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Sex work is work

Quale peso ha avuto la pandemia in corso su quelle categorie di lavoratori non regolamentati e stigmatizzati? In questo articolo Luca Severini ci parla dei Sex Worker, della loro condizione durante il Covid-19, ma anche di quella precedente all'epidemia, dello stretto rapporto della prostituzione con l'immigrazione. Dimenticati dalla quasi totalità dei governi alcune associazioni che difendono i diritti dei sex workers hanno organizzato appelli e raccolte fondi in loro favore.

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Di Luca Severini

(In foto: manifestazione per i diritti dei e delle Sex Workers . Fonte: Getty Images)


Sebbene un virus come questo, ad una prima occhiata, ci possa sembrare come un qualcosa di democratico, a causa della capacità di contagiare ogni individuo allo stesso modo, in realtà la cosa non è così semplice. Possiamo dire che il carattere democratico di questo virus riguarda solo la sfera della salute fisica, mentre genera  conseguenze diverse in base alla situazione socioeconomica di ogni persona. I governi di tutto il mondo, chi più e chi meno, sono stati costretti ad imporre la chiusura di attività produttive e commerciali per contrastare la diffusione del contagio, e di conseguenza il mondo del lavoro si è in buona parte fermato. Il Governo italiano per far fronte a questa perdita di reddito da parte dei suoi cittadini ha messo in atto diversi provvedimenti, i quali, oltre che riscontrare sia critiche che consensi da chi li ha ricevuti o li dovrà ricevere, lasciano fuori una grossa fetta di popolazione.

Lavoratori precari, lavoratori in nero e tutte quelle persone che vivono grazie all’economia informale sono stati lasciati da soli, la maggior parte di loro sono obbligati a scegliere tra non lavorare e accettare contratti a chiamata, a tempo determinato o direttamente in nero senza contratto. Senza parlare di tutta quella porzione di economia informale che riguarda l’accattonaggio, il caporalato ed una parte della prostituzione. Questi sono temi complessi che andrebbero affrontati autonomamente, ma hanno in comune lo sfruttamento di un essere umano verso l’altro approfittandosi della sua situazione di difficoltà e l’ulteriore peso di non ricevere nessun aiuto in situazioni come quella che viviamo oggi.

Un caso particolare è quello del Sex work, una categoria lavorativa variegata che è molto spesso trattata in modo inopportuno. È quel lavoro che ha a che fare con il mondo del sesso, è un grande ombrello che comprende diversi ambiti come prostituzione, porno, nightclub ecc. Purtroppo, nell’opinione pubblica quando si parla di questi temi il pensiero dominante è quello di stigmatizzare o commiserare chi svolge questo tipo di lavoro. La o il sex worker viene condannato perché considerato immorale o indecente oppure viene compatito perché considerato una vittima incapace di reagire. La verità è che questo lavoro è svolto da persone con storie e vite diverse tra loro che le hanno portate ad entrare nel mondo del sex work, questo può avvenire per una scelta libera ed autonoma, a causa di sfruttamento e coercizione da parte di terzi o per un qualsiasi altro motivo che si trova tra questi due estremi.

All’interno del Sex work la prostituzione è il settore più in difficoltà in questi giorni, l’inevitabilità del contatto fisico ha comportato un drastico calo del mercato e messo in difficoltà tutte quelle persone che vivevano di questo.  Anche a Foligno esiste una forte presenza della prostituzione; non ha luogo nelle strade, ma negli appartamenti e forse per questo non viene percepita. Nei diversi siti online usati dalle sex workers per pubblicare i propri annunci se si cerca  Foligno si trovano numerosissimi risultati. “Ho le stesse difficoltà che hanno tutte le persone, non riesco più a lavorare e devo pagare l’affitto arretrato di 2 mesi”, “Io lavoro in nero: come tutte, no?” e “Sono sola, non ho nessuno che mi aiuta e senza lavorare non so come fare”; sono solo alcune delle risposte delle sex workers folignati intervistate, ma permettono di fare un quadro della situazione di queste lavoratrici al giorno d’oggi. 

Lavorando in nero non riceveranno nessun tipo di sussidio anche se hanno smesso di lavorare da due mesi, inoltre la prostituzione potrebbe avere uno stop più lungo rispetto alle altre attività commerciali e produttive poiché non si può sapere per quanto la gente continuerà ad avere paura del contatto fisico con sconosciuti. Sebbene esista nella prostituzione una percentuale di persone che lavora con partita iva la stragrande maggioranza lavora in nero, ma questo perché la stessa maggioranza sono immigrati ed immigrate senza documenti e quindi non possono essere regolamentati con il lavoro autonomo. In questo contesto il tema della prostituzione rientra in un tema ancora più complesso il quale ha segnato il dibattito politico degli ultimi anni, appunto l’immigrazione.

La criminalizzazione dell’immigrazione è la principale causa dello sfruttamento e della tratta dei migranti e di conseguenza fa necessariamente confluire tutte queste persone nell’economia informale ed illegale. Come puoi guadagnarti da vivere legalmente se sei un criminale solo per aver messo piede in Italia? Per questo motivo quando si parla di prostituzione si deve necessariamente parlare anche di immigrazione, soprattutto nei momenti come questi in cui viene sfavorito chi ha meno tutele e sicurezze.

Come si è detto i vari provvedimenti del Governo non hanno minimamente toccato chi si trova in questa situazione, ma fortunatamente attraverso la collaborazione di diverse associazioni è nata una campagna di raccolta fondi chiamata “Covid 19 – Nessuno da sola!”. Questa campagna è stata organizzata dal Comitato per i diritti civili delle prostitute e dal collettivo Ombre Rosse e per ora ha raccolto circa 20.000 euro, questi soldi verranno poi consegnati alle Unità di Strada che lavorano a stretto contatto con le ed i Sex workers dell’Umbria e di tutta Italia per fare in modo che ci sia una distribuzione capillare in base ai diversi bisogni. Inoltre, l’ICRSE, il Comitato internazionale per i diritti delle/dei Sex workers in Europa ha pubblicato un appello globale proprio a causa della grave situazione in cui si trovano questi lavoratori e lavoratrici in tutto il mondo. In questo appello si chiarisce qual è il modo migliore per fare in modo che il Sex work non debba più vivere momenti di disagio come questo, alcuni dei suoi punti chiave sono: ammortizzatori sociali, supporto abitativo, decriminalizzazione del lavoro sessuale e regolarizzazione dei migranti. In questa situazione quello che è giusto fare è supportare ogni lavoratore che è rimasto fuori dagli aiuti dello stato, compreso il Sex work, ma quando tutto questo sarà finito si dovrà lottare per garantire la stabilità del posto di lavoro, la decriminalizzazione dell’immigrazione e combattere la stigmatizzazione del Sex work per fare in modo tutto questo non si ripeta.

N.B. articolo scritto prima del varo del reddito di emergenza

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