Ambiente

Caro-bollette, proviamo a vederci chiaro

Abbiamo intervistato il Dott. Massimo Casciola, Direttore Commerciale di VUS COM S.r.l. operante nel settore della commercializzazione di gas naturale a mezzo reti urbane e dal 2021 anche nella commercializzazione dell’energia elettrica. La società appartiene al Gruppo Valle Umbra Servizi che esercita l’attività di direzione e coordinamento tramite la Capogruppo Valle Umbra Servizi S.p.A. che detiene l’intero capitale sociale, i cui soci sono i 22 comuni del comprensorio folignate, spoletino e della Valnerina

“Non basta dire ‘Ci saranno gli aumenti’: bisogna spiegare di quali cifre si parla, da cosa dipendono e come risparmiare”

#ambiente #carobollette
A cura di Vincenzo Falasca
Foto: Prezzi PUN, PSV e TTF (asse sx €/MWh) e CO2 (asse dx €/t) da gennaio 2021 a oggi


Prima di entrare nel merito degli aumenti, spina nel fianco di ogni cittadino ed impresa, proviamo a capire cosa sta succedendo e quali sono le ricadute su Vus Com.

Alcuni dati: Vus Com, in un contesto estremamente complesso come quello che stiamo vivendo ed in un mercato molto aggressivo, come quello energetico, è riuscita a difendere bene la propria posizione con volumi venduti nel 2021 pari a 44,3 Milioni di Mc contro i 46,1 milioni di Mc del 2020 (- 3,9%) e 34,6 mila utenti serviti (dato lievemente inferiore rispetto al 2020 pari a 35,6 mila utenti)

Va però detto che questi fattori non possono essere visti in maniera assoluta, cioè non permettono di valutare direttamente la salute di un’azienda operante in questo settore, perché veniamo in rapida successione dal periodo Covid, poi da una ripresa economica molto violenta legata agli effetti del PNRR, che hanno richiesto a tutto il sistema produttivo quantità di fonti energetiche molto superiori  a quanto preventivato e poi, dal 24 Febbraio 2022, lo scoppio della guerra in Ucraina.

Contestualmente è stata fatta da parte di Vus Com una grossa operazione di qualità per quello che riguarda la propria clientela, analizzando le caratteristiche di solvibilità post-Covid-19  e traendone le conseguenti decisioni commerciali.

In un momento in cui le aziende di commercializzazione del gas anticipavano finanza per le famiglie (perché le rateizzazioni lo Stato le ha concesse alle famiglie senza dare nessun sostegno alle aziende che le concedevano) acquistando materia prima, pagandola anticipatamente per poi incassare, se incassavano,  a 10 mesi, per non sbilanciare oltre il risultato economico, è stato infatti necessario rivedere i criteri di attesa per l’incasso della fattura da parte dell’azienda. Anche perché nello stesso momento in cui noi andiamo a fatturare, attivando le rateizzazioni, lo Stato ci impone di versare comunque alle scadenze regolari le accise, l’IVA, le imposte regionali.

Queste scelte dell’ultimo triennio si sono anche combinate con l’attivazione, da parte nostra della vendita di energia elettrica dal1 luglio 2021. Lo scorso anno in un momento di impennata dei prezzi, abbiamo comunque ottenuto l’ottimo risultato di 4000 unità contrattualizzate.

Che queste siano state delle scelte oculate lo si vede dai bilanci: l’ultimo approvato a fine luglio di quest’anno, se non erro, dovrebbe essere il miglior bilancio a livello di utile netto della storia di Vus Com, con 1.150.688€ di risultato. Contestualmente c’è da dire che questa azienda aveva un capitale sociale di 50.000 € che abbiamo portato ad 1 milione di euro per dare un segnale di solidità e di espansione visto che la nostra attività, prima confinata all’interno del territorio umbro, ora ci vede presenti per il servizio gas nelle regioni confinanti, quindi anche Marche, Toscana, Abruzzo, Lazio e anche in Molise; per il servizio elettrico cominciamo ad essere presenti in tutte le regioni. Gli indicatori per quello che riguarda la salute aziendale, al di là dell’utile netto, sono  attualmente tra i migliori del mercato e con buone prospettive di sviluppo.

Nessun problema, allora ?

