Febbraio e non aprile è per Foligno “il più crudele dei mesi”. Se questa immagine non basta a ricordarvi il perché troverete tutto nella Noterella di Fabio Bettoni.

In foto: Lapide ai deportati nella seconda guerra mondiale – Cimitero Comunale di Foligno.
#noterelle #storiaememoria
Di Fabio Bettoni
Il 3 febbraio 1944, con i rastrellamenti operati dalle truppe naziste, molti concittadini di Foligno furono deportati nei campi di concentramento di Mauthausen e di Flossenbürg; diciannove di essi non fecero più ritorno. Questa epigrafe la scrissi, nella mia qualità di assessore alla Cultura del Comune, per la stele in pietra che tuttora si vede alla rotatoria di Via III Febbraio, nei pressi del Cimitero Civico, e che fu installata il 3 febbraio 2004 dal sindaco Maurizio Salari alla presenza del vescovo Arduino Bertoldo, di amministratori e di cittadini sensibili ai valori dell’antifascismo.
Con la pietra collocata il 3 febbraio 2004, si apriva una fase nuova nella ritualità memorialistica folignate. Grazie all’impegno della professoressa Olga Lucchi (1944-2011), un impegno di perspicuo profilo civile prima ancora che intellettuale e storiografico, le drammatiche vicende dei rastrellati, deportati e morti di Foligno erano uscite dall’ambito ristretto dell’episodico ricordo (anche esemplare: come quello di don Pietro Arcangeli, Un prete “galeotto”, 1984; o di Franco Nardone, Un partigiano a Mauthausen, 1998), ed erano diventate finalmente un tratto della nostra storia collettiva, dal quale non si sarebbe potuto più prescindere. Come ha scritto Fausto Gentili, allora direttore de L’officina della memoria, nel libretto di omaggio titolato Olga (2011), la nostra militante della ricerca aveva sviluppato “un commovente esercizio di pietas per disseppellire i deportati umbri, sottrarli all’anonimato della statistica e restituire loro, uno per uno, la dignità di una almeno minima biografia personale”. Appena lette queste righe, chi conosce le attività di studio e di sollecitazione etico-politica di Lucchi va subito con il pensiero a due tappe nodali del percorso fondativo seguito dalla militante antifascista: Curve nella memoria… angoli del presente. La deportazione in Germania dalla montagna folignate, volumetto del 2001 che raccoglie i frutti di una ricerca effettuata con gli studenti della Classe IICN del Liceo Classico di Foligno; e il libro Li presero ovunque. Storie di deportati umbri, un’indagine sistematica pubblicata nel 2010 (Mimesis Edizioni) con la quale avrebbe dato conto di 152 profili di nostri corregionali deportati (4 le donne), 95 dei quali deceduti.

