Politica

Se Atene piange, Sparta non ride

L’incontro di domenica 19 giugno tra tutte le organizzazioni politiche collocate all’opposizione della Giunta di destra guidata da Stefano Zuccarini si presta ad un complesso di riflessioni che troveremo il modo, nei prossimi numeri del giornale, di svolgere e/o ospitare. Alcune considerazioni sembra però di poter avanzare fin d’ora, e le riferiamo schematicamente.

Le opposizioni alla ricerca di un progetto

#politica #sedicigiugnofest
Di Fausto Gentili
In foto: Un momento di confronto dalla giornata del 19 Giugno


Atene piange

Se tre anni fa la condizione della città era problematica, al punto che tutti i programmi elettorali, pur con accenti e linguaggi diversi, promettevano di mettere mano ad una svolta, la situazione attuale è ormai allarmante: i servizi pubblici ansimano; lo smantellamento della sanità pubblica procede a tappe forzate, mentre il ricorso al privato per diagnostica e visite specialistiche è ormai prassi comune per tutti quelli che possono permetterselo; la raccolta differenziata retrocede, e intanto si infittiscono le voci sulla possibile privatizzazione della VUS; la viabilità cittadina si arricchisce di ulteriori strafalcioni; la vita culturale appare priva di una direzione e di un obiettivo che non sia quello di venire incontro a questo e a quello.Nel frattempo le alterne vicende del mondo globalizzato hanno reso evidente quello che già tre anni fa tentammo di dire, peraltro senza grande successo. E cioè che anche il settore trainante dell’economia locale, quel comparto dell’industria meccanica fine e dell’aerospazio che ha risparmiato a Foligno la pena di condividere sino in fondo il drammatico e prolungato declino dell’Umbria, è esposto alle oscillazioni di fattori ingovernabili in sede locale. E così, anche in termini di occupazione, abbiamo assistito alle difficoltà insorte quando la pandemia ha drasticamente ridotto il traffico aereo, e vediamo ora una ripresa connessa alla scelta dei governi europei di destinare ingenti risorse pubbliche ad una  sciagurata  corsa agli armamenti. Quanto alla possibilità di tradurre in qualcosa di visibile le chiacchiere sulla transizione ecologica, cerchereste invano progetti concreti e finanziabili su tutela idrogeologica, sostegno ad una nuova agricoltura capace di ottimizzare le risorse idriche, riorganizzazione del trasporto pubblico in funzione del risparmio energetico, e via enumerando. L’idea prevalente è insomma quella di sempre: provare a governare i processi è tempo perso, accontentiamoci di amministrare il presente e pazienza se il pianeta si surriscalda: non saremo certo noi a rovesciare da Foligno il corso delle cose. Se poi a questi vuoti di progettualità si accompagna una gestione del potere caratterizzata da approssimazione, diffidenza ed arroganza, per la città e i cittadini non c’è di che stare tranquilli.

Sparta non ride

Atene piange, ma Sparta non ride. Alla mancanza di idee dell’amministrazione cittadina ha corrisposto, nei trenta mesi trascorsi dalle elezioni, un evidente impaccio delle opposizioni. La sconfitta elettorale, benché prevedibile e largamente prevista, ha prodotto in quasi tutto il centrosinistra, e innanzitutto nel Pd, un lungo silenzio, cui ha corrisposto un sostanziale vuoto di iniziativa, frutto probabilmente anche di divergenze sull’interpretazione del voto: chi auspicava discontinuità ha continuato a pensare che non si era cambiato abbastanza, chi avrebbe preferito difendere con più convinzione l’operato delle precedenti giunte ha lasciato capire che si era cambiato troppo, a cominciare dal candidato sindaco.  Così non c’è stato un pubblico confronto sulle ragioni della sconfitta né sul da farsi: con quali settori della società cittadina provare a ricucire un rapporto, quali energie mettere alla prova, su quali temi concentrare riflessione e progettualità (lo sviluppo? la lotta alla povertà? le politiche ambientali? la formazione? un po’ di tutto, via via che un determinato tema “fa notizia”?). Quanto al Movimento5stelle e ad Impegno civile, che pure erano più liberi dagli inevitabili condizionamenti di precedenti responsabilità di governo, si faticherebbe (io, almeno, faticherei) a dire su quali terreni abbiano fin qui condotto, fuori dall’aula del Consiglio comunale, una  riconoscibile battaglia di opposizione. A scanso di equivoci: non si vuole qui negare l’impegno, encomiabile e a volte persino efficace, di singoli consiglieri  comunali, ma segnalare l’assenza, fin qui, di una visione condivisa, di un agire politico  che non si limiti alla ovvia constatazione che “questi sono peggio di noi” e provi a dare forma ad una diversa idea di città e tradurla in comportamenti, iniziative, vertenze, cultura diffusa, organizzazione sociale. Quello, insomma, che ci si aspetterebbe dai partiti e tanto più da una coalizione che non sia solo un vago auspicio o, peggio, un reciproco farsi la guardia.

