
#elezioni #politiche #2022
Articolo di Micropolis
In foto: Repertorio sul voto.
Affluenza. Domenica 25 settembre si è votato, in anticipo di un anno, per il rinnovo del Parlamento. Si trattava del primo appuntamento generale dopo la lunga notte della pandemia, usciti dalla quale (ricordate gli slogan) niente sarebbe stato come prima. Certo se queste elezioni dovevano, in un qualche modo, costituire una sorta di cartina tornasole del livello di fiducia che gli italiani ripongono nelle istituzioni, nella loro capacità di risolvere i problemi (ieri del Covid, oggi della crisi energetica), la risposta è sta alquanto deludente. Il 46,0% dei cittadini elettori (oltre 21 milioni di italiani) ha risposto “no grazie”, preferendo (complice il maltempo ed il fatto che si votava solo domenica?) restare a casa. Tra le politiche del 2018 e le attuali l’astensionismo è cresciuto di circa nove punti percentuali (2018, 37,0%), ovvero altri 4 milioni e passa di italiani si sono aggiunti alla schiera del non voto. (A questi andrebbero poi aggiunte le schede lasciate in bianco ed anche le nulle, che nella stragrande maggioranza dei casi contengono un esplicito segnale di protesta nei confronti del sistema politico, che in totale hanno abbondantemente superato il milione).
E questo è un bel problema per la nostra democrazia. A un bel dire l’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi che le istituzioni democratiche del nostro paese sono salde e non temono attacchi esterni, con livelli di crescita dell’astensionismo di questa portata c’è il rischio reale che prima o poi le istituzioni si trasformino in vuoti simulacri.
1972 | 1976 | 1979 | 1983 | 1987 | 1992 | 1994 | 1996 | 2001 | 2006 | 2008 | 2013 | 2018 | 2022 | |
Nord Ovest | 96,2 | 95,6 | 94,2 | 91,7 | 91,9 | 91,0 | 90,8 | 87,8 | 85,3 | 86,3 | 82,9 | 78,5 | 75,9 | 68,4 |
Nord Est | 95,3 | 96,1 | 93,7 | 91,6 | 91,9 | 91,2 | 90,4 | 86,9 | 84,0 | 87,2 | 83,9 | 80,8 | 77,5 | 68,9 |
Centro | 94,2 | 94,5 | 92,3 | 89,7 | 89,8 | 88,7 | 88,2 | 85,8 | 81,6 | 84,8 | 81,3 | 77,5 | 71,7 | 64,3 |
Sud | 88,2 | 88,9 | 84,6 | 84,4 | 83,6 | 81,4 | 79,1 | 75,0 | 76,3 | 79,0 | 76,0 | 68,9 | 68,7 | 55,2 |
Isole | 86,1 | 87,2 | 82,5 | 81,6 | 81,0 | 78,8 | 76,7 | 72,4 | 72,8 | 75,7 | 74,3 | 65,5 | 63,5 | 56,3 |
Italia | 93,2 | 93,4 | 90,6 | 88,0 | 88,8 | 87,3 | 86,3 | 82,9 | 81,4 | 83,6 | 80,5 | 75,2 | 72,9 | 63,9 |
Dato preoccupante è che questo incremento di circa 9 punti dell’astensione riguarda in maniera omogenea tutte le aree del paese. Così l’Emilia-Romagna, la regione con il più alto livello di affluenza, passa dal 78,31% del 2018 all’attuale 71,97%, nel Veneto dal 78,85% si scende al 70,17%, in Lombardia dal 77,02% al 70,09%. Ancora più pesanti sono i dati delle regioni meridionali: in Calabria si va dal 63,57% al 50,80%, in Campania dal 67,85% al 53,23%, nella piccola Basilicata dal 71,11% al 58,77%, in Sardegna dal 65,76% al 53,16%. Quello che impressiona e fa riflettere non è solo e tanto il dato in se dell’astensionismo ma, da un lato, la sua trasversalità territoriale, non c’è città d’Italia che non veda diminuire la partecipazione al voto, dall’altro l’accelerazione che questo fenomeno ha conosciuto nel giro di quattro anni, guarda caso anni nei quali il paese ha dovuto affrontare prove e sfide decisive e proprio in questi anni la fiducia dei cittadini nei confronti della politica e dell’esercizio della democrazia del voto è venuta meno ad un tasso mai conosciuto in passato.