Il problema, se così vogliamo dire, è legato alle regole che questo mercato si è dato. Regole che se andavano bene 20 anni fa o 10 anni fa, poi sono andate sempre meno bene, fino a non essere più aderenti all’attuale natura del business. Perché? Perché innanzitutto oggi si registra uno scollamento tra le decisioni di sistema dell’Autorità e le decisioni politiche. È sempre più evidente questo scollamento in quanto l’Autorità non si fa promotrice nei confronti di Governo e Parlamento che quindi dimostrano proprio la mancanza di conoscenza dell’intera filiera, di come è organizzato il sistema energetico nazionale, sia a livello di energia elettrica che di gas. Tant’è che molte di queste decisioni vengono poi opposte e l’Autorità, ove possibile, tende a sanarle; ma purtroppo, quando la soluzione impatta a sua volta da un punto di vista politico, tende a limitarsi alle segnalazioni (come è accaduto proprio il 29 luglio u.s. per la Segnalazione di ARERA a Parlamento e Governo in relazione alle criticità legate agli elevati prezzi del gas naturale).

Faccio un esempio: alcune forze politiche (la Lega, ndr) portano avanti una rateizzazione sempre più spinta delle bollette, non curandosi di chi anticipa tutti i costi necessari a rateizzarle. E se  un anno fa io avevo di questi tempi un costo della materia prima che era di poco sotto i 50 centesimi, sto parlando di dati reali, oggi ho un valore, per la stessa materia prima, intorno ai 2,14 € stimato quest’anno al 1 ottobre (valore presunto alla data di aggiornamento delle condizioni economiche dell’autorità). Siamo tutti in grado di capire che parliamo di un valore moltiplicato quasi 5 volte. Se io lo scorso anno davo circa 6-7 milioni di euro di garanzia dovrei darne domani quasi 35 milioni; lo scorso anno ho fatturato 28 milioni di euro, come faccio a dare garanzia su 35? Quindi è chiaro a tutti come il settore sia in una fase di crisi di liquidità. Crisi di liquidità che deve essere in qualche modo coperta da decisioni a livello nazionale.

E qui si innesca una fortissima confusione per quello che è il concetto di extra- profitto e chi ne beneficia. La maggior parte della gente è convinta che un’azienda come Vus Com, con i prezzi che ci sono adesso, faccia dei profitti eccezionali.

Esatto: una gran confusione. I risultati dell’anno scorso erano dovuti a contratti di acquisto fatti in determinati momenti, a determinate condizioni e che ci hanno permesso di gestire positivamente tutto il periodo Covid e l’avvio della ripresa.

Mi si può rispondere che anche i prezzi alti attuali sono figli delle condizioni di mercato, ma in realtà, mentre i contratti che noi stipuliamo sono contratti annuali, quindi durano 12 mesi un extra profitto come quelli che si stanno immaginando adesso sono figli di contratti a lungo termine e in Italia chi fa contratti a lungo termine? Nemmeno 10 aziende. E chi può portare a casa tanti extraprofitti? Un’azienda in particolare, che tra l’altro è l’unica che li ha dichiarati (ENI ndr). Anche perché, poi, l’utile dichiarato non è solo figlio di acquisto e vendita di materie prima, ma per grossa parte deriva anche dall’attività di raffinazione.

Ci aiuta a capire cos’è l’extra profitto?

E’ innanzitutto qualcosa che va al di là di una logica efficiente di mercato: un prezzo efficiente è quello che ti garantisce la copertura dei costi, la marginalità e la remunerazione del rischio di impresa. E’ chiaro che andando da 10 a 12-13-14 c’è un profitto, passare da 14 a 240 è un extraprofitto, fuori logica di impresa ed anche fuori mercato.

Poi bisogna vedere anche la speculazione che c’è dietro, che è ancora un’altra cosa.

