
Di Foligno in comune
#Aperto ma non troppo / 3
“Partecipazione” è in questo caso una parola eccessiva, giacché tutti gli interventi erano rigorosamente programmati: prima – con ampio margine di tempo – i responsabili della sanità (la Presidente Tesei, l’assessore Coletto, il senatore Zaffini, il Direttore generale della Uslumbria2, ecc.) poi – con tempi strettamente limitati a 5 minuti – i sindaci del territorio, i rappresentanti delle numerose organizzazioni sindacali di categoria e delle associazioni, i gruppi consiliari; infine le repliche di Tesei e De Fino. Poco spazio, dunque, a critiche e obiezioni, molto alla messa cantata del “siamo tutti nella stessa barca”, del “quelli di prima ci hanno lasciato problemi” e del “facciamo il possibile”.
Senza contare, poi, che sulle critiche di fondo (per esempio quelle espresse negli interventi dell’opposizione consiliare, ma anche dei Sindaci di Bevagna, di Spello e di Trevi, o della presidente dell’associazione Persefone) sì è largamente sorvolato. Infatti buona parte del proprio tempo i responsabili della sanità l’hanno dedicato a sfondare una porta aperta, con una insistita difesa del cosiddetto “terzo polo” ospedaliero, vale a dire la redistribuzione di funzioni tra gli ospedali di Foligno e Spoleto: progetto che naturalmente può presentare specifiche e circoscritte difficoltà, ma al quale nessuno ha mosso obiezioni di principio.
Tempo perso, dunque ? Probabilmente no, perché segnala almeno due fatti nuovi. Il primo è il crescente distacco tra i gestori pro tempore della sanità pubblica e la cittadinanza: priorità diverse, vocabolario diverso, diversa persino – si direbbe – la percezione della realtà. Come se agli argomenti che la destra ha usato nella trionfale propaganda elettorale del 2019 la destra stessa fosse la prima a non credere, e a ritenerli impraticabili. Propagandistici, appunto. Il fatto invece è che la sanità umbra – e con essa la sanità nazionale – avevano davvero bisogno di una svolta (e tutta la vicenda Covid è lì a confermarlo) ma la svolta doveva andare nella direzione opposta: più medicina di base, più servizi territoriali, più prevenzione, più integrazione sociosanitaria. Più “pubblico”, insomma, più prossimità e più gratuità nella promozione e tutela della salute dei cittadini, e meno opportunità offerte alla sanità privata, cioè alla mercatizzazione di un diritto tutelato dalla Costituzione.
Il secondo fatto nuovo è che l’opposizione, dopo un lungo periodo di afasia, torna a parlare, e prova a mettersi in sintonia con un malessere popolare che oscilla tra esasperazione e rassegnazione. E lo fa, finalmente, prendendo di petto il nodo vero della questione: mentre la spesa pubblica per la sanità continua a scendere, aumenta vertiginosamente quella privata; i cittadini sempre più spesso mettono mano al portafoglio per acquistare servizi e prestazioni che fino a qualche anno fa erano erogate, gratuitamente o quasi, dalla sanità pubblica. I cittadini, almeno, che se lo possono permettere, perché gli altri, semplicemente, muoiono prima.
Naturalmente è possibile che, anche stavolta, tutto si risolva in propaganda. Che le giuste rivendicazioni emerse in queste settimane vengano lasciate cadere, e che tutto proceda nella direzione già infelicemente imboccata ben prima che la destra assumesse il controllo della sanità pubblica. E’ possibile, ma sarebbe imperdonabile. Invertire la rotta non sarà facile, ma è necessario. Ne va, prima ancora che dell’esito di una tornata elettorale, della salute di tutti noi.