Forse sarebbe utile (e necessario) comprendere meglio chi sono questi 21 milioni di cittadini che disertano le urne. Sono i giovani, compresi quelli impegnati di Friday for future, che abbiamo visto sfilare pochi giorni per le città italiane e denunciano di non trovare alcuna sponda politica per le istanze che pongono, o gli anziani, che, assottigliatesi le reti di solidarietà familiare, si trovano soli, in un paese che inesorabilmente invecchia sempre più, a fare i conti con una vecchiaia tutt’altro che serena, o il ceto medio, a dichiarazione difeso da tutti, ma che vede dissolversi sempre più rapidamente quelle prospettive di benessere faticosamente costruite, o gli operai, i lavoratori delle tante aziende che, nel silenzio delle istituzioni, con un sms vengono licenziati ed apprendono che la loro fabbrica è stata chiusa e trasferita chissà dove. E’ chi vive nelle periferie degradate delle grandi città o anche chi dai piccoli centri (i borghi), sempre sguarniti di servizi e di presidi di welfare, è costretto ad emigrare. Sono domande ineludibili che prima o poi la politica dovrà porsi
Il centro-destra vince ma non avanza, anzi arretra. “Poteva andare peggio”, così titolava il libro del 2010 di Mario Pirani attraverso mezzo secolo di storia italiana e di “ragionevoli illusioni”. Guardando i risultati di queste elezioni peggio di così non poteva andare e, a costo di sembrare eccessivamente pessimista, assai scarse sono le “ragionevoli illusioni”. Certo, magra consolazione, il centro-destra (ormai molto più destra e poco o nulla centro), presentandosi nella classica formazione a tridente, più qualche satellite (formula collaudata ormai da anni) come ampiamente previsto da tutti i pronostici della vigilia ha vinto, ma non stravinto, nel senso che il conteggio finale dei seggi gli consegna una più che solida maggioranza sia alla Camera che al Senato ma non quei due terzi che avrebbero consentito di modificare la Costituzione senza possibilità di appello. Le quattro liste di destra-centro (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati) nel complesso si attestano, con 12.299.648 su di una percentuale del 43,79%, migliorando in termini percentuali il risultato delle precedenti politiche (37,00%) ma eguagliandolo in termini di consensi (12.152.345 voti nel 2018), il che fa ragionevolmente affermare che nel giro di questi ultimi quattro anni la base elettorale del centro-destra non ha registrato significativi ampliamenti.
Partiti | 2022 | 2018 | 2019 | |||
Voti ass. | % | Voti ass. | % | Voti ass. | % | |
Fratelli d’Italia | 7.300.628 | 25,99 | 1.429.550 | 4,35 | 1.723.232 | 6,46 |
Lega | 2.454.176 | 8,77 | 5.698.687 | 17,35 | 9.153.638 | 34,33 |
Forza Italia | 2.279.130 | 8,11 | 4.596.956 | 14,00 | 2.344.456 | 8,79 |
Noi Moderati | 255.714 | 0,91 | ||||
Altri centro-destra | 427.152 | 1,30 | ||||
Totale centro-destra | 12.299.648 | 43,79 | 12.152.345 | 37,00 | 13.221.326 | 49,58 |
Partito democratico | 5.355.086 | 19,07 | 6.161.896 | 18,76 | 6.050.351 | 22,69 |
+ Europa | 793.925 | 2,83 | 841.468 | 2,56 | 822.764 | 3,09 |
Impegno civico | 169.405 | 0,60 | ||||
Verdi-Sinistra | 1.019.208 | 3,63 | 1.074.770 | 4,04 | ||
Altri centro-sinistra | 503.359 | 1,53 | ||||
Totale centro-sinistra | 7.337.624 | 26,13 | 7.506.723 | 22,86 | ||
Azione-Italia viva | 2.186.658 | 7,79 | ||||
Movimento 5 Stelle | 4.333.748 | 15,43 | 10.732.066 | 32,68 | 4.552.527 | 17,07 |
Italexit | 534.574 | 1,90 | ||||
Unione popolare | 402.977 | 1,43 | ||||
Partito comunista | 106.816 | 0,33 | 234.323 | 0,88 | ||
Pci | 24.555 | 0,09 | ||||
Potere al Popolo | 327.179 | 1,13 | ||||
Liberi ed Uguali | 1.114.799 | 3,39 | ||||
C. Pound/Forza nuova | 438.966 | 1,34 | 129.506 | 0,48 | ||
Altri | 976.769 | 3,48 | 462.811 | 1,28 | 577.395 | 2,17 |
Totale | 28.086.553 | 100,00 | 32.841.705 | 100,00 | 26.662.962 | 100,00 |
Non solo ma all’europee del 2019 le forze politiche costituenti il centro-destra, ancorché corressero ognuna per proprio conto, con oltre 13 milioni di voti erano arrivate a sfiorare il 50% dei consensi (49,58%). Quindi stando a questi numeri, paradossalmente, l’area di consenso per le forze politiche di centro-destra tra il 2019 ed il 2022 subisce una flessione, percentualmente ma (ed è il dato che conta) in voti assoluti. Quello che trasforma questo 43,79% in un trionfo è il meccanismo della legge elettorale, segnatamente nella parte maggioritaria che consente al centro-destra, complice la divisione delle forze politiche che gli si contrappongono, di conquistare alla Camera 121 seggi uninominali su 147; con il 43,79% dei consensi il centro destra porta a casa l’82,31% dei seggi dell’uninominale. Stesso copione al Senato, in questo caso i seggi uninominale sono 74 ed il centro-destra ne porta a casa 59 (79,73%).