Il libro di Olga Lucchi
Coincidenti con l’apertura di questa nuova fase, si ebbero due episodi altrettanto significativi. Sul muro di un giardino di Scopoli, antistante il tratto della Strada Statale 77 (lato sinistro in direzione delle Marche) ove il 3 febbraio 1944 i nazisti effettuarono il carico di civili per la deportazione, fu affissa la seguente lapide commemorativa: L’Amministrazione comunale e i Cittadini di Scopoli nel 60° anniversario ricordano i partigiani e i civili che il 3 febbraio 1944 in questo luogo furono ammassati dalle truppe naziste per essere deportati al campo di concentramento di Mauthausen e rendono omaggio alla loro memoria e alla loro sofferenza. Scopoli 3 febbraio 2004. Più su, nella montagna di Acqua Santo Stefano, durante una toccante rievocazione promossa dalla Pro Loco “Valle del Menotre” che si tenne presso la casa di Rinaldo Salvati, alla quale aderì ufficialmente l’Amministrazione Comunale, si pose la targa seguente: Il 3 febbraio 1944, Rinaldo Salvati, prelevato da questa casa dalle truppe di occupazione nazista venne deportato nel campo di sterminio di Mauthausen. Sopravvissuto alla barbarie del lager, fece qui ritorno nel giugno 1945, unico reduce dei sei deportati di Acqua Santo Stefano. 3 febbraio 2004, LX anniversario. I deportati sarebbero stati elencati in una targa collocata successivamente, a cura dell’Associazione Nazionale Ex-Deportati nei campi nazisti (Aned) e del Comune, il 3 febbraio 2008: Felice Salvati, Giuseppe Salvati, Rinaldo Salvati, Francesco Federici, Serafino Federici, Guerrino Maggi; vi fu aggiunto anche il nome di Gregorio Salvati, assassinato proditoriamente in quel medesimo giorno.
Quanto a Scopoli, furono deportati: don Pietro Arcangeli, ventiseienne parroco di Casale originario di Leggiana, poi reduce da vari e diversi campi; Armando Bileggi, morto a Mauthausen il 9 aprile 1945; Giacomo Melelli, detto Iaco, morto a Mauthausen il 25 maggio 1945; Primo Micheli, detto Rimo, reduce da Mauthausen; Franco Nardone, reduce da Mauthausen; Giuseppe Privinzano, detto Pino, morto a Mauthausen il 4 febbraio 1945. Un memoriale dell’episodio, circostanziato e appassionato, si legge nell’opuscolo “…Raus”. Memorie del rastrellamento tedesco di Scopoli 3 febbraio 1944 -3 febbraio 2004. La gente racconta, a cura di Nazzareno Ponti con la collaborazione di Maria Paola Ponti, Giuseppina Serpolli e Fabio Silveri, per conto dell’Associazione Sportiva Scopoli; fu presentato l’8 febbraio 2004 da me e da Olga Lucchi. Dopo la premessa di Ponti, presidente dell’Associazione Sportiva, e una nota introduttiva di Lucchi, vi si leggono (nell’ordine) le testimonianze di Feliciano Brinci, Ansuina Brinci, Adelina Alessandri, Quinto Foglietta, Zeno Belloni, Sirio Guglielmi, Ugo Bileggi, Giuseppe Romagna, Santina Ferretti, don Decio Mattinati allora parroco del paese, Giacomo e Giacomina Mattioli (gemelli), Credo Sigismondi, Giorgio Nardone, Vitale Guglielmi, Carlo Foglietta, Francesco Venanzi, Giovanni Moscato, Maddalena e Mirella Bedont sorelle del partigiano Gino Bedont, Francesco Ferretti, Brenno Onori, Dea Serpolli, Edgardo Venerini, Ines Venanzi, Amerigo Venanzi, Messalina Cecconi, Elena Laurenzi. Il particolare più brutale del giorno fu l’arresto di don Pietro, che fu accompagnato ad un pubblico ludibrio: prima di essere letteralmente “scaraventato come una pecora” sul camion del rastrellamento, l’ecclesiastico fu denudato (si legga, tra le altre, la testimonianza di monsignor Decio Mattinati, allora parroco ventinovenne di Scopoli), davanti a tutta la popolazione (stimata in 5-600 persone) nel frattempo fatta affluire anche da territori limitrofi al luogo di raccolta sulla statale 77. Oggi, in Leggiana, paese del quale don Pietro sarebbe stato parroco tra il 1950 e il 1959, si vede allocata l’iscrizione: Qui operò don Pietro Arcangeli (1917-1995) parroco di diverse frazioni di montagna, deportato in vari lager e prigioni naziste, ideatore della cappella votiva di Cancelli dedicata ai deportati, fondatore dell’Aido, sezione di Foligno. // Aned Umbria, 3 febbraio 2008, Comune di Foligno.

