Lavoro

Quando la Working Class scrive la sua storia

 di Marco Bizzarri

I lettori di Sedicigiugno conoscono  la vertenza, per molti versi straordinaria, dei lavoratori della GKN di Campi Bisenzio: l’ha raccontata (“Insorgiamo!”  A Foligno, col collettivo GKN-Campi Bisenzio) David Rossi nel  n. 27 (Sedicigiugno, marzo 2022, p.37-38), in occasione del “passaggio” a Foligno del tour Insorgiamo !  Torniamo ad occuparcene in questo numero con un intervento di Marco Bizzarri, segretario provinciale della FIOM, che ha partecipato al “Festival di letteratura working class” svoltosi a Campi Bisenzio, presso la GKN, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile.

Quando pensiamo a un festival Letterario, in particolare alla Location di un Festival di questo tipo, credo che a tutti noi vengano in mente luoghi ben precisi, più o meno patinati e comunque ben  definiti: auditorium, teatri sale congressi, collocati magari nel centro di qualche importante città della Penisola.

C’è anche chi il proprio Festival Letterario decide invece di farlo in una Fabbrica: questa è stata la scelta del Collettivo di Fabbrica GKN, che nei giorni dal 31 Marzo al 2 aprile ha organizzato il Festival di Letteratura Working Class dentro il perimetro dello stabilimento, la cui vertenza sembra essere infinita e non trovare più soluzione. E se la scelta della location può sembrare singolare, il tema del Festival lo è ancora più, basti pensare che andando a ritroso, di esperienze simili ne ritroviamo solamente una, quella del Working Class Writers Festival, tenutosi a Bristol nell’ottobre del 2021.  E a dircela proprio tutta, il genere letterario Working Class neanche esiste o meglio non è riconosciuto a livello letterario come un vero e proprio genere.

Queste sono le premesse che accompagnavano l’apertura del Festival e nel mio viaggio in macchina verso Firenze, insieme a una grande curiosità, forte era il timore di ritrovarmi dentro a un Festival “con la testa girata al passato”, intento a celebrare l’Orgoglio Operaio in un misto di nostalgia e rimpianto. Devo dire che questi miei timori erano completamente infondati. Nei tre giorni di Festival, le presentazioni dei numerosi libri e i successivi dibattiti che ne sono scaturiti, hanno invece promosso una discussione attuale e precisa su quanto il concetto di “classe” oggi più che mai si intersechi con temi attuali di genere e razza, su come sia possibile ritrovare un’identità di classe in un mondo che ci vuole soli, in competizione tra noi: un mondo che colpevolizza la povertà e tende a far passare a oltranza il messaggio che la tua condizione precaria, indigente e marginale non è colpa della società ma colpa tua, colpa del singolo individuo che la vive.

Le varie presentazioni, hanno portato alla luce spaccati sociali variegati e brutali, dove spesso chi è abituato a subire violenze e soprusi fatica a solidarizzare con i propri simili e viene coinvolto in una spirale in cui a sua volta tende a sopraffare il più debole “tradendo” la propria classe. Cash Carraway si è ritrovata da single e povera a crescere una figlia;  Pap  Abdoulaye Khouma ci ha raccontato il razzismo visto dagli occhi di un ex venditore ambulante, divenuto oggi scrittore; Joseph Pontus, attraverso le letture degli stessi operai GKN, ci racconta, in un tempo ormai  postumo alla sua morte, la vita nella grande fabbrica agroalimentare. Spaccati di vita in cui gli autori provano a raccontare la condizione della Working Class in maniera ampia, complessa, con tutte le sue contraddizioni, provando a ridefinirne il senso attuale e guardandola dal punto di vista di chi l’ha vissuta in prima persona; senza romanticismi, ma con consapevolezza.

Un tentativo valido dunque di “strappare la penna dalle mani dei Borghesi“, tanto per citare D. Hunter nel suo intervento.

Un momento della manifestazione (foto L’altraeconomia)

Per concludere, quella di Firenze è stata un’esperienza sicuramente innovativa e significativa, non solo per la location, non solo perché organizzata da operai che non prendono lo stipendio da sei mesi, ma prima di tutto per i contenuti che ha saputo mettere sul piatto e per il livello di riflessione che ha saputo generare nelle tantissime persone presenti al Festival,  che sono indubbiamente tornate a casa come me: non solo con qualche libro in più da aggiungere alla propria libreria, ma sicuramente con una rinnovata idea di “classe”.

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