All’interno della coalizione di centro-destra netta l’affermazione di Fratelli d’Italia, che con 7.300.628 voti ed una percentuale che arriva al 26,00%, si afferma nettamente come prima forza politica nazionale, staccando nettamente tutte le altre forze politiche, a partire dal suo diretto rivale, il Pd, che non supera la soglia del 20 per cento. Rimanendo nel campo del centro-destra continua la lenta e progressiva agonia di Forza Italia, con tutti i suoi alti e bassi. Con 2.279.130 voti ed un percentuale del’8,11% Forza Italia accusa un calo di poco meno di 4 punti percentuali rispetto alle precedenti politiche, confermando il risultato dell’europee del 2019 (2.344.456 voti, 8,79%). Non arriva nemmeno all’1% la lista Noi Moderati, animata dall’ex ministro berlusconiano alle infrastrutture Maurizio Lupi e che metteva insieme resti dell’Udc di Lorenzo Cesa, Italia al centro del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e coraggio Italia di Luigi Brugnaro sindaco di Venezia.
Ma chi, nel campo del centro-destra, esce da queste elezioni “con le ossa rotte”, segnato da una debacle senza precedenti è la Lega di Matteo Salvini, che con poco meno di 2milioni e mezzo di voti precipita all’8,11%, tornando indietro di 14 anni, alle politiche del 2008 quando la Lega di Bossi, ancora forza politica espressione della Padania, con 3 milioni di voti si attestò all’8,31%. Matteo Salvini, scalzando tutto il vecchio gruppo dirigente (Bossi ma anche Maroni) aveva preso le redini di una Lega che (politiche 2013) era scesa al suo minimo storico (4,09%), portandola alle politiche successive (2018) al 17,35% per giungere all’europee del 2019 a 9 milioni di voti ed una percentuale del 34,33%, degna di una Dc primi anni sessanta. Tenendo presente che nelle ultime competizioni elettorali il bacino elettorale del centro-destra oscilla tra i 12 ed i 13 milioni, è abbastanza intuitivo supporre che la parte più consistente di voti in uscita dalla Lega si sia riversata su Fratelli d’Italia, o meglio su Giorgia Meloni. Una conferma di questa ipotesi la fornisce uno studio sui flussi elettorali realizzato dall’Istituto Cattaneo di Bologna, che prende in nove città capoluogo di provincia. Emerge che, in particolare nelle città del nord, dal 60 al 70 percento del voto 2022 di Fratelli d’Italia sia di elettori 2019 della Lega.
Questa sorta di passaggio di testimone interno al centro-destra tra Salvi/Meloni fa emergere un elemento caratterizzante i comportamenti politici ed elettorali degli italiani, che, per brevità di ragionamento, si definisce come personalizzazione della politica; fenomeno assai complesso ma che al fondo si sostanzia in un impulso alla semplificazione. Più i problemi sono complessi e necessitano di riflessioni ed approcci multifocali, e più si cercano le scorciatoie della semplificazione e cosa c’è di più semplice di un uomo (o una donna) solo (o sola) al comando. Ieri ci si è affidati a Matteo Renzi, il rottamatore, poi a Matteo Salvini, il difensore del suolo patrio, oggi si tenta con il Dio, patria e famiglia di Giorgia Meloni. Così ragiona un parte importante e non secondaria del paese, che tuttavia, stando ai risultati elettorali ha una solida maggioranza parlamentare (116 deputati su 253 e 115 senatori su 200) ma non è maggioranza nel paese.
Prima di passare ad esaminare i risultati delle altre forze politiche (votate dal 56% degli elettori) vale la pena sottolineare un elemento che in certo qual modo contribuisce a caratterizzare questa coalizione di centro-destra, come coalizione molto di destra e assai poco di centro. Da tempo immemore in tutte le competizioni elettorali nazionali sono sempre state presenti lista di estrema destra, da Fiamma tricolore a Forza nuova a Casa Pound, che, nei momenti migliori, sono riusciti a raccogliere fino a mezzo milione di voti. In queste politiche non vi è traccia di queste liste.