Il cippo ai deportati del 3 febbraio
Tra i deportati da Scopoli, sarà da ricordare Primo Micheli per la singolarità della sua vicenda. Era figlio di Domenico, piccolo ma poliedrico industriale cotoniero operante nel paese, consigliere comunale in più consigliature quale esponente dell’area democratico-radicale collegata all’onorevole Francesco Fazi (1859-1928); con le amministrative del 1914, Domenico era stato eletto ancora una volta, e, dal 31 agosto 1918, diventava assessore supplente nella Giunta presieduta (1917-1920), dopo le dimissioni del sindaco Ercole Abbiati (1865-1935), da Francesco Maneschi (1860-1932). Come tanti altri personaggi dell’area demo-radicale, passò al fascismo. Nel necrologio per la sua morte intervenuta il 12 luglio 1932, si scrisse: “Appena sentito l’alito di un nuovo respiro per l’Italia nostra col sorgere del fascismo, Micheli fu uno dei primissimi ad accorrere e formare le squadre d’azione nella montagna. Ed al culto della patria educò i suoi figli, fra cui ricordiamo il maggiore Primo, il quale già ricopre lodevolmente la carica di fiduciario per Scopoli dell’Opera Nazionale Balilla”. Il “glorioso” passato squadristico del padre, e i meriti fascisti non troppo lontani del figlio, non bastarono a salvaguardare Primo: due spie repubblichine lo avevano denunciato per collaborazione con i partigiani della Brigata Garibaldi con base al Casale Radicosa nei pressi delle alture di Cancelli (alimentava di corrente elettrica le loro batterie). Essendo un elettrotecnico, Primo, grazie ai suoi servizi, ottenne un’alimentazione relativamente migliore, e riuscì a fronteggiare molto meglio di altri sopravvissuti la durezza del concentramento; ma come avevano raccontato a Lucchi la moglie Angela e la figlia Anna nel 2001, si sentiva un “uomo finito”. Ai concittadini fin qui menzionati dobbiamo aggiungerne altri, giacché il rastrellamento si spinse anche a Rasiglia e sui monti di Cancelli; rispettivamente Luigi Olivieri e Lino Spuntarelli da Rasiglia a Mauthausen; e Augusto Bizzarri, Vincenzo Camilli, Sante Costantini, Franco Pizzoni, Franco Santocchia dall’areale di Cancelli a Mauthausen; mentre la morte avrebbe colto Luigi Costantini da Cancelli-Civitella a Flossenbürg. Il 15 febbraio, sarebbe stata la volta di Antonio Salcito: anch’egli da Cancelli a Mauthausen.
Il 3 febbraio ’44, il destino del diciannovesimo concittadino che sarebbe morto per deportazione, Gabriele Crescimbeni, era appeso ancora ad un filo sottilissimo di speranza. Nella notte del 23 settembre dell’anno prima, con una violenta irruzione nel domicilio di Crescimbeni in Perticani di Foligno, Gabriele era stato arrestato. Bevanate, avvocato, fascista tiepido e refrattario, ragionante con la propria testa, era caduto nelle spire della delazione; dopo cinque mesi di una terribile viacrucis, moriva ad Innsbruck il 21 febbraio del ’44, travolto, innocente, “dal cieco furore che accomuna le truppe tedesche in ritirata e le orde fasciste che sono ormai certe del loro destino di sconfitta e disonore”: così Carla Ponti nella bellissima biografia da lei scritta sullo zio materno, titolata Morire a Innsbruck. Gabriele Crescimbeni dalle trincee al campo di concentramento (Futura Libri, 2022).

Il libro di Carla Ponti
Un biennio tragico, quello del 1943-1945. Nel febbraio e nel maggio del ’44, con ondate successive, furono deportate almeno 102 persone tra civili e partigiani, in campi di sterminio e in campi di lavoro forzato. Durante la lotta partigiana, caddero 33 combattenti, i fucilati furono 46, i feriti 27, i dispersi 4; entro il 16 giugno del ’44, giorno della liberazione di Foligno, erano state arrestate 40 persone tutte per motivi politici. Liberato il nostro territorio, passato il fronte bellico, alcuni concittadini nel gennaio del 1945 si spingevano al Nord, dentro la guerra di liberazione: i morti furono 5, i feriti 11, i decorati 15. Avevano seguito Italo Fittaioli.

La pubblicazione dell’Associazione Sportiva Scopoli