Gli extraprofitti si generano normalmente dal fatto che, come dicevo,  molti contratti di approvvigionamento di lungo termine delle grandi aziende erano stati conclusi diversi anni fa e le condizioni contrattuali, in valore assoluto, di quello che era il costo della materia prima, sia le condizioni di indicizzazione che permetteva a quel prezzo base di aggiornarsi anno per anno, in genere, erano ancorati, soprattutto per il gas naturale, al Brent, il prezzo del petrolio al barile. Oggi, le forniture sono contrattate sul mercato olandese, sulla base dell’indice di riferimento TTF  (Title Transfer Facility). Cosa è successo in questi ultimi mesi? Banalmente, hanno “seguito” un andamento completamente diverso, tipico dei movimenti speculativi, tant’è che nel periodo gennaio 2021 agosto 2022 il Brent ha subito una variazione (un aumento) del 154% mentre il TTF di quasi il 1027% e questo chiaramente ha generato grossi vantaggi per alcuni ma effetti enormemente pesanti, molto negativi sulle bollette di famiglie e imprese. Allo stesso tempo ha mandato in crisi le stesse aziende di commercializzazione e distribuzione del gas che hanno avuto grosse ripercussioni sulla liquidità arrivando o a corpose dismissioni, cessioni o addirittura alla chiusura se non sono intervenuti nel salvataggio gli Stati di riferimento (vedi la nazionalizzazione di EDF in Francia e il salvataggio di UNIPR in Germania).

Valutazione del movimento speculativo e della valutazione sugli extra-profitti.
Quantità (Miliardi di Smc) come fabbisogno italiano

E quindi qual è il peso della speculazione in tutto questo?

Anche questo peso è misurabile attraverso gli stessi dati dell’autorità ARERA. Se tu vai a vedere, in Italia nel 2020 (ultimi dati pienamente raffrontabili) abbiamo avuto bisogno di 71 miliardi di metri cubi per soddisfare la domanda di famiglie, imprese e industrie (esclusa la grande industria e quella energivora come l’acciaieria, l’industria del vetro, della ceramica eccetera). Rispetto ai 71 miliardi di metri cubi necessari ne sono stati scambiati oltre 368 miliardi cioè per ben 4 volte abbiamo avuto passaggi finanziari non necessari e solo uno ‘materiale’. 

Quindi questo è il valore che incorpora il peso della speculazione, amplificato dalla situazione di tensione interna europea dovuta al Covid, ripartenza e PNRR, finanziato con fondi europei, guerra, sanzioni date in comunione tra tutti i paesi dell’Unione.

Quindi quale sarebbe una delle soluzioni che potrebbe apportare oggi un governo europeo, qualora vi fosse? Quella di limitare il numero delle transazioni che non abbiano dietro una consegna fisica del prodotto.

Invece, preferiscono mettere un tetto sul prezzo al prodotto…

Il discorso del Price Cap è un discorso complesso e difficilmente affrontabile in questo contesto. Una cosa però mi sembra chiara: il Price Cap dovrebbe essere un prezzo che quantomeno viene accettato da una delle controparti commerciali. Faccio un esempio: se noi stabiliamo un prezzo a 80 € a megawattora potrebbe non essere accettato da Putin, perché la Russia si aspetta di continuare a finanziare la guerra con un prezzo del gas oltre 200 €/megawattora; ma magari nemmeno dall’Algeria, che oggi ci supporta con ulteriore fornitura, rischiando di perdere entrambi.  Oltretutto, se la finalità era quella di imporre un price cap alle forniture russe, siamo arrivati tardi…Qual è il senso di imporre un price cap oggi che le forniture si sono azzerate?

In ogni caso il price cap deve essere determinato a livello europeo. Il price cap infatti deve essere quel limite di prezzo idoneo a mantenere inalterata la concorrenza nel medesimo mercato europeo.

Qui però ci sono (già stati) diversi approcci. Sul mercato spagnolo e portoghese hanno deciso di fissare un tetto al gas “rivenduto” dalle centrali elettriche di Spagna e Portogallo sui loro mercati interni, ma non a quello che tali centrali pagano quando l’acquistano dai produttori di gas. Questo tetto varierà nel corso del periodo di validità della misura (ossia fino al giugno 2023), ma in media dovrebbe essere intorno ai 50 euro per megawattora. Ora, se una centrale spagnola (per esempio) compra a 200 euro per megawattora (questo è il prezzo di oggi sulla borsa di Amsterdam) e lo rivende come se gli fosse costato 50 euro, chi pagherà la differenza? In base al provvedimento adottato da Madrid e Lisbona, la differenza sarà recuperata principalmente con le stesse bollette dei consumatori (la cosiddetta “compensazione”) e in misura minore con il “reddito di congestione” (in soldoni, con i profitti della vendita di gas prodotto in Spagna alla Francia, che beneficia delle attuali condizioni di mercato di vendita mentre quelle della produzione sono restate inalterate). Ma il dato più importante riguarda il prezzo finale che stanno pagando famiglie e imprese spagnole. Questo prezzo (se si tiene conto della compensazione, pur contestata dagli spagnoli), per quanto sia aumentato nelle ultime settimane, rimane sempre più basso di quello che i consumatori avrebbero dovuto pagare senza il price cap. 