Partito democratico, una strategia fallimentare. Non è questa la sede per ripercorrere i vari (ed improvvidi) cambiamenti di strategia e rotta che hanno caratterizzato la campagna elettorale del Pd e del suo segretario Enrico Letta, sta di fatto che l’obiettivo di portare a casa un risultato che facesse del Pd la prima forza politica è miseramente fallito. Con 5.355.086 voti il Pd non arriva neanche a superare la soglia del 20% fermandosi al 19,07%, risultato percentualmente migliore rispetto alle politiche del 2018 (18,76%) ma in calo nei confronti delle europee del 2019 (22,69%), in ogni caso accusando rispetto ai precedenti appuntamenti elettorali una perdita di consensi attorno ai 700/800mila voti.
Partiti | Camera | Senato | ||||
Uninominale | Plurinominale | Totale | Uninominale | Plurinominale | Totale | |
Fratelli d’Italia | 69 | 69 | 34 | 34 | ||
Lega | 23 | 23 | 13 | 13 | ||
Forza Italia | 22 | 22 | 9 | 9 | ||
Lega-Fi-FdI Estero | 2 | 2 | ||||
Totale centro-destra | 121 | 116 | 237 | 59 | 56 | 115 |
Partito democratico | 61 | 61 | 34 | 34 | ||
Verdi-Sinistra | 11 | 11 | 3 | 3 | ||
Totale centro-sinistra | 12 | 72 | 84 | 7 | 37 | 44 |
Azione-Italia viva | 21 | 21 | 9 | 9 | ||
Movimento 5 Stelle | 10 | 42 | 52 | 5 | 23 | 28 |
Sudtiroler Volkspartei | 2 | 1 | 3 | 2 | 2 | |
De Luca Italia | 1 | 1 | 1 | 1 | ||
Vallée d’Aoste | 1 | 1 | ||||
MAIE Italiani all’Estero | 1 | 1 | 1 | 1 | ||
Totale | 147 | 253 | 400 | 74 | 216 | 200 |
All’interno della coalizione costruita attorno al Pd, in realtà più un’alleanza elettorale che una vera coalizione cementata da un programma di governo, a differenza del centro-destra che si è presentato come coalizione di governo, la lista +Europa animata da Emma Bonino, pur non superando la soglia del 3%, quindi con esclusione dal poter partecipare all’assegnazione di seggi parlamentari, con 793.925 voti si pone leggermente al di sotto di quanto ottenuto nelle precedenti tornate elettorali. Decisamente deludente, invece, il debutto di Impegno civico dell’ex 5 Stelle Luigi di Maio, che realizza con 169.405 voti appena lo 0,60%. Funziona invece l’alleanza rosso-verde che con poco più di 1 milione di voti porta a casa il 3,63% ed il diritto ad una rappresentanza parlamentare (11 deputati e 3 senatori nel plurinominale), confermando il risultato del 2019 (1 milione di voti e 4,04%).
Passando alle altre forze tiene il Movimento 5 Stelle, che dato praticamente per spacciato all’inizio della campagna elettorale, marchiato a fuoco con l’accusa di “draghicidio”, riesce a recuperare consensi e con 4.333.748 voti ed una percentuale del 15,43% si accredita come terza formazione politica nazionale, posizionandosi alle spalle del Pd, dal quale lo separano 1 milione di voti, e staccando di quasi 2 milioni di voti la Lega di Salvini. In termini di consensi assoluti il Movimento 5 Stelle conferma il risultato delle europee del 2019, quando aveva dimezzato i voti rispetto alle politiche del 2018. Tutto ciò farebbe supporre che per i 5 Stelle la fase discendente di perdita di consensi si sia in qualche modo arrestato.
Pare funzionare l’accoppiata Calenda-Renzi (Azione-Italia Viva) che al suo esordio porta a casa, con 2.186.658 voti, un più che dignitoso 7,79%; non è il risultato a due cifre nel quale, alla vigilia del voto, i due speravano, è comunque un risultato che li pone immediatamente a ridosso di Lega e Forza Italia e consente di avere una pattuglia parlamentare di 21 deputati e 9 senatori. Sotto la soglia del 2% si colloca la lista negazionista Italexit di Gianluigi Paragone (circa mezzo milione di voti), mentre non molto in là vanno le varie liste di sinistra: Unione popolare di De Magistris (402.977 voti, 1,43%), Italia sovrana e popolare (MarcoRizzo ed Antonio Ingroia, 348.074 voti, 1,24%), Pci di Mauro Alboresi, ex Pdci (24.55 voti, 0,09%).