L’opposizione non basta, serve un progetto di città

Da questo punto di vista, l’incontro di domenica 19 ha segnato un passo avanti. Forse due. Magari tre. Innanzitutto, invitati dalla nostra Susanna Minelli a valutare, ciascuno, l’operato della propria parte politica in questi quasi tre anni, i rappresentanti delle diverse forze hanno composto un quadro variegato ma nel complesso sincero e tutt’altro che trionfalistico. C’è consapevolezza, insomma, che del tempo è stato perso (da alcuni più che da altri) e che un cambio di passo è necessario ed urgente. In particolare adesso che – dopo un’iniziale apertura di credito – settori crescenti di società cittadina prendono atto che il re è nudo, a corto di idee e poco incline a misurarsi con i problemi reali della città, cioè a governare invece di limitarsi a comandare. Un secondo segnale di consapevolezza è venuto dall’affermazione – fatta propria da quasi tutti gli intervenuti – secondo cui “l’opposizione  ha bisogno di un progetto di città”. Non solo “cultura di governo”, ma qualcosa di più: una visione capace di guardare ai fattori di sviluppo e alle forme possibili della socialità intorno a cui Foligno può provare nei prossimi decenni a recuperare fiducia, qualità sociale, sperimentazione culturale, un ruolo riconoscibile nelle dinamiche del territorio e della regione. Infine, l’ultima domanda di Susanna Minelli (“diteci quali sono, secondo voi, i terreni intorno a cui mettere in campo una proposta per il futuro e un programma di governo della città”) ha visto una sostanziale convergenza nell’individuazione di alcuni temi. Nomino i quattro più citati: 1. l’intreccio tra politiche sociali e sanitarie (e, aggiungerei, educative) come strumento di lotta alla povertà e alla disuguaglianza; 2. la messa a fuoco dei fattori dello sviluppo, con una specifica attenzione alla dignità del lavoro: quello che c’è (il comparto della meccanica) e quello che potrebbe venire se davvero si scommettesse sulle politiche ambientali e sulla cultura; 3. la qualità urbana (urbanistica, viabilità, trasporti pubblici, periferie, servizi); 4. la necessità di riattivare – dopo gli anni dell’arroccamento nel palazzo – una pratica diffusa di partecipazione e condivisione delle scelte. Troppi, forse, o forse troppo pochi. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare, se si vuole offrire ai cittadini una proposta nuova e non accontentarsi di giocare, cinque anni dopo, una stanca rivincita della partita perduta nel 2019.

Se questa fosse davvero l’intenzione Sedicigiugno, potete contarci, non mancherà di fare la sua parte.


All’incontro, coordinato da Susanna Minelli (seconda da sinistra nella foto) alla presenza di un pubblico numeroso ed attento, hanno partecipato (nella foto, da destra verso sinistra):
David Fantauzzi, capogruppo consiliare del Movimento 5 Stelle
Art Liramalala, per Foligno 2030
Luciano Pizzoni, candidato sindaco nel 2019 e coordinatore del Centrosinistra
Stefania Filipponi, per Impegno Civile
Francesco Silvestri, capogruppo di Patto per Foligno
Rita Barbetti, già vicesindaco, consigliera comunale Pd
Vincenzo Falasca, per Foligno in comune

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