Cent’anni fa, a Foligno. Dal nostro inviato del XX secolo/20

#storiaememoria
Di Fabio Bettoni
In foto: La prima pagina della Gazzetta di Foligno del 5 Agosto 1922
Roma, 14 settembre 1922, dall’Archivio di Stato. Ai Redattori di “La Lotta Socialista” (Roma). Posso fruire dell’ormai tradizionale collaborazione del compagno***, bidello all’Archivio e latore a Voi della mia mensile corrispondenza, ed eccomi qua. Con la mente e il cuore travagliati da ciò che ho visto, letto, e sentito dire sui fatti terribili che hanno toccati Foligno, l’Umbria e le Marche dal 15 luglio in avanti. L’eversione nera è in atto, e avanza implacabile anche in queste parti della Penisola. Dovrò essere schematico, onde possa restituire un quadro preciso. 15 luglio, Foligno. Concentramento fascista interregionale per avviare la marcia alla conquista di Ancona. Ho sentito che Oscar Uccelli ha rilasciato un’aberrante, tronfia dichiarazione ch’esordisce così: le «superbe falangi dell’Umbria, forti di ottocento camicie nere, al comando del console Graziani, partirono alla volta di Tolentino», etc, etc. 31 luglio, Italia. Sciopero legalitario antifascista promosso dal comitato segreto d’azione dell’Alleanza del Lavoro. Nel pomeriggio del 2 agosto, in Foligno, si sparge la voce che vicino alla Carbonara a Porta Ancona, si è trovato il cadavere del manovale muratore quarantaduenne, Luigi Andena, operaio della Cooperativa Ex-Combattenti formata dall’ingegnere Romolo Raschi, «fervente fascista», squadrista, aderente alla neonata Camera Italiana del Lavoro (CIL). Non proprio uno stinco di santo!!! Pare che stesse in procinto di partire con altri camerati per la spedizione contro Tolentino, Macerata, Ancona del successivo 3 agosto; l’avrebbe ucciso un certo Leandro Romiti macchinista ferroviario nell’accesa discussione innescatasi pro/contro lo sciopero legalitario. S’incolpa senza alcuna prova Romiti («uno dei torbidi sciacalli del comunismo», parola di Uccelli), che riesce ad eclissarsi. La città è subito sopraffatta dalla rappresaglia fascista: la guidano squadristi di Bastia Umbra e di Assisi. Sono presi d’assalto: l’abitazione del deputato socialista Ferdinando-Fiore Innamorati a Belfiore di Foligno, un paio di caffè di noti socialisti, il Circolo Ferrovieri, il Circolo della Pubblica Assistenza “Croce Bianca” (tra i portantini non mancano i “rossi”), il Circolo Mentana (nel quale batte il cuore rosso dei garibaldini), il Circolo Comunista, il Ritrovo dei pompieri (tra i volontari c’è un mio parente, Antonio Bettoni, muratore, notorio comunista), il Ricreatorio; viene aggredito Francesco Innamorati segretario della Camera del Lavoro, il nostro Checchino. 3-6 agosto, Ancona. Tremila fascisti innescano una guerra di guerriglia, otto morti, scorrerie in altre città marchigiane. 4 agosto, Foligno. Ai funerali di Andena, la cui salma nel frattempo è stata esposta nella sede CIL, partecipa un numero imponente (si fanno varie stime, anche mirabolanti) di fascisti e di cittadini. Con una «forte» rappresentanza del fascio e del gruppo nazionalista di Perugia, sono presenti al completo le squadre di Foligno, Spello, Cannara, Bevagna, Assisi. La bara, portata a spalla e circondata da gagliardetti, muove da piazza San Francesco, e, fatto il giro lungo verso piazza Vittorio Emanuele II, giunta davanti alla cattedrale è benedetta dal parroco, quindi, nei pressi della statua di Niccolò Alunno in porta Romana riceve l’omaggio del fascio folignate porto da Raschi («con la voce rotta dalla commozione») e quello dei fasci umbri da Felice Felicioni. Manifesti hanno invaso la città. Firmatari: il fascio locale, l’Unione Democratica Sociale di Francesco Fazi, il Partito Popolare Italiano, l’Associazione Nazionale Combattenti, la Cooperativa Edilizia Ex-Combattenti di Raschi, la Società di Mutuo Soccorso tra Operai Agricoltori e Altri Cittadini. 