Circoscrizione | C.Sinistra | C. Destra | Mov. 5 Stelle | Azione Italia Viva | ||||
V. ass. | % | V. ass. | % | V. ass. | % | V. ass. | % | |
Abruzzo | 137.269 | 21,94 | 298684 | 47,23 | 115.456 | 18,45 | 39311 | 6,28 |
Basilicata | 52.781 | 21,59 | 93.648 | 38,31 | 61.114 | 25,00 | 23.870 | 9,76 |
Calabria | 130.605 | 18,15 | 297.541 | 41,53 | 211.390 | 29,38 | 29.810 | 4,14 |
Campania | 510.617 | 22,16 | 777.007 | 33,42 | 796.636 | 34,57 | 120.177 | 5,22 |
Emilia Romagna | 829.381 | 35,95 | 898.085 | 38,93 | 228.663 | 9,91 | 197.338 | 8,55 |
Friuli V. Giulia | 152.400 | 25,75 | 295.157 | 49,87 | 42.575 | 7,19 | 51.624 | 8,72 |
Lazio | 721.920 | 26,67 | 1.213.143 | 44,82 | 405.841 | 14,99 | 226.036 | 8,35 |
Liguria | 226.805 | 30,88 | 309.034 | 42,08 | 93.568 | 12,74 | 54.154 | 7,37 |
Lombardia | 1.352.145 | 26,70 | 2.560.790 | 50,56 | 378.885 | 7,48 | 522.377 | 10,31 |
Marche | 203.383 | 26,69 | 340.128 | 44,63 | 103.594 | 13,59 | 56.429 | 7,40 |
Molise | 30.189 | 23,35 | 55.472 | 42,90 | 31.441 | 24,32 | 6.250 | 4,83 |
Piemonte | 599.960 | 28,55 | 970.753 | 46,19 | 218.186 | 10,38 | 186.154 | 8,86 |
Puglia | 392.011 | 22,49 | 715.717 | 41,07 | 487.348 | 27,96 | 83.960 | 4,82 |
Sardegna | 184.854 | 26,96 | 277.854 | 40,52 | 149.477 | 21,80 | 31.593 | 4,61 |
Sicilia | 334.161 | 16,42 | 735.737 | 36,16 | 573.426 | 28,18 | 104.053 | 5,11 |
Toscana | 650.522 | 36,64 | 724.492 | 38,58 | 209.240 | 11,14 | 176.523 | 9,40 |
Trentino A. A. | 132.938 | 26,30 | 157.622 | 31,18 | 25.394 | 5,02 | 30.678 | 6,07 |
Umbria | 117.247 | 26,90 | 199.731 | 45,82 | 55.195 | 12,66 | 35.061 | 8,17 |
Veneto | 578.406 | 23,03 | 1.413.108 | 56,26 | 146.319 | 5,83 | 210.720 | 8,39 |
Totale | 7.337.624 | 26,13 | 12.299.648 | 43,79 | 4.333.748 | 15,43 | 2.186.658 | 7,79 |
Al fine di completare il quadro nazionale è di un certo interesse analizzare come il voto è andato distribuendosi territorialmente, la geografia del voto. Il voto delle precedenti politiche del 2018 ci restituiva un’immagine di un’Italia dai contorni preunitari, nettamente divisa in due, con il Meridione (Regno delle due Sicilie e larga parte dello Stato Pontificio) dove prevaleva nettamente il voto 5 Stelle, mentre al centro-destra andava tutto il lombardo veneto e lo stato sabaudo, con incursioni verso il centro (Umbria). Il centrosinistra, battuto ovunque, reggeva solo nel Granducato di Toscana, insidiato dal centro-destra e, grazie all’apporto della Sudtiroler Volkspartei, in Trentino Alto Adige. Con il voto delle politiche di domenica 25 settembre questa geografia politica registra alcuni cambiamenti. Innanzitutto la coalizione di centro-destra è forza di maggioranza relativa in tutte le regioni, tranne che in Campania, con percentuali che vanno da un massimo del 56,26% del Veneto ad un minimo del 36,16% in Sicilia. Il centro-sinistra, e segnatamente il Pd, arretra ovunque, perdendo anche la Toscana e posizionandosi come terza forza politica, superato dai 5 Stelle in Basilicata, Calabria, Molise, Puglia, e Sicilia. Il Movimento 5 Stelle, pur arretrando rispetto ai risultati del 2018, continua ma mantenere una forte presa nelle regioni meridionali. In Campania batte l’intera coalizione di centro-destra, mentre è prima forza politica in Molise, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia; di fatto il Movimento 5 Stelle è la forza politica che impedisce lo sfondamento a sud di Fratelli d’Italia, che ottiene ottimi risultati al Centro (Lazio, Marche ed anche Umbria) e, scalzando il predominio storico della Lega, nel Nord-Est.