Altri esempi ?

Fuori dall’UE l’Inghilterra ha stanziato 150 miliardi di sterline per ridurre l’inflazione di cinque punti e per fissare un tetto massimo alle bollette dei consumatori a 2500 sterline l’anno per due anni, stoppando così in partenza il previsto rincaro di ottobre dell’80%. E’ chiaro che uno Stato che ha un debito pubblico contenuto e risorse da spendere, può agire di più. Noi abbiamo le mani legate sotto tanti punti di vista.

A mio parere, come le decisioni a livello di sanzioni sono state prese a livello europeo e come è stato fatto recovery fund per il covid, andrebbe fatto a livello europeo un recovery plan per quello che riguarda la questione energetica. Ma bisogna essere consapevoli che si tratterebbe di una manovra (dicono gli esperti) da 1.500 miliardi e quindi difficilmente immaginabile in questo frangente.

Venendo a casa nostra…

La prima cosa che ha cercato di fare l’Italia, per diminuire la volatilità, è stato di disancorare il prezzo della materia prima dal TTF e passarlo al PSV (Punto di Scambio Virtuale).  Se si guarda la bolletta c’è la ben nota componente PFOR (PFOR è il Prezzo Fornitura a copertura dei costi di approvvigionamento del gas naturale ed è il prezzo di riferimento di acquisto del gas del mercato tutelato in Italia). La PFOR veniva aggiornata con cadenza trimestrale, le quotazioni che conducevano aggiornamento della PFOR venivano fatte in base alle quotazioni del TTF olandese.

Perché si era scelto il TTF? 

Innanzitutto, l’Olanda è stato uno dei primi paesi ad utilizzare il gas metano come materia energetica, perché il più grande giacimento in Europa era a Groningen. Essendo stato il primo, è lì che si è sviluppato il maggior mercato di compravendita del gas così come tutte le diramazioni dei tubi, comprese quelle che vengono giù dalla Norvegia e che si dipartono poi verso l’Italia, per la Francia eccetera.

Perciò, quando si è trattato di scegliere un prezzo di riferimento, si è scelto il prezzo che manifestava quel mercato. Perché se un mercato ha molti scambi, il prezzo è efficiente. Se un mercato ha scambi rarefatti tra una quotazione e l’altra, anche il margine della speculazione diventa maggiore. Anche perché si veniva da un periodo in cui c’erano grosse speculazioni sul prezzo del petrolio e siccome i contratti a lungo termine erano ancorati al Brent, il petrolio balzava in alto e quindi c’erano troppi fattori geopolitici esterni che influenzano il prezzo della materia prima. Allora abbiamo trovato l’ancoraggio a quest’altro mercato.

Successivamente, come dicevo, il 29 luglio 2022,  l’autorità ARERA delibera che, siccome il TTF scarica sul cliente finale, i suoi effetti con tre mesi di ritardo, mandando in crisi i venditori, si ancora il prezzo al PSV, Punto di Scambio Virtuale, un hub che non esiste, che però delimita quello che è il passaggio di consegne tra l’Europa e l’Italia, definendo un migliore prezzo di riferimento corrispondente al valore effettivo di scambio della merce al confine italiano, comprensivo, tra l’altro, dei costi di trasporto, ricercando un riferimento più puntuale ed affidabile.

Poi si possono fare tanti ragionamenti, bisogna riaprire, come dicono praticamente tutti, anche la produzione nazionale. Certo bisognerà riaprirla, sono d’accordo, consapevoli che non ci fai molto perché noi produciamo 4-5 miliardi l’anno di metri cubi che rappresentano il 6-7% nazionale, ma oggi serve pure questo. La nostra produzione massima ha toccato un picco che quasi ‘era arrivato al 10% della domanda.

Tenete anche conto che, paradossalmente, noi abbiamo esportato 1,4 miliardi di metri cubi di gas in Europa, diciamo dalla Basilicata.

