Politica

Quella strada va riaperta

Politica, solidarietà e migranti nell'articolo di Luciano Pizzoni per Sedicigiugno.

#politica
Di
Luciano Pizzoni
In foto: Don Mattia Ferrari a bordo della Mare Ionio


Michele Serra, con amara ironia, ha esordito così dopo le elezioni politiche: “nella prossima vita voglio rinascere di destra”. Prima che un altro colpo fiaccasse ulteriormente un elettorato già sfibrato ha poi immediatamente chiarito che il suo beffardo sarcasmo non è un voler saltare sul carro dei vittoriosi di destra.

E’ giustificato da una sinistra che considera la semplicità un vizio.

Che si alimenta di una smania per la complessità, per l’analisi.

Che trova solo un unico momento per eccitarsi: quello della scissione.

Il sorriso che cerca di strapparci l’umorista si fa davvero triste quando il giornalista pennella così una ormai tipica e ricorsiva scena: “ci si accapiglia e si esce sbattendo la porta – deve essere per questo che si fanno così tante scissioni, deve essere un modo per uscire a prendere una boccata d’aria… e l’umore dell’elettore di sinistra tocca il suo apice negativo nel giorno delle elezioni quando si vive il lancinante dilemma: … e quello non lo voto perché è troppo radicale e quell’altro non lo voto perché è contro i miei principi…”.

Una satira – certo – ma non banale.

Possiamo prendere almeno tre spunti.

Rinascere per riposizionarsi.

La complessità.

Le divisioni.

Rinascere per riposizionarsi

Se ci pensiamo bene rappresenterebbe una grande opportunità.

Significherebbe avere la possibilità di cancellare l’immagine ormai definita di noi stessi, quella che leggiamo nei nostri occhi e quella che proiettiamo agli altri.

Cancellare e ripartire.

Significherebbe avere la possibilità di utilizzare il vantaggio dell’esperienza di tutta la vita precedente e rimettersi dove veramente vogliamo e crediamo di poter stare.

Senza il vincolo di quello che già siamo stati.

Se chiudiamo gli occhi e facciamo una prova, senza coinvolgere immagini di politici perché saremmo influenzati, senza i famigliari perché ci tengono comunque per mano, ci vengono in mente gli esempi di persone che ci attraggono come una calamita verso una parte del campo.

E noi solo li possiamo stare.

E noi solo li vogliamo stare.

Sono tantissimi i modelli, pronti a guidarci nella nostra rinascita.

Provo ad indicarne tre – con semplicità.

Se chiudo gli occhi vedo Mattia Ferrari – sacerdote di 28 anni, modenese, cappellano della ong “Mediterranea Saving Humans” che si è imbarcato per soccorrere i migranti e che ci dice con il suo disarmante sorriso: “per quanto questo percorso possa essere fondamentale non si tratta solo di un’opera umanitaria ma significa prima di tutto ricostruire una fraternità che si è rotta”.

Vedo Marco Giallini che prima di diventare un attore famoso ha fatto l’imbianchino, ha portato il camion ed è stato operaio.

Ha conservato una grande umiltà e continua a testimoniare l’impegno.

Ha un approccio buono che ti avvicina, un sorriso, un’empatia e un comportamento pubblico lontanissimo da qualsiasi forma di supponenza.

Vedo Isabella Fiorello, giovane ricercatrice premiata dal presidente Mattarella per i risultati dei suoi studi sui micro-materiali sostenibili ispirati alle piante rampicanti e applicabili all’agricoltura di precisione per preservare le risorse naturali. 

Non so di che partito siano – non lo so – non è importante.

Non cito tre nomi per tirarli dalla giacchetta.

Ma so che se rinascessi vorrei stare vicino a tanti altri e anche vicino a loro – educarmi con la loro umanità, con la loro attenzione per l’altro e per l’ambiente.

Un’attenzione che – insieme a tantissimo altro ed oggi in modo particolare – per me significa sinistra.

Distante dalla destra che professa chiaramente il “prima gli italiani” declinato anche dal nuovo presidente della Camera con l’irriverente interpretazione padana del Vangelo che attribuisce alla parola “prossimo” solo quello che ti è vicino culturalmente e fisicamente piuttosto che universalmente.

Distante dalla destra che dimostra in mille e più occasioni l’arroganza dei modi ed il soffocamento del dialogo.

Distante dalla destra che fa trasparire in modo evidente l’indifferenza e la sciatteria verso i temi ambientali.

Un punto dobbiamo capirlo proprio bene del voto degli italiani a destra.

Il nostro popolo è accogliente, dialogante, amante del creato – può arrivare a votare a destra se l’alternativa che ha di fronte non è più realmente presente nella società con l’esempio, con la nitidezza del messaggio, con quel coinvolgimento e quell’aiuto che da mille parti si leva forte e chiaro.