Umbria: il centrodestra vince ma perde la maggioranza. Anche in Umbria, come del resto in tutte le regioni d’Italia (ad esclusione della Campania), con un’affluenza del 68,83%, in calo di poco meno di 10 punti rispetto al 2018 (78,23%), sfiorando i 200mila voti e con una percentuale largamente al di sopra del 45,82%, la maggioranza va al centro-destra a trazione Fratelli d’Italia, che migliora sia in voti che in percentuale il risultato delle precedenti politiche (188.073 voti, 36,78%) ma arretra pesantemente rispetto al trionfale risultato delle regionali del 2019, quando con 245.879 voti arrivò a sfiorare il 60% (58,84%). Probabilmente questi tre anni di (non)governo regionale hanno affievolito, e stando ai numeri in maniera significativa (13 punti percentuali), la fiducia degli umbri nelle capacità di governo del centro-destra, che di fatto non è più maggioranza assoluta nella società umbra, ma, e qui sta il nodo, di queste palesi difficoltà del centro-destra pare non trarne alcun vantaggio l’opposizione di centro-sinistra, o per lo meno, quelle forze politiche che si raccolgono attorno al Pd, che nel complesso con 117.247 voti si attestano attorno al 26,90%, che, pur rappresentando a livello nazionale il terzo miglior risultato dopo il 36,64% della Toscana ed il 35,95% dell’Emilia Romagna, registrano un arretramento sia in termini assoluti che percentuali rispetto ai precedenti appuntamenti elettorali delle politiche 2018 e delle regionali 2019.
All’interno dello schieramento di centro-destra, come era nelle aspettative, exploit di Fratelli d’Italia che con 134.357 voti si piazza al 30,82%, rispetto ai 25.146 voti (4,92%) del 2018 ed i 43.443 voti (10,40%) delle regionali del 2019. Boccheggia Forza Italia che con 29.789 voti raggiunge un disperato 6,83%, arretrando ulteriormente rispetto alle precedenti politiche (57.368 voti, 11,22%) ma migliorando rispetto alle regionali 2019, che l’avevano visto scivolare con appena 22.991voti al 5,50%. Ma la vera sconfitta, all’interno del centro-destra ma più in generale a livello regionale, è la Lega di Matteo Salvini che con 33.776 voti si colloca ampiamente al di sotto della soglia del 10 per cento (7,75%) superata, a livello regionale, non solo dal Movimento 5 Stelle ma anche dalla formazione di Calenda e Renzi. Nel 2018 la Lega con 103.056 voti si era piazzata al 20,16%, per poi, l’anno successivo alle regionali, compiere il grande balzo che con 154.413 voti l’aveva portata al 36,95%, ad esprimere la Presidente e buona parte della squadra di Giunta.
In casa del centro-sinistra persistono le difficoltà del Pd, che con 91.052 voti, supera di poco la soglia del 20 per cento (20,89%), peggiorando sia rispetto alle politiche del 2018 (126.856 voti, 24,81%) sia alle regionali del 2019 (93.296 voti, 22,23%). Sicuramente sul risultato dei democratici umbri pesa la scissione del gruppo Renzi-Calenda, che per altro in Umbria coglie uno dei migliori risultati a livello nazionale, così come pare del tutto ininfluente l’inglobamento dell’ex Articolo 1 (Bersani-Speranza) nelle file del Pd. Al di là di questi distinguo, resta il dato politico di un Partito democratico che da forza di maggioranza relativa a livello regionale ha (e sta) progressivamente perdendo presa su di una società regionale in profondo mutamento. E questo lo si vede chiaramente disaggregando i risultati a livello di città e singoli territori. In tutte le aree, compresa la “ridotta” del Lago Trasimeno, il centro-destra e segnatamente Fratelli d’Italia, è forza di maggioranza, come lo è in tutte le città maggiori. A Perugia Fratelli d’Italia batte il Pd 28,27% a 23,02%, a Terni il rapporto è 30,01% a 20,16%, a Foligno 29,41% a 20,02%, a Città di Castello 31,89% a 20,97%, a Gubbio 28,14% a 19,57%, e così via in tutte le altre città con distacchi che mediamente si aggirano sui 10 punti percentuali a favore della formazione di Giorgia Meloni.