Faccio io le deduzioni: Se questo miliardo e mezzo di metri cubi lo vendo in Italia a prezzo calmierato o addirittura lo do alle famiglie o alle aziende gratis chi se ne avvantaggia? E se invece lo esporto e lo vendo ai prezzi di mercato gonfiati? 

Considerando che ce ne mancano 10 miliardi, spero almeno sia stata valutata la possibilità se fosse stato possibile stoccarli.

Gli stoccaggi, poi pochi sanno come funzionano perché si pensa che in qualsiasi momento posso pompare dentro e invece da ottobre si dice avrò dei problemi.

Praticamente lo stoccaggio che cos’è? Non è altro che l’attività di riempimento di una cavità che prima conteneva gas metano che si è esaurito. Tali cavità “naturali” opportunamente trattate, possono permettere di reiniettare dentro metano. Intorno alla fine di aprile, quando si è prelevato il gas richiesto, fisicamente gli stoccaggi si preparano a ricevere gas e poco dopo iniziano le iniezioni. Tutta questa operazione procede fino alla fine di ottobre quando si inverte l’impianto e si inizia di nuovo a prelevare il gas per il consumo. Quindi, a fine ottobre, chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto: quello che c’è dovremo farcelo bastare.

Ecco perché noi abbiamo cominciato a fare le comunicazioni di risparmio sulle materie energetiche. Oltre al fatto che, ecologicamente parlando, bisogna diminuire i consumi in generale ed in particolare il consumo di fonti fossili.

Ma una situazione di questo genere dovrebbe essere spinta anzi doveva già essere spinta dal governo con apposite campagne che ti preparavano ad un “inverno complesso” come è stato definito da autorevoli fonti governative.

Volume intermediato (dati ARERA)

E da noi quanto sono aumentate, per ora le bollette?

Sono aumentate come in tutta Italia, l’indice è uguale per tutti.

Anche qui c’è una grossa campagna di scarsa o dis-informazione: se andate a vedere le comunicazioni che hanno dato i giornali c’è scritto che le bollette non aumentano, con frasi molto ad effetto ci dicono che praticamente sono stati compensati gli aumenti a partire dal primo di ottobre. Non è vero e purtroppo lo vedremo.

Prima faccio una premessa dal punto di vista economico. Tu compri il gas, a 100 e sicuramente pensi di rivenderlo un valore superiore a 100. Perché prendi il prezzo di acquisto del gas e ci ricarichi un piccolo margine o anche un grande margine, dipende dalle tue aspettative. Il governo ha detto a me non interessa come fai tu a comprare il gas, tu lo vendi al prezzo di acquisto dell’anno prima.

L’anno prima il gas costava intorno ai 22 centesimi: lo compravo a 20 e vendevo 22, guadagnavo due centesimi. Il contratto scade il 30 settembre.

Oggi il mio fornitore non mi dà più gas a 22 cent., ma a 2,25 € e tu mi imponi di venderlo comunque a 22, io potenzialmente perdo 2 € al metro cubo. Se per le utenze che ricadono in questa fattispecie ho la necessità di acquistare, ad esempio, un milione di metri cubi avrò una perdita in bilancio di 2 milioni di euro con tutto quello che comporta per la salute dell’azienda e per le ricadute su tutti gli altri utenti. Questo vale in particolare per le aziende pubbliche dove le ricadute andrebbero in capo ai Comuni e quindi ai cittadini.

Questo è in sostanza quello che è contenuto nell’articolo 3 del decreto aiuti bis, oggetto di conversione in Parlamento. Questi effetto si genera perché è stata sospesa, fino al 30 aprile 2023, l’applicazione delle cosiddette variazioni unilaterali delle condizioni generali di fornitura, che prevedevano, appunto, l’aggiornamento delle tariffe di vendita sulla base delle tariffe d’acquisto. Che per una impresa è in realtà la cosa più normale, noi aggiorniamo il costo finale perché varia il costo d’acquisto anche se il nostro margine rimane lo stesso.

Quindi significa che tutta una serie di imprese, sia pubbliche che private, quindi gente che ha investito risorse e in progetti di sviluppo saranno costretti a vendere sotto costo e in molti casi a chiudere. In buona sostanza li costringi a dare un vantaggio a chi?