E’ allora indispensabile diventare interpreti di questo mondo.

Con umanità, umiltà e voglia di innovare.

La complessità.

Il percorso di studi e il lavoro che facciamo modellano il nostro modo di pensare.

Io – ad esempio – mi rendo conto di essere schematico.

E da quando le tecniche della “lean giapponese”, in pratica la semplificazione, la linearità, sono entrate nella mia vita, mi rendo conto di essere ancor di più schematico.

Non so se sia un bene per il mondo della politica che sto cercando di affrontare – non posso dire che sia un valore assoluto nella complessità della vita sociale ma ognuno di noi deve rendersi conto di fronte allo specchio come realmente è.

Io ormai ho un pensiero lineare – a tratti forse scarno.

Attraverso questa griglia mentale il risultato delle elezioni politiche si vedeva già scritto – non era necessario attendere le maratone televisive post voto – non era utile flagellarsi sacrificando la notte di sonno fra il 25 e il 26 settembre.

Perché è andata così?

Un pezzo della risposta penso sia già stata data nella conclusione del punto precedente.

L’altra parte – assolutamente da non considerare come pragmatico calcolo – penso si possa trovare dentro al prossimo punto qui descritto, quello delle divisioni.

L’opposto della divisione è la coesione – l’unità.

Unità che si deve intendere come genuina voglia di percorrere un percorso insieme, una strada da sentire ricca della varietà e della forza delle diverse idee progressiste.

Unità da costruire con passione.

Con umanità, umiltà e voglia di innovare.

Don Mattia Ferrari a bordo della Mare Ionio

Le divisioni.

Partiamo da un dato numerico molto pratico: la legge elettorale – nella sua perversione – ha portato il cartello unito della destra a vincere con il 44% dei voti degli italiani.

Le forze alternative che si riconoscono nell’altra parte dell’emiciclo del Parlamento hanno ottenuto il 49,6 %.

Si sono però presentate complessivamente disaggregate, disunite, una contro l’altra,

E sono risultate inesorabilmente e complessivamente perdenti.

La legge elettorale in vigore è da riformare, perché così perdono i territori.

Perdono i cittadini che solo in rari casi possono scegliere i propri parlamentari.

Perde in sostanza il diritto ad essere rappresentati.

Però si deve giocare con le regole in vigore – senza scuse.

Lo sport insegna -ad esempio- questa regola fin da piccoli.

Strano che il mondo della politica e del potere non abbia la forza di cambiare le regole palesemente inique.

Diseducativo però per tutti riprendersela con le regole se si perde.

Incredibile è invece giocare una partita senza organizzarsi per vincere.

Incredibile -quanto vero- come sia stato pianificato lo schema di gioco alle recenti elezioni politiche.

Per mesi interi si è lavorato a livello nazionale per costruire un’intesa ampia e poi – nel giro di poche settimane, forse pochi giorni nel caldo di agosto, sul percorso è caduta una frana.

Una frana che ha bloccato la strada che si stava costruendo con pazienza, seppur con difficoltà.

Quella strada va riaperta.

Masso per masso, sasso per sasso, granello per granello.

Perché servono scelte politiche basate sulla solidarietà, sullo sviluppo sostenibile, sui diritti.

Strade che ripartendo dai territori possano essere realizzate con una visione ampia, di lungo periodo.

Un percorso questo che caratterizza sicuramente tutto il mondo progressista.

Lo sforzo da fare -se spostiamo l’attenzione dall’ombelico e guardiamo negli occhi i nostri compagni di strada- è davvero piccolo.

Perché è enormemente più rilevante ciò che ci unisce piuttosto che quello che ci divide.

E c’è tutto un mondo che è intimamente animato dalla pura volontà di realizzare il bene comune.

C’è un piccolo lavoro da fare su noi stessi.

Che ci ritroviamo giustamente uniti nell’esaltare chi fa grandi cose ma è molto distante da noi – meglio se nello spazio siderale come astro Samanta.

E che invece talvolta ci ritroviamo ad essere molto critici con i nostri compagni vicini di strada.

E c’è invece un gigantesco lavoro da fare nella società.

Di ascolto – di presenza – di proposta – di azione.

La parola chiave per il futuro è allora “Unità”.

Roberto Segatori l’ha chiamata “una sinistra da ricucire”.

Guardiamo con buona predisposizione alla sua visione di un’area progressista federata, con leader giovani in grado di rappresentare al meglio la realtà in trasformazione.

Ho osservato in questi anni con attenzione il mondo della politica locale e sento il dovere di dire che servono giovani in senso ampio.

Indipendentemente dalla data di nascita.

Il percorso progressista ha bisogno di giovani dentro.

Con umanità, umiltà e voglia di innovare.

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