendita fondiaria, lavoro estraniato e proprietà privata (q. I); rapporto della proprietà privata (q. II); proprietà privata e lavoro, proprietà privata e comunismo, critica della dialettica e della filosofia hegeliana in generale, proprietà privata e bisogni, divisione del lavoro, aggiunte, frammenti, denaro (q. III). La sequenza proposta è quella in Donaggio & Kammerer, i quali aprono la loro edizione con la cosiddetta Prefazione che però come fanno notare è una estrapolazione entrata nella consuetudine in quanto Marx l’aveva cucita nella parte finale del q. III, prima del frammento sul denaro; e chiudono il loro lavoro con le cosiddette Note su James Mill, ritenute da taluni un possibile quarto quaderno. Nella versione di Andolfi & Sgro’ (non posso entrare in raffronti dettagliati), la Prefazione è integrata da passaggi assai pertinenti, mentre l’opera si conclude con la Critica della dialettica e della filosofia hegeliana in genere, senza presentare le Note su James Mill. Quando, da studente di Filosofia, mi avvicinai per la prima volta ai Manoscritti, mi colpì (come a tanti altri, del resto) un passo fondamentale del terzo quaderno. Esso riguarda il “comunismo come positiva soppressione della proprietà privata”.
“Il comunismo come positiva soppressione della proprietà privata come autoestraniazione umana, e quindi come reale appropriazione dell’essenza umana mediante l’uomo e per l’uomo; quindi come ritorno completo, cosciente, compiuto all’interno di tutta la ricchezza dell’evoluzione precedente, dell’uomo per sé stesso come un esse sociale, cioè umano. Questo comunismo in quanto naturalismo compiuto è = umanesimo, in quanto umanismo compiuto = naturalismo, è la verace risoluzione del conflitto dell’uomo con la natura e con l’uomo, la vera risoluzione del conflitto tra esistenza ed essenza, tra oggettivazione e attività autonoma, tra libertà e necessità, tra individuo e specie. È l’enigma risolto della storia e si sa come soluzione”.
In molte occasioni m’è stato domandato perché fossi comunista e mi ostinassi a rimanere tale; assai spesso, ho invitato i miei interlocutori a leggere o a rileggere questo passo.