E qui avviene una aberrazione di trattamento tra i clienti finali. Chi è rimasto nel mercato di tutela regolato dall’Autorità di settore, si troverà un prezzo quasi raddoppiato dal 1° ottobre. Chi invece aveva una offerta sul mercato libero frutto di contratti sottoscritti a condizioni di mercato completamente diverse, se le vede prorogate per un intero inverno. Molte aziende non riusciranno a chiudere i loro bilanci e usciranno dal mercato. Fortunatamente questa è una situazione che riguarda solo marginalmente la nostra società. Non avrà praticamente effetti sui nostri bilanci, ma non ci possiamo rallegrare di questo. Questa è una norma che è sbagliata e andrebbe corretta anche se il Governo non è della stessa opinione.

Siamo giunti quindi alla nota dolente anzi, come ha detto l’ARERA, “all’autunno drammatico”. Quali sono le stime di aumento?

Per le bollette, se le condizioni di mercato nel mese di settembre rimangono le stesse del mese di agosto, una famiglia che consumava 1400 m³ di gas naturale praticamente passa da 1500/1.700 € a circa 3.000-3600€ per un medesimo anno. Sono stime legate ai valori attuali di prezzo. Naturalmente sarà necessario vedere se questi si manterranno: naturalmente la speranza è che diminuiscano.

Così una famiglia non ce la fa. Anche rateizzando mensilmente solo per il gas sono 300€ al mese e una famiglia normale, ripeto, non ce la fa.

Una famiglia standard (1.400 Smc di gas e 2.700 KWh di luce all’anno) rischia di avere un esborso energetico, tra elettrico e gas, di oltre 4.500 €. Sono naturalmente stime che tengono dentro anche il mantenimento da parte del Governo delle agevolazioni concesse sino ad ora.

Per questo diciamo che non basta dire ‘Ci saranno gli aumenti’: bisogna spiegare di quali cifre si parla, da cosa dipendono e come risparmiare.

Io dico, cominciamo a dirlo prima. Perché se io a te dico “il prezzo aumenta” tu cosa ti aspetti? Non lo sai, perché può mandare da 100 a 105 e tu dici ha un peso sostenibile. Tu mi devi dire che passa da 1000 a 2000 e io so che l’impatto sulle mie finanze è di 1000€, mi devi rendere percettibile il valore economico dell’aumento. Quello deve essere.

E noi stiamo dando questo tipo di informazione.

Questo non vi espone al rischio di disdette e perdita di clienti?

Purtroppo sì, perché qualcuno penserà che “la colpa” è nostra o perché vogliamo speculare. Poi però succede che i clienti che cambiamo fornitore poi tornano con noi… presenti sul territorio e senza interesse a speculare. Del resto, quello che ci ha permesso di continuare ad operare in un mercato sempre più concorrenziale è proprio il comportamento che abbiamo tenuto nell’approccio con il nostro cliente finale.

Ancora una volta il legislatore, su questo aspetto, è in ritardo: nel 2018-19 il Governo dell’epoca parlava di “capacitazione” intendendo con tale termine rendere il cliente finale capace di effettuare delle scelte consapevoli e quindi essere capace di effettuare una comparazione tra le diverse offerte commerciali, ma anche assumere comportamenti virtuosi. Il Governo ha sempre detto: devo informare. Bene, allora cominciamo per tempo. Facciamo un piano di comunicazione fatto per bene: invece, di anno in anno hanno invece sempre rimandato, fino a che la situazione non è esplosa tra le mani.

In mezzo a tutto questo caos noi abbiamo ritenuto opportuno informare tutti, attraverso le comunicazioni che sono arrivate a casa di ogni utente, attraverso i nostri spazi di comunicazione. Abbiamo impostato una puntuale campagna di informazione che fornirà suggerimenti e buone pratiche per ridurre i consumi: una concreta possibilità con ricadute effettive sui bilanci familiari ed aziendali.

Poi siamo sempre a disposizione, guardiamo la singola posizione con l’intento di sostenere tutti nei limiti di quello che è il mantenimento di una struttura responsabile per una azienda pubblica. Insomma, dove possiamo arrivare sicuramente arriviamo, ma in un momento di mercato così critico ognuno dovrà fare la propria parte.

Il fotoreportage che accompagna l’intervista è stato realizzato da Francesca Romana Felici il 5 settembre scorso a Foligno, in occasione della manifestazione indetta da Confcommercio Umbria.

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