Partiti | 2022 | 2018 | 2019 | |||
Voti ass. | % | Voti ass. | % | Voti ass. | % | |
Fratelli d’Italia | 134.357 | 30,82 | 25.146 | 4,92 | 43.443 | 10,40 |
Lega | 33.776 | 7,75 | 103.056 | 20,16 | 154.413 | 36,95 |
Forza Italia | 29.789 | 6,83 | 57.368 | 11,22 | 22.991 | 5,50 |
Noi Moderati | 1.809 | 0,41 | ||||
Altri centro-destra | 2.503 | 0,49 | 25.032 | 5,99 | ||
Totale centro-destra | 199.731 | 45,82 | 188.073 | 36,78 | 245.879 | 58,84 |
Partito democratico | 91.052 | 20,89 | 126.856 | 24,81 | 93.296 | 22,23 |
+ Europa | 9.172 | 2,10 | 9.770 | 1,91 | ||
Impegno civico | 1.601 | 0,37 | ||||
Verdi-Sinistra | 15.422 | 3,54 | 6.727 | 1,61 | ||
Altri centro-sinistra | 4.039 | 0,79 | 22.808 | 5,46 | ||
Totale centro-sinistra | 117.247 | 26,90 | 140.665 | 27,51 | 122.831 | 29,30 |
Azione-Italia viva | 35.601 | 8,17 | ||||
Movimento 5 Stelle | 55.195 | 12,66 | 140.731 | 27,53 | 30.953 | 7,41 |
Italexit | 7.870 | 1,81 | ||||
Unione popolare | 5.442 | 1,25 | ||||
Partito comunista | 4.521 | 0,88 | 4.108 | 0,98 | ||
Pci | 6.027 | 1,38 | 2.098 | 0,50 | ||
Potere al Popolo | 6.733 | 1,32 | 1.345 | 0,32 | ||
Liberi ed Uguali | 15.215 | 2,98 | ||||
C. Pound/Forza nuova | 8.827 | 1,72 | ||||
Altri | 8.810 | 2,01 | 6.514 | 1,27 | 10.663 | 2,55 |
Totale | 435.923 | 100,00 | 511.279 | 100,00 | 417.877 | 100,00 |
Sempre in casa centro-sinistra, buono è il risultato della lista rosso-verde che con 15.442 voti si attesta al 3,54%, percentuale sostanzialmente in linea con il dato nazionale (3,63%). pressoché impossibili confronti con precedenti appuntamenti elettorali. Alle Europee la Sinistra di Fratoianni ed i Verdi, con liste separate, portarono a casa complessivamente 17.273 voti ed una percentuale del 3,85%, mentre, sarà una pura coincidenza, ma nel 2018 (politiche) la lista Liberi e Uguali ottenne 15.215 voti pari al 2,98%. Saranno coincidenze ma ormai da qualche tempo quest’area di sinistra si aggira attorno al 3,5/4,0 per cento. La lista di Emma Bonino, +Europa, con 9.170 voti ed il 2,10% conferma il dato delle precedenti politiche (9.770 voti, 1,91%), mentre risultato al di sotto della testimonianza (1.601 voti, 0,37%) viene colto da Impegno civico di Luigi Di Maio.
Terza forza politica, anche in Umbria, si posiziona il Movimento 5 Stelle che, con 55.195 voti, agguanta un 12,66%, assai lontano dal 27,53% (140.731 voti) che l’aveva portato ad essere la prima forza politica regionale, ma in netto recupero rispetto al baratro delle regionali del 2019 (30.953 voti, 7,41%). Buono anche il risultato dell’accoppiata Calenda- Renzi che in terra umbra con 35.601 voti coglie un disprezzabile 8,17%, posizionandosi leggermente al di sopra del dato nazionale. Italiaxit di Gianluigi Paragone con 1.781 voti si ferma all1,81% (valore in linea con il dato nazionale), mentre a sinistra, se Unione popolare di Luigi De Magistris, con 5.442 voti non va oltre l’1,25%, collocandosi al di sotto del dato medio nazionale, va meglio per il Partito comunista italiano (erede del vecchio Pdci di Armando Cossutta ed Oliviero Diliberto) che con 6.027 voti e l’1,38%, coglie un risultato decisamente migliore dello 0,09% raccolto a livello nazionale. Oltre queste due formazioni, sempre a sinistra, c’è da considerare il risultato di Italia Sovrana e popolare (lista elettorale animata da Marco Rizzo, vecchia conoscenza prima di Rifondazione poi nel PdCI di Cossutta) che raccoglie 5.987 voti e l’1,37%. Nel complesso queste tre liste, tutte e tre eredi della Vecchia Rifondazione e del PdCI, mettono insieme 17.456 voti pari ad una percentuale del 4,00%.
