Borroni Centro e Periferie

La differenza tra un morto da piangere e un eroe da celebrare

Di Fabio Massimo Mattoni

Quando si stabilisce di dedicare una piazza o un monumento a qualcuno è sempre opportuno che si tratti di una figura portatrice di valori condivisi e non di parte, se non altro per evitare il rischio di strumentalizzare uno spazio pubblico. Pertanto, l’intitolazione a figure particolarmente divisive è sempre sconsigliata per chi ambisca ad amministrare una città in modo pacifico e inclusivo. Lo abbiamo visto a Foligno, dove il dopoguerra ha fatto proliferare innocue intitolazioni a monti e laghi, senza quasi menzionare personaggi politici – nemmeno quelli capaci di maggior consenso – e senza nemmeno cancellare la gran parte delle intitolazioni fasciste a camicie nere protagoniste delle guerre coloniali o di Spagna.
I morti si piangono tutti, è vero: la condanna del terrorismo e la solidarietà ai familiari di tutte le vittime sono sacrosante, ma non tutti i morti possono essere presentati come esempi positivi e figure da celebrare. Angelo Mancia è una vittima di omicidio, certamente, e del terribile periodo degli anni di piombo; ma a quante altre vittime di omicidi odiosi, come le vittime di femminicidio, di omofobia, delle migrazioni o simili, concediamo l’onore di un’intitolazione?
È allora evidente che, scegliendo di intitolare spazi pubblici a qualcuno, la comunità cittadina non vuole celebrarne tanto la morte, quanto la vita e il messaggio che ha voluto lasciare alla posterità. E allora, cosa in particolare ci viene proposto di ricordare della figura di Angelo Mancia, così inserita nel clima di terrore di quegli anni, che egli stesso e la sua parte politica hanno contribuito a creare? Ci viene proposto di celebrare la sua adesione convinta e attiva a un’ideologia intrinsecamente basata su odio, violenza e sopraffazione come quella fascista, che proprio allora stava cercando di sovvertire l’ordinamento costituzionale e i valori della Resistenza? Ci viene proposto come modello positivo un esponente della destra neofascista che la stampa e i testimoni della Roma degli anni ‘70 dipingono come un picchiatore e un violento, sebbene ciò non emerga dalla solita, parzialissima, verità giudiziaria di quegli anni?
Siamo tutti d’accordo nel condannare la violenza di ogni colore, e quindi anche gli ignoti assassini di Angelo Mancia, ma non possiamo dire che le idee per cui egli si è speso siano coerenti con i valori fondanti dell’Italia repubblicana e della comunità folignate, non fino al grado di condivisione che l’intitolazione di una piazza richiederebbe. Tra piangere un morto e farne un eroe da celebrare c’è una differenza, che sta tutta nella vita e nei valori di quella persona e che in questo caso rende inopportuno intitolargli uno spazio pubblico.

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