11 agosto, Italia. L’epilettico di Predappio (così Gramsci, su B.M., L’Ordine Nuovo, 22 giugno ’21) dichiara che una Marcia su Roma è «strategicamente» possibile ma «non è ancora “politicamente” inevitabile e fatale» (ciò vi è sicuramente noto, ma lo richiamo per economia di discorso). I° settembre, Terni. La Manchester Italiana (ora però le Acciaierie sono chiuse da due mesi per mancanza di commesse) è messa a ferro e fuoco da una massa di fascisti piovuti d’ogni dove: distrutte le sedi delle due Camere Confederale e Sindacalista, dei partiti di sinistra, della Cooperativa Concordia. Durante un corteo di oltre mille fascisti, per un colpo accidentale autoinfertosi muore il fascista Italo Maccarani. 7 settembre, Foligno. Asserzione del sottoprefetto di Foligno a me pervenuta per vie traverse: il fascismo qui «si è affermato prepotentemente» ed è «padrone della piazza». Faccio qualche esempio sulla centralità fascista folignate, integrando quanto sono venuto scrivendo dacché ho iniziato la mia collaborazione al vostro periodico. Nel settembre del ’21 (stando in Roma non sono in grado di indicare il giorno) si tenne nella mia città il convegno umbro-sabino dei Sindacati Economici fascisti; il 5 febbraio di questo 1922, a Spello, il predetto Raschi (originario del luogo con qualche proprietà immobiliare) e Franco Mercurelli Salari (folignate e possidente in Spello) sviluppano con supporto di squadristi folignati un’azione intimidatorio-patriottica contro l’Amministrazione comunale socialista; il Comune di lì a poco verrà commissariato; il 12 marzo, in coincidenza con il Congresso Regionale (il terzo) del Partito Popolare Italiano, è aggredito il deputato Mario Cingolani, che pure è un pencolante centrista che considera nemici soltanto i “rossi” (è ovvio!!!) e i “verdi”, ovvero i massoni del Grande Oriente d’Italia; alle reazioni dei popolari, puramente verbali, il 19 marzo gli squadristi mettono in scena un corteo non autorizzato al quale impunemente partecipano in divisa un tenente e un soldato, e quando una guardia regia cerca di intervenire viene duramente redarguita dal generale Corrado Novelli, presidente onorario del partito; dal 22 di maggio, Foligno è sede, con a capo il seniore (maggiore) Giovanni Fiordiponti, di una delle cinque “coorti” (le altre stazionano a Perugia, Città di Castello, Orvieto, e Terni) che compongono la Legione Umbra della terza zona militare del partito nazionale fascista (Lazio, Umbria, Abruzzo, Campania, Sardegna), al comando di Ulisse Igliori, che voi conoscete benissimo per le sue imprese squadristiche in Roma. I fascisti folignati fanno bella mostra di sé anche in occasione delle celebrazioni per il Sesto Centenario dalla morte di Dante Alighieri: nel Comitato entra un giovane fascistissimo della prima ora, Renato Napoli il quale è stato tra i fondatori del fascio perugino il 23 gennaio del 1921.