La rappresentanza parlamentare umbra. Come già ricordato, a seguito della riduzione del numero dei parlamentari, la rappresentanza umbra è scesa da 16 a 9, dei quali 6 deputati (2 da eleggere nei collegi uninominali e 4 nei plurinominali) e 3 senatori (1 nell’uninominale e 2 nel plurinominale). Nei collegi uninominali, nei quali viene eletto chi prende più voti, non c’è stata praticamente partita, con il centro-destra che con il 44,70% nel collegio Camera di Perugia, il 46,98% in quello di Terni ed il 45,79% nell’unico regionale per il Senato, ha praticamente annichilito un centro-sinistra inchiodato attorno al 27,0%. Sono così passati i tre candidati di centro-destra Virginio Caparvi (Lega), Raffaeli Nevi (Forza Italia) alla Camera e Franco Zaffini (Fratelli d’Italia) al Senato.
Poi ci sono i 6 seggi del plurinominale dei quali 2 sono andati, ai già matematicamente sicuri, Anna Ascani (Camera) e Walter Verini (Senato) tutti e die del Pd, altri 2 sono andati al centro-destra con l’ex ministro berlusconiano Antonio Guidi (Senato) e Emanuele Prisco (Camera) tutti e due di Fratelli d’Italia. Restano 2 seggi del plurinominale alla Camera, che, al momento di chiudere l’articolo, non si sa con certezza a chi andranno. Un primo conteggio, rivelatosi poi sbagliato, assegnava questi seggi al ternano Pierluigi Spinelli (Pd) e a Chiara La Porta (Fdi) candidata in Toscana ma che in caso di opzione per il seggio toscano avrebbe fatto entrare il compagno di partito Marco Squarta, Presidente del Consiglio Regionale. Poi smentita, nell’alfabetico degli eletti (con la dicitura “dovrebero risultare eletti) compaiono i nomi di Emma Pavanelli (5 Stelle) e Catia Polidori (Forza Italia). Mentre Eleonora Pace, attualmente capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale, candidata in Campania non dovrebbe essere stata eletta.
01 Perugia | 02 Terni | Senato | ||||
V.Ass. | % | V.Ass. | % | V.Ass. | % | |
Centro- sinistra | 61.220 | 27,50 | 56.027 | 26,26 | 120.154 | 27,55 |
Centro-destra | 99.516 | 44,70 | 100.215 | 46,98 | 199.690 | 45,79 |
Movimento 5 Stelle | 27.908 | 12,54 | 27.287 | 12,79 | 55.212 | 12,66 |
Azione Italia viva | 19.870 | 8,93 | 15.731 | 7,37 | 35.107 | 8,05 |
Unione popolare | 2.697 | 1,21 | 2.745 | 1,29 | 5.052 | 1,16 |
Italexit | 3.613 | 1,62 | 4.257 | 2,00 | 7.821 | 1,79 |
Noi di centro | 154 | 0,07 | 125 | 0,06 | ||
Partito comunista italiano | 3.256 | 1,46 | 2.771 | 1,30 | 5.199 | 1,19 |
Vita | 1.424 | 0,64 | 1.120 | 0,53 | 2.537 | 0,58 |
Italia sovrana e popolare | 2.950 | 1,33 | 3.037 | 1,42 | 5.373 | 1,23 |
Totale | 222.608 | 10,00 | 213.315 | 100,00 | 436.145 | 100,00 |
Il dato elettorale a livello regionale ci consegna una situazione in forte movimento. Il primo elemento è chiaro, quel quasi 60 per cento di umbri che nel 2019 aveva deciso di affidare e di affidarsi al centro-destra, dopo poco più di due anni e mezzo, in parte ci sta ripensando, forse non è stata la scelta giusta. Quindi si stanno, in qualche modo riaprendo i giochi e diverse situazioni tornano ad essere contendibili. Per fare un esempio, al comune di Perugia il centro-destra raggiunge il 40%, le forze di opposizione, ovvero centro-sinistra a trazione Pd, 5 Stelle e Azione/Italia Viva, mettono insieme il 53,6%. A Terni a fronte di un centro-destra al 44,83%, l’insieme delle opposizioni è al 48,22%. Se da un lato, centro-destra, è in campo, pur con tutti i distinguo e le contraddizioni del caso, una coalizione di governo, dall’altro è un semplice esercizio aritmetico. Il problema è se e come questa sparsa opposizione sarà in grado nei prossimi mesi di trasformare una somma aritmetica in progetto politico praticabile. E’ qui che si gioca la partita, sulla capacità di mettere in campo un progetto politico, capace di attrarre e rimotivare quella parte consistente di elettorato che in questi anni si è ritirata nell’astensionismo e che non vede un’alternativa valida per la quale valga la pena di impegnarsi.