Lo sciopero legalitario antifascista, lo ricordo per i vostri lettori, intendeva difendere le libertà politiche e sindacali, la legalità e l’ordine pubblico. In genere se ne è sottolineato il fallimento. Da noi, possiamo rilevarne una buona riuscita, nonostante l’apocalittico bombardamento ad contra di preti e borghesi, la “penetrante” e infaticabile “vigilanza” fascista, l’azione cristianamente dissuasiva dei sindacalisti bianchi; e ahimè nonostante il caso Andena (sul movente del quale sono certissimo che resterà a lungo un grosso punto interrogativo). Il foglio clericale, Gazzetta di Foligno (n. 30), la racconta nel modo seguente: «Come nella maggior parte d’Italia così nella città nostra lo sciopero si è svolto molto parzialmente, e sulle prime molto pacificamente. I pubblici servizi funzionarono completamente, i negozi, i pubblici ed i privati esercizi erano tutti aperti. Funzionavano le Poste ed i Telegrafi nei quali il numero degli scioperanti era minimo. Lo stesso servizio ferroviario pur con qualche riduzione, dovuta più al personale delle altre città principali ad esempio Roma e Ancona funzionava, benché certo purtroppo tra il personale viaggiante e quello del Deposito e della Grande Officina, il numero degli scioperanti, parte per convinzione parte per paura, sia stato abbastanza considerevole. I ferrovieri ascritti alla Sindacale Bianca, ed i ferrovieri fascisti restarono tutti in servizio ed esplicarono tra i loro compagni opera di persuasione perché tornassero al servizio. Degli operai tipografi molto meno della metà ha partecipato allo sciopero. Alla importantissima Ditta Salvati di proprietà dei Fratelli Pasquini tutti gli operai hanno lavorato, così nella tipografia già Cooperativa Petrini e Sbrozzi, al contrario allo stabilimento Campitelli ed a quello Campi, ove si stampa il nostro giornale, la massima parte degli operai si è astenuta dal lavoro». Qualche chiarimento è d’uopo. Certamente la Salvati è importantissima, ma la Campitelli è l’unità produttiva maggiore del comparto. La quiete alla Salvati è presto spiegata: l’avvocato Benedetto uno dei fratelli Paquini, clericale a tutta possa, è tra i massimi esponenti sturziani sia in Foligno, sia in Umbria. Sbrozzi, non saprei dire di Petrini, è nato e cresciuto attaccato alla nera sottana di don Michele Faloci Pulignani, il cui amore per il fascismo cresce ogni giorno di più, e a quella sottana tuttora s’aggrappa. Veniamo ai ferrovieri: quando si ferma il Deposito delle macchine ferroviarie, la Officina per le Grandi Riparazioni che lo sapete benissimo sono cuore e sangue del sistema ferroviario di Foligno, e si sgretola la presenza del Viaggiante come si fa a negare l’esito positivo di un momento tanto straordinario del conflitto di classe? Poi faccio notare la gesuitica contorsione mistificatoria contenuta nell’espressione secondo la quale i ferrovieri scioperanti si sarebbero astenuti dal lavoro, certo per convinzione, ma anche per paura: ovviamente dei comunisti e degli anarco-sindacalisti annidati nell’Alleanza del Lavoro! mentre gli innocui fascisti facevano dolce, persuasiva propaganda antisciopero! Nell’economia locale da noi come altrove, Poste e Telegrafi hanno un ruolo fondamentale ma il peso numerico dei loro addetti è assai limitato. Che il conflitto siasi annidato anche lì, pur con guasti relativi, non può essere considerato una sconfitta del movimento. Per il resto, i bottegai e i negozianti sapevano benissimo che l’Alleanza del Lavoro non avrebbe torto loro neppure un capello; quanto ai lavoratori di servizi pubblici (penso agli Ospedali, alle Scuole, ai Manicomi, agli Ospizi di Mendicità, agli stessi Comuni) bisognerebbe conoscere in dettaglio il dispositivo dello sciopero relativo ad essi, senza fare d’ogn’erba un fascio. Tutto ciò considerato, penso che sia valido il mio parere iniziale sulla riuscita sostanzialmente buona del movimento. Semmai il problema è un altro: quello che Gramsci evocava su “L’Ordine Nuovo” (11 giugno del ’21): i socialisti e i capi confederali hanno un piano per arginare la marea montante? Intendendo, una possente manovra insurrezionale sui due versanti clandestino e legale-di massa? A questa domanda non ci si attenda risposta da un vecchio professore settantaseienne, per quanto comunista. E comunque, visto come stanno andando le cose, pare proprio di no.
